C’è una cosa bellissima, nella vita. E questa cosa è stare seduti sulle scale in una giornata di inizio autunno, quando il sole che ti illumina non ti fa soffocare dal caldo, ma ti scalda semplicemente le ossa. Stare seduti e guardare nel vuoto con un libro sulle ginocchia e la mente libera dai pensieri; o almeno da quei pensieri brutti, non adatti ad un momento di serenità quale questo può essere.
Riscuotersi per la voce di qualcuno che domanda: “Che fai?”
“Niente…”
“Come, niente?”
“No, niente… mi riposavo un po’ dal leggere e guardavo in giro…”
“Mhm. Vuoi?”
“Cosa?”
“Vino; il contadino ce ne ha regalata una bottiglia”
“Wow! Allora è vero che la fatica paga!”
“Più o meno…”.
Fare un paio di brindisi e stare in silenzio, o parlare di letteratura e film e sciocchezze, ma parlare parlare e ancora parlare fino a vedere il sole che scende e quasi stupirsi ancora una volta per quanto sia facile chiacchierare con una certa persona.
Anche troppo facile.
La cosa più sconcertante è rendersi conto, e poi domandarsi perché cavolo non si è in grado, la maggior parte delle volte, di riuscire a sostenere un rapporto di amicizia con una persona di sesso opposto senza trovarsi coinvolti in un qualcosa di più dall’affetto per un amico.
Rimuginare quasi incessantemente su questa cosa e non venirne a capo, pensare a tutti i momenti passati insieme e riderne da soli, come degli idioti, rimproverandosi per l’immensa stupidità della quale si è vittime e tentare di convincersi che non va bene, non va assolutamente bene; ci sono delle cose che ci sono precluse nella vita e si deve imparare ad accettarlo. Inutile martorizzarsi e fare le vittime da soli: piuttosto, rimboccarsi le maniche, imparare che non sempre gli déi ci sorridono, anzi perlopiù se ne sbattono altamente, se non addirittura si fanno una bella risata alle nostre spalle.
“But what can I say
Rules must be obeyed” – cantavano gli Abba.
Si potrebbe forse dar loro torto?
No, non lo si potrebbe.
Ci sono regole da seguire, da obbedire; e nonostante uno dei pensieri più belli che esistano sia che le regole esistono per essere infrante, ve ne sono alcune che non possono esserlo, infrante, a meno che uno non scelga in alternativa la solitudine. Quanti sarebbero disposti a restare soli, per aver infranto una regola? Una sola, un’unica regola.
Mai, mai, mai……… mai infrangere La Regola.
“Sei sovrappensiero?”
“Ahnah”
“Ma perché?”
“Non so… un po’ di stanchezza, forse…”
“Sì?”
“Sì”
“Davvero? Non vuoi parlare di nulla?”
“No, davvero. Grazie”
“Ok.”
“Vuoi un altro po’ di vino?”
“Perché no. Intanto preparo qualcosa da cena, ti va?”
“Sì, hai bisogno di una mano?”
“Ok… vieni di là”.
La cucina è una delle cose più afrodisiache che esistano: è una specie di essere complici nella sopravvivenza; e tuttavia poiché non si tratta di vera sopravvivenza, ma di puro edonismo, è in tal modo che vi si aggiunge quel qualcosa in più. Lavorare fianco a fianco, parlarsi con gli occhi, riuscire senza intralciarsi, non è facile. Ma talvolta accade: e allora è magia.
Mangiare ciò che è stato preparato insieme, in una sera di fine estate, con i colori accesi del rosso, l’arancio e il marrone. Cose semplici, accompagnate da un buon vino che scalda come il sole e più di lui, non solo le ossa, anche il cuore.
“Sono felice, sai?”
“Di cosa?”
“Che siamo insieme”
“Che… cosa?”
“Che siamo insieme, ora. Io e te a parlare, mangiare e bere vino… ci siamo trovati bene, no?”
“Ah. Sì, certo. Anch’io lo sono”.
Affidarsi alla compagnia di Bacco non è sempre raccomandabile; tra ciò che Egli ritiene indispensabile per essere parte della sua cerchia vi è l’essere forti d’animo, altrimenti c’è il pericolo di lasciarsi andare a certe pulsioni, certe emozioni che senza di Lui sarebbero debitamente tenute a freno. Si rischia quindi di fare cose che da sobri nemmeno ci sarebbero passate per l’anticamera del cervello, o peggio cominciare a parlare a ruota libera, come un vero e proprio flusso di coscienza, che arginarlo sarebbe difficile. Molto, difficile.
“Dio maledica il vino e chi lo beve… uffffffffffffaaa!!”
“Oddio, che è?”
