In una mattina di giugno la Vedova Barzella moriva.
Non aveva eredi diretti e tutti i suoi soldi, mai spesi e sempre diligentemente accumulati, erano chiusi nella cassaforte.
Pierinina, donna di età incerta, governante, dama di compagnia e compagna di solitudine le stava vicino, le teneva la mano, pregava e piangeva, pensando a cosa sarebbe stato di lei una volta seppellita la sua padrona.
Il volto giallo della moribonda trasudava morte, il respiro affannoso sollevava il petto smunto, gli occhi socchiusi si volgevano lentamente ad un futuro sconosciuto mentre nipoti e cugini, all’interno del quinto grado del legame di sangue, se ne stavano in fondo alla stanza ombrosa per le  persiane socchiuse.
Come avvoltoi aspettavano.
Una mosca volava in tondo nella sottile lama di sole che attraversava la stanza per finire sul cassettone col piano in marmo di Carrara, illuminando uno dei due tralci di vite scolpiti nell’antico legno di noce sugli stipiti laterali quale ornamento dei cinque cassetti.
D’un tratto la vecchia si riprese, aprì gli occhi, alzò il capo dal cuscino, guardò i parenti più o meno lontani e, soffermando lo sguardo improvvisamente vivo ed attento su ognuno dei presenti raccolti in rispettoso silenzio, sussurrò alla serva fedele:
“Fa’ presto… Il notaio…! Ho…dimenticato…”.
Poi ricadde sul guanciale e si lasciò andare nuovamente a quel mezzo dormiveglia che forse era cosciente o forse no.
Piero Torti e Mario Pozzetta, cugini tra loro di primo grado e figli di due seconde cugine della vedova, erano in cuor loro sicuri di essere stati guardati con affetto particolare e temendo di essere stati in qualche modo dimenticati, si affrettarono a chiedere conferma a Pierinina delle due paroline, “ho dimenticato”. Avutane assicurazione, si precipitarono fuori dalla stanza per mandare qualcuno a chiamare il Notaio Saluzzi affinché accorresse al capezzale della moribonda, fintanto che c’era il tempo.
Il Notaio giunse, rapido e servizievole, come sempre aveva fatto quando era stato necessario curare gli interessi della Vedova.
La fantesca annunciò semplicemente:
“Signora, è arrivato. E’ qui.”
La moribonda tornò dal suo sogno, si fece accomodare sui cuscini, evidentemente ben sveglia e presente a se stessa.
Disse lentamente: ” Cambio il testamento!”
I parenti, in fondo alla stanza, mormorando tra loro, si fecero molto attenti a quanto veniva detto.
“Scriva!” continuò la vecchia, scandendo faticosamente ogni parola “Annullo quanto avevo deciso. Niente parti uguali tra tutti loro” e guardò verso il gruppo silenzioso che cominciava a comprendere.
“Lascio tutto, ma proprio tutto, a Pierinina che è l’unica persona di mia conoscenza che sentirà veramente la mia mancanza quando sarò morta.
Tutto.
Scriva: tutto.”
Si fermò per recuperare le forze, poi appena più che in un sussurro continuò:
“Che non ci siano equivoci e contese, perché vedo che tutti i miei mancati eredi sono presenti e testimoni. Pierinina è l’unica pronta a piangere veramente la mia morte…Mi raccomando, scriva che è questa la mia ultima volontà.”
Fece nuovamente una pausa e guardò la piccola folla dei suoi parenti per un’ultima volta.
“Si daranno pace, non hanno bisogno di nulla di più di quanto hanno già.”
La sua mano ossuta strinse quella della donna che la guardava incredula.
“Pierinina continuerà il mio lavoro: conserverà, accumulerà, donerà se lo vorrà, rispetterà la mia fatica e troverà una sicurezza che altrimenti non avrebbe mai”.
Furono le sue ultime parole.
Il Notaio Saluzzi scrisse, mentre i parenti diseredati lasciavano lentamente la stanza.
Nessuno si accorse della povera Pierinina svenuta per l’emozione.
Nessuno era più interessato ad assistere alla morte dell’anziana, ricca e senza eredi diretti, perché nel malumore generale a nessuno serviva ormai la certezza di non essere defraudato da qualche altro parente, pronto a fare qualcosa che tornasse a proprio vantaggio.
La Vedova Barzella si spense poco dopo.
Nel funerale che seguì solo il Notaio, la governante, la fantesca e qualche curioso si presero la briga di accompagnare la defunta Signora alla sua dimora perpetua.
Qualcuno, poi, raccontava che cominciò allora il grande amore tra la ricca Signorina Pierinina, una bella donna di trentaquattro anni e il Notaio Saluzzi che scoprì a cinquant’anni la sua passione per la vita di campagna, chiuse lo studio e si ritirò con la moglie a vita privata.
Un grande amore il loro, un grande amore davvero.
 

5 pensiero su “Il testamento”
  1. Il vile denaro…, fa il bello e il cattivo tempo, cara Anna. Quante volte l’affetto dei parenti si misura contabilmente con i soldi…, troppe volte, purtroppo. A volte invece gratifica chi non si aspettava niente e che a cinquant’anni trova la primavera e l’estate in campagna e in dolce compagnia.
    La vita é fatta di sorprese e comunque vada è sempre bella.
    Complimenti per la tua, sempre elegante, scrittura.
    sandra

  2. Che bel racconto Anna, bello il finale, a fare del bene ci si guadagna sempre, e non mi riferisco all’eredità. Per descrivere i parenti, non ci sono parole, per dei cuori così aridi, si può provare solo pena. Grazie per la bella lettura, dalla tua penna escono sempre gocce di saggezza. Ciao da Betta

  3. E’ proprio vero il detto triste a chi muore che chi resta fa festa. Baci anna sei una grande scrittrice e questo lo sai già

  4. anna complimenti per l’elegante racconto. Una bella storia sempre attuale. I soldi… maledetti e benedetti soldi!

  5. Molto bello il tuo racconto, è sempre un piacere leggere i tuoi scritti.
    Grazia.

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