Mery non credeva alle sue orecchie mentre sentiva la voce del Presidente in persona che dall’altra parte della cornetta la invitava gentilmente a prendersi una bella e lunga pausa dal lavoro. “Un po’ di ferie non le faranno male. Torni a casa, stia un po’ con i suoi, passi una settimana in una Spa, posso darle dei consigli utili a riguardo. Vedrà che si sistemerà, l’azienda è con lei”. A Mery cominciò a tremare il labbro, le mani erano sudate di un sudore gelato, gli occhi fissavano il vuoto. Disse solo “Come vuole Presidente” e riattaccò. Poi scoppiò in lacrime. Probabilmente erano anni che non piangeva.
Pianse in silenzio con la testa tra le mani. Poi si asciugò con un fazzolettino di carta, prese la borsa ed uscì di fretta lasciando un messaggio alla sua segretaria sulla scrivania.
L’aria era ancora affollata. Mery attraversava la folla indifferente con mille pensieri per la testa, con il panico nel cuore. “Mi hanno trombata! Sergio prenderà il mio posto e io sarò tagliata fuori… perché ho ceduto? Perché!? Tutti questi anni di lavoro, di sacrifici per cosa?!”, andava pensando tra sé. Camminava senza fretta, diritta, a volte centrava qualcuno senza avvedersene.
Qualcosa quel giorno era cambiato dentro di lei. Il ghiaccio che avvolgeva il suo cuore si scioglieva e man mano che il calore cominciava ad arrivare, si sentiva sempre peggio.
Si sentì nuda in mezzo alla folla e trafitta da un dolore acuto. Si sentì per la prima volta sola, indifesa, bisognosa. Si toccò il ventre e si sentì donna. La borsa, la finanza, la sua banca divennero immagini sfuocate e altri pensieri cominciarono a consumarla, pensieri che sempre aveva rimandato per rincorrere soldi e successo.
La T di tabacchi attirò la sua attenzione. Una volta fumava. Sentì di nuovo il desiderio di una sigaretta e, affrettando il passo, si diresse verso l’entrata.
PUM!
“Scusi signora… s’è fatta male?”
La signora in tailleur gessato grigio aveva una faccia strana, sbiancata, uno sguardo perso e non rispondeva.
“Signora sta bene?”. La signora spostò dietro l’orecchio il ciuffo di capelli biondi che le era calato sul viso per l’urto con Libero.
“Signora?”, Libero la guardava negli occhi avvicinandosi al suo viso mentre lei si schermiva abbassando la testa e guardando di lato. Aveva occhi bellissimi ma così turbati, con il mascara sbavato, e il correttore che non riusciva a mascherare le occhiaie profonde. Che cos’era successo a questa donna? Perché non parlava?
“Sto bene, sto bene”, scartò Libero ed entrò.
Libero rimase lì impalato per qualche secondo e la vide attraverso la porta vetro nell’atto di pagare un pacco di Marlboro Light. Scrollò le spalle e sfilò una paglia dal pacchetto nuovo mentre non riusciva a dimenticare i suoi occhi neri così belli e così persi. Quegli occhi erano una solitudine specchiata, ecco cosa avevano di così familiare… una solitudine specchiata in un’altra solitudine… praticamente….
Non so come mai, ma in questo racconto oltre a conoscere il mascara sbavato e le occhiaie, ho immaginato e ben visto un raggio di luce, sai, di quelli potenti, il cui calore non arriva nell’immediato ma piano, piano, iniziando dalle spalle e arrivando in seguito ovunque. Io la credevo già morta, la povera Mary, e invece… ci vedo già un bel miracolo…
La vita finisce solo con la morte e anche allora… chissà…
Un saluto.
Sandra
Bella puntata!
Il racconto mi piace, scorrevole e presago di novità.
(Speriamo che le due solitudini decidano di farsi compagnia…)
Ciao
anna
Grazie mille per la lettura assidua…
Un bel testo… ma è la continuazione del precedente? Anche quello mi aveva colpito. A questo punto direi che ci aspettiamo un proseguio in cui vedere finalmente “Mery” un po’ più felice e meno “sola”.
Quando due solitudini si incontrano si appagano, si confortano e spariscono (a volte).
Raf
Vedremo che fine faranno questi due ragazzi soli… In realtà ci sono più episodi di questa storia e questi sono gli ultimi due… Iniziò tutto nell’ottobre dell’anno scorso…