“Mi gira la testa… accidenti al vino e a te che me lo fai bere…”
“Ah, io te lo faccio bere? Io non ti ho riempito il bicchiere più di una volta, lui di certo non si riempiva da solo, e la bottiglia non era bucata… sicché, fai te!”
“Smettila! Che adesso mi devo sedere e concentrare seriamente per non fare discorsi scemi e aspettare che mi passi…!”
“Ah, per me… fai pure… domani è domenica, c’è tutta la notte per smaltire eventuali sbronze!”.
Vegetare sul divano perchè incapaci di fare qualsiasi altra cosa a causa degli scoppi di risa improvvisi che colgono entrambi, ripetere le cose due o tre volte e poi stupirsi e anzi offendersi quasi quando l’altro lo fa notare; piangere su un film stupido che ricorda qualcosa di ancorato in fondo al cuore e scoprire che rannicchiarsi l’uno nelle braccia dell’altro è in fondo un buon modo per far passare la tristezza.
Mai mai mai… mai, infrangere La Regola.
Dormire due o tre ore con le teste appoggiate l’una all’altra, svegliarsi col mal di collo e la bocca impastata per il vino, lo stomaco vagamente sottosopra, che reclama qualcosa da mangiare.
“Ommioddio…”
“Mmm… che è successo?”
“Niente… è il mio stomaco che si riprende e fa a botte col fegato…”
“Yawn…”
“No, figurati non considerarmi troppo…!”
“Ma dai… vuoi mangiare qualcosa? Dopo dovresti stare meglio…”
“Sì, grazie… ci pensi tu?”
“Certo”
“Tieni”
“Che cos’è?”
“Un budino di riso… li avevo presi stamani per la colazione e mi è avanzato…”
“Ah, carino… mi dai gli avanzi?”
“…”
“Dai, scherzo! Anzi, grazie davvero… mi ci andava qualcosa di dolce…”
“E il meglio deve ancora venire… aspetta solo un minuto…”
“…”
“Ecco, è pronto!”
“Ma cosa?”
“Ta-dah! Té caldo bello fumante…”
“Il té? Ora?! Ma lo… rivomito subito!”
“No, non preoccuparti… adesso che hai mangiato qualcosa, è quel che ci vuole; è caldo e fa bene allo stomaco quando è sottosopra!”
“Mah… sarà! però se poi sto male, affari tuoi, io ti avviso!”
“Ahnah”.
C’è qualcosa di magico e misterioso nel té; in numerose civiltà orientali riveste un’importanza notevole, ma molto diversa dalla funzione che sosteneva, ad esempio nella Londra vittoriana, dove era espressione di una borghesia benestante. Nel deserto è una bevanda dissetante e fresca che i beduini consumano all’ombra della propria tenda; nella civltà giapponese è un rito immancabile che viene espletato da personaggi particolari, le geishe, addestrate fin dall’infanzia a questo compito; nelle civiltà arabe si tratta di un momento di condivisone tra familiari e ospiti e ci sono condizioni da rispettare, come quella di non servirsi mai da soli, o versare il té rigorosamente dall’alto.
Nel nostro caso, il té in questione si trattava di qualcosa di caldo e avvolgente. Di sensuale e intimo.
“Sì, in effetti avevi ragione…”
”Su cosa?”
“Sul té… è buonissimo, e poi sta decisamente facendomi bene… anche se mi sta prendendo un po’ d’abbiocco così…”
“Ah beh… dormire per dormire… puoi anche rimetterti giù, mica mi dai noia”
“Non so se sarebbe una buona idea”
“Perché no?”
“Beh, di qualche tempo ci dovrò tornare a casa no?”
“Come vuoi”.
Si fa presto, aiutati dal senso di calore e di doce languidezza a ritrovarsi rannicchiati l’uno nelle braccia dell’altro, in silenzio, a sorseggiare una tazza di té. I pensieri vanno alla deriva e non si parla: non ce n’è bisogno. Il té finisce, ma non l’incanto che ha creato. E il silenzio è un complice da non sottovalutare.
Si sta abbracciati, ci si sfiora, quasi non volendo; infine sembra che le labbra stiano per incontrarsi e intrecciare una danza antica e ancestrale, che da sempre innamora menti e cuori.
“Scusami”
“Per cosa?”
“Per questo”
“…”
“Non posso farlo”
“…”
“Non… non posso e basta; ci sono… ci sono delle… delle Regole. E questo non si può fare”.
“…”
“Davvero… è che io non… non è che non vorrei, è solo che non posso farlo. Non so se sia quello che volevi anche te o no, ma io non me la sento. Non…”
“Ma…”
“Non è colpa tua, sul serio… si tratta di me. Solo di me. Ti chiedo scusa, davvero. Probabilmente è una cosa di cui mi pentirò, ma in questo momento e in questa situazione non lo posso fare. Scusami. È meglio che vada, ora…”
“Posso sperare che tu mi spieghi il perché, prima o poi?”.
