Distraggono il silenzio gli umidi passi
che, nella serata novembrina
cercano invano la mia vecchia cantina.
D’un tratto l’insegna di luce m’appare
e i figuranti attaccano a cantare.
ed è subito chiacchiericcio, tumulto di bicchieri
è odor d’uomo, è vita per non pensar a ieri.
Al bancone mi s’offre la cameriera slava
prosperoso incanto che nel mio cuore aggrava
il ricordo sì dolce e beffardo
come il suo neo che rapisce il mio sguardo.
Bevo con diletto il mio ramato bicchiere
pago e verso la soglia già iniziano a spegnersi le voci straniere.
L’incanto è ormai svanito
e il quartiere, di doloroso silenzio, è impietrito.
Rimango io, con l’odor del primo pane,
accompagnato dai fantasmi delle vecchie puttane,
che tra queste mura diedero rifugio
al loro falso amore, col nobile pertugio.
Accendo il carro e do luce alla sera,
sperando che ogni ombra sia il mio amor che ormai lontan dispera.
Deluso, ma caldo di spirito, entro nella coltre, colma della città
anch’essa piena di miseria e assai poca nobiltà.
Ci leggo un viaggio a ritroso. Mi piace, soprattutto lo spirito caldo e l’entrata nella coltre.
Ciao.
sandra
divertente quella considerazione di auto identificazione: “suo malgrado vivente”…
mi pare che i piaceri della vita ti piacciano.
…e a volte si vive anche solo per dimenticare…
mio malgrado ho apprezzato questo racconto d’antan, di osteria e di uomo vissuto, deluso e maledetto che trascina porta altrove la sua sbornia triste.
anna
La lettura di questa poesia è molto piacevole… è semplice e ben scritta.
grazie rita (ls).
“è semplice e ben scritta” è un grande complimento.
Si prova ad esser poeti perché vivere sembra maledettamente più difficile.
ciao e ancora grazie
La poesia è tutta preziosamente ben scritta già nel “chicchiericcio” iniziale, già si preannuncia il frastuono e il rumore della serata; nel seguito è tutto realisticamente inteso e anche immaginato, una danza acrobatica di personaggi e figuranti.