Quell’enorme schermo bianco continuava ad oscillare pericolosamente nella penombra dello studio. Nello stato di agitazione in cui mi trovavo tutto sembrava irriconoscibile: “Un 52 pollici” avrei stimato per quanto pareva grosso. “Non esistono monitor 52 pollici” mi ero detto, mentre allungavo la mano destra per impedire che si fracassasse sul pavimento. È vero che stavamo già facendo un baccano molto esplicito e inequivocabilmente ritmato, ma quello sarebbe stato troppo. Tutto scricchiola proprio quando non vorresti che lo facesse: la sedia, la scrivania, i monitor da 52 pollici che brandeggiano, il pavimento rialzato, le ossa delle ginocchia. Col braccio teso avevo quasi raggiunto il videoterminale quando lei, felina, mi aveva afferrato il polso e si era portata lestamente la mano al seno. Pieno e florido, da copertina. Un’arma di seduzione di massa. Era come se avesse insinuato: “Ma come hai una mano libera e non hai niente di meglio da fare che dimenarla improduttivamente nel vuoto?”.
Che le donne ci vedano perfettamente al buio mi è sempre stata una cosa, per quanto inspiegabile, nota. Quel gesto repentino però mi aveva colto di sorpresa tanto che avevo per un attimo perso l’equilibrio ruotando leggermente su me stesso. Piegandomi in avanti verso destra ero stato costretto ad aggrapparmi ai suoi capelli per evitare l’atterraggio di fortuna sulla scrivania. Ricci, lunghi e neri i suoi meravigliosi capelli. Con gli occhi verdi e quelle labbra carnose ne facevano una donna splendida. Mi era parso un subdolo colpo di karate sferrato nel buio con l’irragionevole intento di rovesciarmi sulla scrivania. Da parte mia avevo esibito una pronta ed efficace difesa e inaspettatamente lei aveva emesso un delizioso e ambiguo gridolino. In effetti, l’avevo afferrata per i capelli con una mano, con molta decisione per giunta, e con l’altra le stringevo il seno. Una fulminea e brillante parata era stata interpretata come una manifestazione di virile eccitazione. Era ripartita ancora più inarrestabile. In una direzione tutta sua. Così avevo scoperto la mia seconda inclinazione: le arti marziali. A giudicare dalla sua reazione, si coniugava perfettamente con l’altra. Quella che negli ultimi anni mi era attribuita in maniera più o meno velata. Nel frattempo avevo chiuso gli occhi nella attesa, non del culmine del piacere, ma del fragoroso fracasso dello schermo gigante. In quel momento immaginavo stesse precipitando al rallentatore nell’oscurità. Mi chiedevo che rumore facesse un monitor di 52 pollici che cade dall’altezza di una scrivania. Qualche anno fa non erano ultrapiatti come oggi. Questo avrebbe fatto di sicuro un bel boato. Aveva anche smesso di scricchiolare, segno inequivocabile che non mi sbagliavo. Si sarebbe presa certamente uno spavento. Come l’avrei convinta a continuare in mezzo a tutti quei rottami? Mi avrebbe indicato lei stessa la strada.
Presumevo che il monitor avrebbe fatto un’esibizione spettacolare tra rumore assordante, schegge volanti e qualche scintilla.
Poi un pensiero liberatorio: ma in fin dei conti, che me ne fregava della distruzione del monitor? Era notte, non era il mio ufficio, nessuno mi conosceva lì. Addirittura abitavo in un’altra città. Perché avrebbe dovuto importarmi qualcosa di tutto quello che stava succedendo in quel momento? Qualcuna forse apprezzava proprio quel tipo di distacco. Me ne andavo via con la testa, ma tenevo benissimo la messinscena. Un giocattolo perfetto. Qualche altra forse aveva la sensibilità sufficiente per accorgersi di quando tornavo e la differenza doveva trovarla molto gradevole. Non il distacco, non la mia completa attenzione ma la differenza tra i due momenti.
Intanto si svolgeva il mio primo, curioso rapporto a tre: lei, il monitor ed io. I miei occhi oramai si erano abituati alla semioscurità ed avevo già iniziato a studiare la relazione tra la frequenza dei miei movimenti e le oscillazioni di Fiftitù. Si, nell’intimità lo avevo soprannominato Fiftitù. Ovviamente per avere osservazioni più significative variavo la frequenza e l’intensità dei movimenti ed esaminavo le reazioni. Naturalmente Fiftitù era molto più prevedibile e silenzioso.
Improvvisamente mi ero fermato perché il minimo gesto sarebbe stato fatale per Fiftitù che pareva sul punto di equilibrio col fiato sospeso. Completando l’ampio movimento le avevo visto volgere il viso al soffitto come se avesse voluto baciarlo. Poi lo rivolse a me con uno sguardo complice e grato.
Che effetto incredibile aveva passare da un estremo all’altro. Dal corpo all’anima, dal cuore al cervello, dal prendere al dare. Adesso mi era seduta di fronte e mi teneva il viso con entrambe le mani. Gli occhi piantati nei miei. Verdi e immensi. Il messaggio mi era chiaro: “Adesso puoi prenderti quello che vuoi, come vuoi”. Un’occhiata di congedo verso Fiftitù: da adesso ognuno per la propria strada e in bocca al lupo.

 

9 pensiero su “52 Pollici”
  1. incredibile quanti pensieri passino nella mente degli esseri umani nei momenti “di agitazione”…
    qualcuno si taglierebbe le vene, per salvare un 52”, altri no….
    un racconto divertente, veloce, ironico.
    bravo.
    ciao
    anna

  2. Anna questo è il mio primo timido racconto e il tuo il primo commento in assoluto: grazie per l’attenzione e la dolce accoglienza.
    A presto.

  3. Bravo, mi è piaciuto molto, l’ho letto d’un fiato e mi ha lasciato un sorriso. Ciao da Betta

  4. Ciao devo dire che il tuo racconto mi ha lasciato di stucco.
    Come può essere che in un momento di piacere invece di godertelo il tuo solo pensiero fosse il monitor che stava per cadere?
    Ma fregatene delle conseguenze e goditi i momenti di piacere che la vita ti regala. Pensa che la vita non è sempre gentile che dietro ogni angolo ci sono problemi, vivi di più e non pensare al dopo, ci penserai al momento opportuno. Comunque bravo mi è piaciuto, beata la ragazza che in quel momento se la godeva. Spero di leggere presto qualche altro tuo racconto. Ciao

  5. Ciao devo dire bel racconto mi è piaciuto molto, è stato divertente e spiritoso. ciao

  6. Bravo chico, per i momenti trascorsi e per come li hai saputi raccontare. Anche a me capita di ascoltare i vari cigolii che contribuiscono all’atmosfera del momento, è bellissimo quando tutti e cinque i sensi partecipano all’atto amatorio… magari il prossimo racconto sarà sulla lavatrice???ciaooooo

  7. Ciao, bel racconto! Penso che tu abbia molto da dire e soprattutto hai un bel modo di scrivere. Il 52 pollici mi dà l’idea della tua coscienza, la tua paura, la paura di ciò che stai facendo, e cadendo può farti scoprire, come una porta che si apre… buona fortuna, e complimenti!

  8. E’ una storia che dà il ritmo alla lettura in maniera accattivante.

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