Ogni esperienza accarezza la vita, se dovesse graffiarla, vale sempre la pena di pagare il prezzo, perché niente è più emozionante del vivere stesso.

Il tour ” La Rosa Del Deserto- Tunisia” mi preoccupava e mi affascinava al tempo stesso. Era una vacanza diversa, sicuramente ricca di suggestioni per la mente, ma faticosa per il fisico, almeno per me. Nessun Albergo avrebbe visto l’intera compagnia più di una notte. Ogni mattina, alle ore otto e trenta, dopo la colazione, partenza. Più di 200km il giorno e con macchine d’epoca.

Questo era il Tour, un viaggio con i gioielli d’altri tempi.

Una bellissima coda di macchinine colarate composte da Morgan, Porsche, Fiat 500, le nostre mascotte sempre pronte al primo giro di chiave, BMW Zeta 1, Triuph TR6, Mercede 350 SL, Alfa Romeo Giulietta, rigorosamente scoperte, con noi dentro, riparati da grandi cappelli, occhiali scuri, abiti leggeri e bianchi. Due grosse moto in testa e in coda per la scorta, per mantenere quella bellissima serpentina colorata ed un pulmino con a bordo i meccanici per ogni eventualità. Loro, le macchine, gioielli da esposizione, nonostante gli anni, hanno tutte fatto il loro dovere e ci hanno portato ovunque andasse la nostra guida.

Sousse è stata la prima visita e subito dopo Port El Kantaqui, El Djem, dove si trova uno splendido anfiteatro romano, fino ad arrivare alla incantevole oasi sul mare nella città di Gabes, per arrivare a Medenine e proseguimento per Matmata dove si trovano le tipiche abitazioni dei berberi, fino ad arrivare a Douz, ossia alla porta del deserto.

A parte la lista dei nomi sopra citati, devo dire che prima di arrivare al deserto ho visto una terra immensa di ulivi, diversi dai nostri, molto più alti e folti, ho visto una terra verde, povera ma pulita, ed ho visto pure qualche vigneto. Alle porte del deserto lo scenario è cambiato: ho notato povertà, tutto sembra un cantiere aperto. I bimbi giocano per strada a piedi scalzi come forma di libertà assoluta, anche se io non sarei riuscita a camminare mai se non protetta da comodi sandali. Qualcuno della compagnia, faceva confronti con i nostri bimbi, pare molto più stressati ed impegnati. I loro sorrisi erano sereni. Qualcuno ha detto anche che dove c’é povertà, i sentimenti sono più forti e l’apprezzamento a quel poco che si possiede é una valutazione grandiosa. Io non saprei, posso solo dire che nonostante, nei mie viaggi, rimanga sempre affascinata da tutto, dopo dieci giorni sento fortemente la mancanza di casa mia, del mio ordine e di quel quotidiano il cui fascino si chiama, vita.

Certo che a Chott el Djerid, dove c’è il grande lago salato ovviamente secco in questa stagione, la vista rimane affascinata dallo splendore creato dalla natura, come alle lontane tradizioni berbere, alle varie medine della città, ai mercati con tanta gente colorata che offre il suo artigianato trascinandoti quasi, dentro i piccoli negozi.

E poi le città di Gafsa, Sbeitla e Kiroquan, con la visita alle varie Moschee.

Feste in costume e danze continue.

Poi di ritorno a Tunisi, bellissima, molto vicina all’occidente, con giardini pieni di bouganville colorate, dal rosso arancio, al viola, al bianco, palme altissime, erba tagliata, curata, immancabile gelsomino dal profumo intenso imprigionato in tutte le strade e negozi bellissimi.

Naturalmente non poteva mancare la visita all’antica città punica: Cartagine, elegante e superba.

Mi è piaciuta moltissimo Sidi Bou Said, è solo un piccolo borgo in stile moresco con tutte le case pitturate di bianco e di azzurro, come repellente contro mosche e zanzare. Dà sul mare e possiede una bella spiaggia elegante.

Dieci giorni intensi, nuove amicizie, nuovi incontri, alla scoperta di un Mondo completamente diverso, in cui non sono mai mancate gentilezze e sorrisi, sguardi sereni e punti d’incontro.

Ma sempre mi chiedo: perché è difficile dialogare? Perché non possiamo trovare una linea d’incontro anche su tutto ciò che è diverso e non appartiene al nostro pensiero? Esiste una chiave che apre le porte del Mondo, gli umani la possiedono e non la sanno usare da sempre. Questa è la vera condanna…

E di tutto rimangono solo belle fotografie da rivedere in compagnia degli amici, deserto, sassi, pecore e caprette, visi abbronzati dal sole, sorrisi sdentati e donne velate, un mondo lontano che per poco abbiamo respirato, per riassaporarlo forse, la prossima volta.

