Era colpa del tempo, del tic-tac degli orologi. Forse. O forse era colpa sua, o colpa del caso se le persone che incontrava erano tutte destinate a perdersi nelle nuvole dei ricordi.

Come le nuvole nel cielo, i ricordi nella mente. Chiazze che cambiano forma e colore, che minacciano tempeste, ma a volte rimangono lì ferme: puri abbellimenti del paesaggio.

Era colpa dell’orologio al polso. Forse. O non era colpa di niente e di nessuno se momenti che sembravano portarlo al di fuori di ogni spazio e di ogni tempo dopo lo costringevano a tornarci, e la realtà che aveva abbandonato per entrare in una favola lo richiamava a sé… e di quel fantastico momento rimaneva una nuvola ricordo e magari una fotografia.

O era perché la vita è teatro e l’uomo è attore.

Da comparsa rappresenta bene la simpatica finzione di un’aggraziata marionetta che calca la scena solo perché è una bella esperienza da fare insieme a tanti amici, insieme ad una compagnia a cui vuole bene e che gli regala momenti indimenticabili. “L’importante è partecipare” è il suo motto.

E a volte ci crede veramente. Respirare l’aria di chi è utile, ma mai indispensabile gli rafforza le ossa e gli regala bevute di umiltà.

 

Io comparsa sono contenta di non essere il primo attore, che è lì, solo al centro della scena.

Io che ho una battuta, ho tanti amici, tante persone accanto su questo palco. Il protagonista è solo, antipatico e superbo… le sue ambiziose pretese allontanano gli altri e il nero della scena che lo avvolge è la nera solitudine in cui vive. E’ interessato solo al successo. Pensa che noi rappresentiamo i perdenti. Considera inferiori noi comparse, ci considera senza doti e determinazione. E’ colpa di quel ruolo più importante che gli è stato affidato e di quello che è diventato, che io ho perso un amico. “Si è montato la testa”.

 

Da protagonista è contento di calcare il centro del palco per dimostrare che è veramente il migliore. A volte ci riesce, quando si ricorda che il suo successo dipende anche dal resto della compagnia. Quando pensa di poter fare tutto da solo, invece, mette in scena un disastro di superbia.

 

Io protagonista ricordo con gioia i giorni in cui ero una comparsa. Come io uomo con gioia e con il sorriso i momenti della mia infanzia, in mezzo ai miei giochi e ai miei fratelli ancora piccoli.

Sono sempre lo stesso, cresciuto nella vita, con un ruolo più importante sulla scena.

Forse sono solo più ambizioso, ma perché ora posso permettermelo. Sentirmi un vincente prima mi sembrava stupido, dire che non mi sento di esserlo adesso mi sembrerebbe falsa modestia. Pura ipocrisia. E io voglio essere sincero. Sono al centro della scena, ma per fortuna accanto ho tante persone che mi circondano, quasi come fossero uno scudo di difesa. A volte però guardandoli, i miei amici della compagnia, mi sento solo… è come se mi guardassero diversamente. Pensavo che almeno loro sarebbero stati felici del mio successo e invece è più felice la signora della prima fila, che non avevo mai visto prima di allora. Eppure io gli voglio bene come prima, eppure io li tratto come prima, anche se molti mi dicono che ora sono diverso. Sono diversi loro, forse sono invidiosi. Si, sarà questo. Mi invidiano e “l’invidia- si sa- è una brutta bestia”.

 

Allora è colpa della comparsa. Forse. O forse è colpa del protagonista.

O forse non è colpa di niente e di nessuno.

E’ solo un copione, in cui ognuno ha la sua parte e scrive quella degli altri.

 

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