– Beh, dove crede di andare?
– Stavo giusto per chiedermelo. Lei ha qualche suggerimento?
– Ehm, non ho risposte ma so
che il colore di un candido giglio
ingiallisce
e del bianco d’origine
ha venature insolenti
che sembrano rughe
e della postura elegante
una vaga sembianza,
della purezza odorosa
appena un alito fiacco e leggero
– E’ una poesia?
– E’ un vomitino garbato per comunicarle il suo stato di decomposizione, lento ed inesorabile
– Ah si?
– Eh si. Lei ha proprio l’aria di un chicco d’uva marcio impiccato allo scheletro di un grappolo. Mi ricorda il punto esclamativo alla fine di un collasso emotivo
– Dice?
– Eh già, attenta agli spazi, che le parole si fa fatica a contenerle; si urtano a vicenda, succede, a volte, che rimangono in balìa di tre, quattro puntini di sospensione… la cui mansione, per dirla tutta, è soltanto quella di chiudere la fila. Punto.
Che non si pretenda altro, come ad esempio, la responsabilità di intuire la chiusa, che si rischia l’aborto spontaneo sul rigo del pensiero conclusivo.
– Beh, penso che ad una attenta analisi, una logica ferrea non ammette anarchie.
– Eh no cara, qui l’autarchia ortografica regna sovrana. Voglio dire che non si ha l’esigenza di conoscere il punto di vista di una virgola.
Sempre che si voglia concedersi il lusso di assumerne, di virgole.
La necessità di collocarle come nei d’esposizione è una virtù dei puristi igienici, di cui lei va fiera, ovviamente. Mi scusi, a volte sono prosaica e mi concedo licenze.
– Si, ma la tecnica del verso, la disposizione degli accenti tonici…
– Accenti? Senta, non venga qui a sindacare, a propinarmi regole di condotta e princìpi di morale
– Eh, ma che carattere!
– Ecco che le ricompare l’esile afflato esclamativo
Bene, adesso la lascio, vado in anteprima di pubblicazione e sono in fermento aulico.
Mi scusi, esca dal titolo. E’ ancora provvisorio.
Un dialogo fra DUE DONNE: una è LA POESIA, l’altra, a mio avviso, potrebbe essere UNA MUSA…
Donna Poesia piuttosto arrogante, presuntuosa, ma sicura delle sue capacità, sta sfidando la sua fonte di ispirazione.
Donna Musa, consapevole delle sue soprannaturali capacità di influire le menti creative, punzecchia Poesia, la provoca, e si presenta volutamente umile e con vesti “in decomposizione”.
Poesia caccia Musa, la vuole far uscire dal titolo, la sua presenza le dà fastidio, ma non si è ancora accorta di aver già bevuto i suoi succhi, ingoiando inconsapevolmente quel “chicco d’uva marcio impiccato allo scheletro di un grappolo”.
Grazie Roberta Gambi per questa sinossi ispirata, curata nel dettaglio.