Mi chiamo Cristoforo; una volta  ero giovane, ero straniero e venivo da lontano…
La mia patria è l’Egitto, un luogo dal clima sempre caldo e lì sono nato.
Ho viaggiato e girato il mondo al soldo del nostro Imperatore e i miei commilitoni mi chiamavano Cinocefalo, vale a dire “testa di cane”.
Una presa in giro che non sopportavo, perché nel mio aspetto non vi era nulla del cane: sono alto, atletico, la mia muscolatura è ancora possente, grazie all’esercizio fisico continuo, alla lotta in cui ero addestrato e in cui riuscivo sempre vincitore.
Mi chiamavano così per via del dio Anubis che è una delle divinità di cui ero devoto: il dio che presiede i riti dell’Oltretomba.
Mi sono, infatti, sempre chiesto cosa c’è dopo…dopo una vita di guerra, di conquista, di lotta… Io servivo l’Imperatore e gli ero fedele, ma la mia vita era appesa ad un filo e vivevo ogni giorno come fosse l’ultimo, perché così soltanto può essere per un legionario, niente illusioni, niente programmi: si vive alla giornata e si deve essere felici ogni giorno per l’essere vivi.
Nelle lunghe marce di spostamento con i miei commilitoni da un luogo all’altro dell’Impero ci imbattemmo in Bitinia in un uomo che parlava di pace, che diceva che tutti gli uomini sono fratelli, che non esistono schiavi e padroni, che c’è una vita oltre la morte in cui tutto avrà senso e spiegazione e che un giorno l’Uomo-Dio tornerà e salverà dalle miserie quotidiane coloro che sceglieranno di seguirlo.
Mi affascinava l’idea di morire e non essere ombra, di non perdermi in un mare di niente, di vivere oltre la morte e di sapere che c’è Qualcuno che mi ama oltre il tempo e lo spazio, un Dio che mi pensa e ancor da prima del giorno in cui sono nato.
E’ per questo motivo che sono fuggito dalla mia vita.
Lasciai il mio rango, la mia fama di combattente e da allora vivo qui sulla riva di questo fiume in attesa che quell’Uomo ritorni, che venga a cercarmi, che mi trovi, che mi spieghi e mi porti con sé.
Cerco di rendermi utile mettendo la mia forza al servizio di chi deve passare sulla sponda opposta.
Me lo carico in spalla e passo da dove l’acqua è meno profonda, perché ho scoperto il punto più facile del guado e così ogni giorno porto il mio carico al di là di questa riva.
Gli anni, però, passano. Io aspetto e nulla cambia.
La mia speranza si allenta come si vanno indebolendo le mie forze, mentre invecchio e spero.
E’ fredda questa notte di dicembre e da giorni nessuno passa più di qui.
Le acque del fiume sono gelate ed io cerco inutilmente di scaldare a questo fuoco le mie membra, nate per un altro clima e per un altro fiume.
Il vento sibila e cadono i primi fiocchi di neve… Ma chi è quel bambino tutto solo che si avvicina?
Dove vuoi andare?
Dall’altra parte? Sull’altra riva?
Sei matto.
Le acque corrono impetuose, non è sicuro fare ciò che desideri.
E’ troppo pericoloso.
Non posso rischiare la mia vita per te.
No, non puoi arrischiarti da solo.
Cocciuto e prepotente…
Non ti allontanare… aspetta…
Sali sulle mie spalle, cercherò di aiutarti, ma rischieremo la vita entrambi.
Come pesa questo piccino, come mi è difficile trasportarlo; non mi è mai capitato prima, mi sento un fruscello, le forze mi mancano e mi sembra di essere tornato bambino.
Ecco la riva.
Finalmente depositerò il mio carico.
Me la ricorderò questa notte di dicembre…
Accidenti a quanto pesa… pare che si porti appresso tutti i mali del mondo…
Ecco, sei arrivato.
Sei contento?
Ehi!… ma dimmi almeno come ti chiami…
…Salvatore???…

 

Un commento su “Cristoforo”
  1. Un racconto inerente al Natale un po’ insolito, uscito dalla penna magistrale di Anna.
    Un messaggio delicato e bello, un impegno di riflessione e di osservazione interna.
    Grazie.
    sandra

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