Era buona quella birra bionda e dissetante.

Ne ho lasciate due dita nel bicchiere che il treno stava per partire.

Per la fretta avevo quasi dimenticato quel cappello che avevo rubato ad un lupetto nell’ostello di Amsterdam, e che a me calzava a pennello. 

Dovrebbero togliere i gradi a quei boyscout che fingono di visitare l’Olanda per interesse culturale per poi finire a rinchiudersi nei coffe-shop, a drogarsi d’ipocrisia. Avevo badato a togliergli almeno quel cappello dalle falde larghe e con una vezzosa corda a penzolare.

Senso di giustizia…

Non meritava di tenerselo lui!

Mi avrebbe accompagnato in Germania.

Io ad Amsterdam c’ero andato per fumare, ma poi ho conosciuto Ingrid in un pub vicino alla stazione. 

Bella come solo le olandesi di vent’anni possono essere, gli occhi azzurro cielo ed i capelli rossi e mossi ad incorniciare adorabili lentiggini. 

Sembrava irlandese. 

Mi persi subito nel suo sguardo. 

Rossa e lentigginosa mi ricordava Dublino. 

Eppure non ero in Irlanda, non ancora per lo meno… 

Perso nei suoi occhi, mi sarei potuto svegliare in qualsiasi altra città. 

Durante il lavoro si aggirava leggiadra portandosi dietro le occhiate dei clienti ad implorare riguardo per la loro sete d’attenzione. 

Per tre sere rimasi ammutolito ad osservarla danzare tra i tavoli del locale. 

La quarta notte comandai un po’ d’amore e me lo portò. 

Rimasi sveglio a lasciarla dormire. 

Affascinato cercai di unire con una linea immaginaria le efelidi che punteggiavano il suo viso. 

Dovevo andarmene o non mi sarei più mosso da quel letto. 

Mi sentii un ladro mentre uscivo dal suo appartamento, e per senso di giustizia decisi di rendere il cappello al legittimo proprietario. 

Una sola azione riprovevole per città, non di più. 

Non volevo fare preferenze. 

All’ostello nessuna traccia del lupetto che aveva condiviso la mia stessa camerata. Se ne era già andato. 

Presi la mia roba e quel cappello che non volevo più.

 

Il treno stava per partire. Avevo cercato un posto isolato dove sedermi. 

All’ultimo minuto sentii aprire la porta del mio scompartimento. Presi a maledire quella nuova presenza che avrebbe disturbato la mia lettura della guida turistica della Germania. 

Osservai entrare sbigottito una splendida ragazza dai capelli corvini e la pelle ambrata che rimandava odori mediterranei… 

Sembrava Greca. Una Dea greca che si chiamava Kristen. 

Stavo andando nel cuore dell’Europa, ed i suoi occhi mi ragionavano di solleone. 

Il viaggio divenne veloce e piacevole. 

Arrivammo a Berlino ancora rapiti dal nostro spontaneo dialogare. 

I suoi occhi promettevano istanti comuni. 

Scesi dal treno quasi a malincuore. 

Kristen mi lasciò in mano un foglietto con il suo numero di telefono. 

La guardai nella vigilia di un bacio. 

Eppure non si sfiorarono le nostre labbra. 

Mi tolsi il cappello e glielo regalai. 

Era il mio addio. 

Uscendo dal binario gettai il foglietto, seppur a malincuore. 

Acquistai un biglietto per Copenaghen. 

Karen aveva riequilibrato il mio Karma. 

Il mio primo brindisi in Danimarca, le spettava di diritto.

 

Un pensiero su “Karma (viaggiatore solitario)”

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