Vincent Sogel nasce a Nantes nel 1845, da una famiglia piccolo borghese, il padre medico Louis Marie Sogel e la madre sarta Adèle Nuage; Vincent fu terzo di quattro figli. La sua educazione fu ottima e garantita dalla grande cura dei genitori, che gli insegnarono i valori cristiani.
Vincent fin da piccolo mostra una spiccata vivacità intellettuale che gli permetterà lo studio appassionato del greco e del latino, sin dalla tenera età di 5 anni e l’interesse verso la cultura in generale; sembrava divorasse ogni libro gli capitasse a tiro, spinto dalla semplice curiosità di conoscere una storia.
Riconosciuto da tanti come un prodigio per l’eccezionalità della sua persona, lui non si ritenne mai tale, vivendo spesso un senso di frustrazione dovuto al suo rapporto con la società che lui vedeva ipocrita e materialista.
La sua adolescenza fu serena e molto importante per la formazione del suo carattere che ebbe proprio in quegli anni uno scossone, destinato a fare di quel ragazzino uno scrittore tanto amato sebbene oggi dimenticato.
Gli anni critici della sua adolescenza che segnarono una profonda svolta nella sua vita riguardano due eventi in particolare: la malattia del fratello minore, ammalatosi di tubercolosi e morto dopo tante sofferenze e l’episodio alla stazione tratto dalle sue memorie.
L’episodio alla stazione purtroppo non è datato, ma è ragionevole pensare che Vincent avesse all’incirca 14 anni quando gli successe quella spiacevole situazione.
Le sue memorie raccontano di uno spiacevole incontro alla stazione con un gruppetto di ragazzini, i quali presero di mira un bambino storpio burlandosi della sua sofferenza e picchiandolo con grande crudeltà.
Dal racconto di Vincent si capisce il suo stato d’animo molto provato: “Ieri sono andato alla stazione per vedere Julien e parlare della sua cotta per Alphonsine, quando ad un tratto vidi una scena che mi fece arrabbiare tanto, un gruppetto di ragazzini, idioti e senza cuore, prendeva in giro un ragazzino storpio che aspettava al freddo l’arrivo di suo padre operaio, partito per lavoro. Quelle bestie si burlarono di lui con parole obbrobriose e meschine che lo ferirono tanto, prima di fargli assaggiare le loro nocche. Io ed il mio amico appena venuto ci demmo coraggio nonostante fossimo in 2 ma riuscimmo con il fisico di Julien e il vocione del capostazione ad allontanare quei figli del male. D’un tratto un ringraziamento e facemmo la conoscenza di quel ragazzino, si chiama Jean è molto simpatico ma da quella volta che è stato picchiato ora soffre più gravemente di prima, che bastardi quelle bestie, soffrissero loro tutto quello che sta passando Jean diventerebbero anime pie!!!”.
E’ proprio questo scontro con la realtà che spinse Vincent ad avere coraggio ed affrontare i soprusi della società e soprattutto a scrivere.
Il suo primo romanzo “L’ombra alla luna del tiglio” vede la luce nel 1864 dopo 3 anni di duro lavoro a Dijon ed è firmato per la prima volta con lo pseudonimo di Veissan, nel romanzo c’è il desiderio di amare dal profondo del cuore come unico scopo della vita, lontano dalle inutili vie che allontanano l’uomo dall’assoluto senso della vita. Segue nel 1865 una raccolta di poesie di contenuto vario che sono per lo più sperimentazioni. Poi un periodo di ristagno dell’attività intellettuale, giustificato dallo studio intenso per la laurea in medicina ottenuta dopo grandi sacrifici, ma subito apprezzata per la possibilità di lavorare a contatto con le persone, che soddisfa a pieno il suo bisogno di vivere secondo coscienza, costruendo un mondo migliore fondato sulla carità fra gli uomini, questo tema sarà poi ripreso nel saggio “Che cos’è la carità?” del 1874.
Nel 1872 parte per l’Irlanda con il desiderio di dormire con la natura incontaminata di quei paesaggi, lì conosce una giovane, Catherine Resmith dapprima i due sono un pò indifferenti, poi si conoscono ed infine si amano.
Vincent è un grande amante, romantico e molto gentile, inoltre possiede due grandi doti: la capacità di far rallegrare le persone e la creatività per portarle nel mondo fantastico dei suoi sogni. Quest’incontro fu decisivo sul piano emotivo, Vincent riconobbe per la prima volta un grande amore, degno dei romanzi sentimentali e gli sarebbe piaciuto scriverne uno così, quindi ritornò a scrivere e nel 1877 esce “Sapessi amare senza te” di natura sentimentale, morale e molto autobiografico.
Nel 1874 per confermare il loro amore con le “tinte dell’eternità” sposa Catherine conosciuta in Irlanda e vivono nella terra natale di lei a Dublino, ma dopo quattro anni si trasferiscono in un paesino insieme ai 2 figli, Jack e Vincent junior.
Seguono “Il dolce profumo del mattino”(1884-85) e “Il mondo di Lev” (1885-87). Dopo un periodo di crisi in cui l’ispirazione letteraria sembra mancare, riaffiora dopo un pò nella primavera del 1897 il genio letterario, con un romanzo di denuncia sociale con il titolo “La verità oltre gli sguardi” una vera è propria fucina di idee dove tutto viene analizzato meticolosamente nella maniera propria dei naturalisti, inoltre il realismo è così forte che il romanzo sembra un album fotografico costituito da un numero impressionante di istantanee.
Quest’ultimo romanzo sarà l’ultimo capolavoro di un uomo che con i suoi scritti ebbe un indiscusso successo, ma che il tempo eclissò, segno di un uomo legato al silenzio e all’umiltà di una vita semplice, che ha saputo fare dell’amore il motivo della sua esistenza e la ragione per cui vivere. Nel 1925 scrisse una raccolta di poesie chiamate “le Epistole”. Morirà poco tempo dopo, su di una panca nel suo giardinetto, abbracciato alla moglie, sotto la luna di cui era tanto innamorato, proprio come se fosse il protagonista di uno dei suoi romanzi.