 

10 pensiero su “Il Tour”
  1. Se gli uomini sapessero quanto il mondo è bello, si renderebbero conto sia della loro piccolezza, sia della vanità dei continui litigi ed ostacoli che si frappongono alla possibilità di vivere pacificamente.
    Ma gli uomini viaggiano poco, ad ogni latitudine, e si arroccano sulle loro meschinità.
    Non so se esistano soluzioni che possano spingere alla comprensione RECIPROCA, ma sperare non è mai un errore.
    ciao
    anna

    5 stelle

  2. Cara Sandra,
    mi sembra di aver viaggiato con te,
    meravigliosa pennellata d’Africa.
    Per me insieme ad anna sempre le migliori.
    chiara

  3. Ciao Sandra
    anche a me hai fatto arrivare la voglia di “partire”. Tuttavia delle tue pennellate africane a me è arrivato poco, forse perchè il centro del discorso non erano poi i luoghi e le vicende vissute ma l’attenzione ricade (almeno per quanto mi riguarda) sulla “diversità” e più di una volta menzioni un ipotetico punto d’incontro.
    Anche io mi chiedo perchè sia così difficile dialogare anche se il problema va oltre i modi e i mezzi per comunicare. Ad esempio in questo tuo testo quando parli dei bambini lo fai (anche se non direttamente) “solo” paragonando la loro vita a quella che fanno i bambini qui (o meglio dove non c’è povertà). Io ad esempio mi sarei chiesto cosa fanno durante il giorno, se seguono riti particolari, se esistono regole e su che tipo di regole si basa la loro convivenza. Insomma… io dico che non c’è dialogo perchè non c’è conoscenza ed in secondo luogo rispetto per ciò che è differente da noi.
    Paragoniamo il diverso a noi e ne sottolineamo le differenze sentendoci per certi versi “degni” di possedere un imprecisato parametro (che visti i casi potrebbe essere la ricchezza/povertà e trovo banale ormai parlare di colore della pelle) che ci dà il permesso di farlo e di rendere il nostro pensiero o le nostre caratteristiche universalmente validi.
    Per fortuna siamo tutti diversi!
    Un modo per poter dialogare c’è. Non c’è bisogno di una lingua comune, non di un paese comune. Basta conoscere e rispettare chi è diverso da noi (sempre nel giusto), apprezzarne il pensiero e il loro modo di vivere e magari imparare qualcosa da quel mondo apparentemente così lontano da noi.
    Non voleva essere una critica allo scritto ma una mia personale risposta ai quesiti che il testo stesso si poneva.
    Con la stima di sempre.
    Raf

  4. Caro Raf,
    ti ringrazio di aver commentato e di avermi dato la possibilità all’apertura del dialogo.
    Le mie sensazioni su questa terra bellissima preferisco descriverle sulle poesie al momento che usciranno fuori dalla testa e dal cuore. Preferisco così.
    Per quanto riguarda ciò che ho visto in questo Paese, devo dirti sinceramente che ho notato tantissimi bimbi, tutti meravigliosi dagli occhioni neri e tante donne in gravidanza. Un popolo in continua crescita. Non ho visto miseria, ho visto una situazione diversa rispetto all’occidente.
    Tutti hanno una casa, non manca loro certo il cibo, anzi ci sono terre ben coltivate, immense distese di ulivi, tanti muratori per la costruzione delle abitazioni, certo il clima caldo penalizza molto il sistema di lavoro, ho visto uomini seduti ai bar a bere e a riposarsi, ho visto uomini distesi all’ombra sui campi, un’altra vita, più lenta, più tranquilla, più serafica. Non so se potendo sarebbero disposti a correre come facciamo noi occidentali per poi possedere le nostre belle case, e tutto il nostro così detto benessere.
    Non so se sarebbero disposti a fare figli della programmazione come facciamo noi occidentali.
    Ma tutto va rispettato, l’importante é che ci sia reciprocità, perché, a mio avviso senza rispetto non esiste dialogo.
    Ho visitato le loro Moschee, bellissime, e le loro strutture dove erano riprodotte statue in cera con i loro usi e costumi del passato.
    Per fortuna nessuno é uguale, nemmeno all’interno della propria famiglia ma l’importante, secondo me, é tenere alta la disponibiltà reciproca all’incontro e magari anche allo scambio.
    Per quanto riguarda l’imparare beh, questo sarebbe proprio il massimo, il non fermarsi alla proprie abitudini e ai propri usi.
    Aggiungo che quei bellissimi bimbi stringevano in mano tutti il cellulare.
    Un caro saluto a leggerci.
    sandra

  5. Era forse questo che avrei voluto leggere 😀 . Adesso si che ho visto la “tua” Africa.
    E adesso aspetto le tue poesie.
    Ciao
    Raf

  6. X Raf
    Dialogare, parlare, aprirsi agli altri, saper ascoltare, riflettere e rispondere, sono tutte componenti essenziali per muoversi e vivere con gli altri.
    Credo.
    Caramente.
    Sandra

  7. Complimenti Sandra! Leggendo il tuo racconto mi è sembrato di essere in tunisia con te. Davvero brava, un abbraccio, Lucia. 5 stelle.

  8. X Anna, Chiara e Lucia

    Grazie tante della lettura e dell’apprezzamento.
    Raggiungere una linea d’intesa nelle diversità é difficoltoso, ma lavorandoci sopra con alla base il rispetto reciproco, si potrebbe anche andare lontano…
    Un abbraccio.
    Sandra

  9. Ciao Sandra, mi hai fatto viaggiare con la fantasia, non sono mai stata in Tunisia, ma sapevo che era un posto molto suggestivo, anch’io sono del parere che basterebbe un pò di volontà, un pò di apertura mentale, un pò di rispetto, per riuscire a dialogare, per comprendere le culture di altri paesi, e rispettarle. Grazie per aver condiviso le tue impressioni, e avermi fatto “vedere” questo bellissimo paese. Ti abbraccio. Ciao da Betta

  10. X Betta
    Grazie a te Betta, per leggermi sempre.
    Il dialogo fra gli umani é sempre molto difficile, a volte addirittura fra le quattro mura di casa, pensa un po’…., c’é da lavorare e parecchio.
    Un bacio.
    sandra

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