Suo fratello France la considerava una palla al piede, una specie di dazio da pagare per potersene andare a zonzo con i suoi amici, a fare gli scemi con le straniere sul litorale e Linda ci godeva un sacco a guardarli rendersi ridicoli con quelle più grandi di loro, che non se li filavano nemmeno.

Lei preferiva starsene in disparte; a volte giocava con il flipper, a volte si sedeva a gambe incrociate dentro ad uno dei cesti a dondolo, se il tempo era bello e se il bagnino non li aveva ancora tirati giù per l’inverno. Non le importava che suo fratello e i suoi amici la lasciassero sola, era quello che voleva; lei andava lì per leggere, scrivere sul diario le sue poesie, guardare le onde infrangersi sul bagnasciuga e soprattutto per osservare Matte di sottecchi.

Le piaceva quell’aria da duro che voleva darsi ad ogni costo, così come la sigaretta, perennemente spenta, che lasciava penzolare con noncuranza dal labbro; pareva che stesse su da sola per quanto non cadeva mai. Lui non ne sapeva niente di questa sua cotta tremenda e Linda pensava che se solo l’avesse immaginato…; non voleva rendersi più ridicola di quanto non aveva già fatto.

Era ancora caldo per essere novembre tanto che in spiaggia c’era un sacco di gente. Qualcuno se ne stava sdraiato sui lettini, con la giacca a vento tirata fin sopra al naso, c’erano bimbi impegnati a costruire un maniero di sabbia, un gruppetto di ragazzi seduti sulla sabbia intorno ad un tipo che strimpellava la chitarra, France e gli altri quattro scemi stavano appresso a due tipe di almeno vent’anni e ne dicevano di tutti i colori.

Linda li ascoltò per un po’, perlomeno fino a che Giogiò non ne sparò una così grossa da farla crepare dal ridere. Matte sollevò lo sguardo su di lei e si mosse adagio, per raggiungerla. Linda lo guardava avanzare lentamente e arretrava dentro il cesto fino ad appiattirsi sul fondo; quando lui le rivolse la parola, emise un suono strozzato, simile ad un singhiozzo, poi lui si sedette sul cesto di fronte, infilando le lunghe gambe dentro il suo, facendo dondolare i due cesti all’unisono.

Le fece tante domande, Matte e le parve anche interessato alle risposte, poi lesse una delle sue poesie e ci canticchiò sopra una melodia; voleva provarla con la tastiera, disse.

Doveva essere passato un bel po’ di tempo. France cacciò un verso per richiamare l’attenzione di Matte; il gruppo si spostava alla cioccolateria, andavano a prendere qualcosa con le straniere, se volevano unirsi a loro… France li guardava strano, con un mezzo sorriso più scemo del solito.

Matte mise i piedi a terra e tese la mano a Linda, portandosela in sella allo scooter, facendo a cambio con France, che si prese Riccio.

Quel giorno di novembre fu il più bello di tutta l’estate.

 

3 pensiero su “L’estate di Linda”
  1. un bel racconto che rende appieno la realtà d’ambiente descritta, gli stati d’animo adolescenziali e quel senso di attesa che apre su un mondo cui si anela e che intimidisce.
    brava.
    anna

  2. La stagione dell’adolescenza é sicuramente la più bella.
    Non la più ricca, intensa e rigogliosa, semplicemente la più bella. Per la sua semplicità, freschezza e farfalle nello stomaco. Ricordarla é piacevole, leggerla mette le ali.
    Ciao.
    Sandra

  3. Un racconto sentimentale che apre il cuore a chi non è più giovanissimo proiettandolo in un passato spensierato. L’ambientazione è lucida come una fotografia e lo stile è scorrevole e semplice. Complimenti, molto carino. Loredana

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