Andarsene nell’alba che nasce, senza dare risposta alcuna, col freddo, non nelle ossa, riscaldate da quel che si è bevuto, ma nel cuore, perché si è delusi, e allo stesso tempo orgogliosi di se stessi, per non aver sbagliato, per non aver ceduto, per non aver disobbedito.
Maimaimai… MAI infrangere La Regola.
Non si tradisce un’amicizia per l’amore.
Molto coinvolgente, forse perché con quella regola prima o poi ci fanno i conti quasi tutti…
-Mai infrangere le regole- Troppo giusto.
Ti rimane comunque il sapore di quella giornata che ti accopagnerà tutta la vita, sempre; poi sta a te farla diventare un “fantasma” o “il fiore che non colsi”.
Scorrevole e piacevole.
Sandra
potremmo aprire una Treccani sull’idea di amore, passione, attività sessuale, amicizia, scelte e modalità che portano alle decisioni importanti, limiti e confusioni di ogni genere.
non sono convinta che quel genere di regola non vada mai superata: chi garantisce che un grande amore non ha radici in una grande e profonda amicizia? che una grande amicizia non può diventare un grande amore?
un testo, comunque, molto interessante con un bel ritmo narrativo.
a proposito di regole: il martirio non ha niente in comune con la martora.
quindi, martirizzarsi.
ciao
anna
Il racconto è molto bello e coinvolgente, scritto benissimo, mi piace molto, però volevo dirti che non sempre l’amicizia non può diventare amore, io, il mio migliore amico, l’ho sposato… Ciao da Betta
Non condivido molto la regola, però un bel racconto…
Bellissimo racconto, ma non sono per niente d’accordo a non infrangere la regola, ma scherzi?
chi può conoscerti meglio, capirti, accettare pregi e difetti, se non il tuo migliore amico?
Io il mio l’ho sposato 12 anni fa.
Grazia
Bel racconto, ben scritto, scorrevole e coinvolgente. Non condivido però l’idea di fondo… le regole spesso sono delle costrizioni che ci imponiamo per paura di perdere il controllo, di rischiare. Fa meno male il rimorso o il rimpianto?
Un saluto
Katia
Bel racconto, davvero.
sei riuscita a dar vita a quelle sensazioni ed emozioni semplicemente scrivendole ed è un bel pregio.
ma… l’amore secondo me può celarsi ovunque, anche dietro un’amicizia.
l’amore in fondo è cieco, segue il cuore.
quindi a volte La Regola… va infranta.
se si vuole amare veramente.
bellissima storia comunque.
Saluti
Ilaria
Penso che questa storia sia davvero meravigliosa!
Soprattutto molto commovente! Complimenti!
Chiedo immensamente scusa per il “martorizzarsi”, ma sono certa che sia un errore di battitura… imperdonabile, ma devo essermi sbagliata, scrivendo velocemente.
Per il resto vi ringrazio di cuore per tutti i commenti… ovviamente, se qualcuno ne ha vanno bene anche le critiche: del resto, sono indispensabili alla crescita pure quelle.
Un saluto a tutti,
Chiara
Ciao Chiara ,
se accetti una sola critica ti dico che a me non è piaciuto molto il titolo. Il racconto è molto bello, ma il titolo non gli fa completamente onore.
A sera la nostra mente non funziona a pieno regime, poi mettici sopra il vino e chissà che succede. Ciao
Beh si è vero, mai infrangere La Regola, io l’ho capito tardi ma sinceramente per me è stato anche meglio, conosco il mio migliore amico da ormai 20 anni e per un periodo siamo stati insieme ma poi abbiamo capito che tra noi non era amore ma un affetto molto profondo e forse proprio per questo ora siamo più uniti di prima perchè conosciamo ogni aspetto del nostro rapporto!!! Cmq davvero un bellissimo racconto.
Ciao Federica
Come può essere un’amicizia se è così dura resisterle??? 🙂
Comunque molto bello…
Mi è sembrato un racconto elegiaco, che descrive un momento molto bello nell’ambito di una grande amicizia. Realistico, decisamente, dove il tabù del sesso è più forte nella donna, come vuole la Regola (scritta dai maschi).
Può esistere l’amicizia tra uomo e donna? Sì, se vige la Regola.
Può l’amicizia trasformarsi in amore? Sì, l’uomo è sempre pronto a farlo.
Queste sono soltanto mie opinioni, non certamente universali.
C’è poi un’altra regola, che la realtà può superare la fantasia, e nella realtà le esperienze personali possono essere varie, complesse e incredibili.
Un bel racconto davvero, cinque stelle. Michele F.