La casa era avvolta nella quiete.
Era una calda notte d’estate, una di quelle in cui il respiro tranquillo del lago abbraccia ogni cosa  in una sensazione di calma e di pace assoluta.
Il cielo era limpido, stellato e la luna alta ed immensa diffondeva un chiarore uniforme su tutto il paesaggio silenzioso, riflettendosi con un bagliore argentato sull’acqua nera, sempre in movimento, ma solo lievemente increspata.
Una brezza leggera, quasi un soffio impercettibile, muoveva appena la tenda socchiusa delle ampie finestre dell’ultimo piano.
La donna dormiva il sonno senza sogno e senza tempo della metà della notte, perduta nelle profondità di un abbandono totale e fiducioso.
Ad un tratto, non avrebbe saputo poi dire come, il rumore di un passo sconosciuto la richiamò dal luogo lontano dove il suo animo era andato a riposare.
Qualcuno aveva aperto e richiuso il cancello di ferro che cigolava sempre un poco quando da più giorni non pioveva, l’aria era più asciutta e i cardini facevano attrito.
Ora il passo risuonava sull’acciottolato a rizzata del cortile, un passo pesante e sicuro, come quello di chi ha percorso un lungo cammino, viene da molto lontano e, arrivato alla meta, è impaziente di ritrovare quanto va cercando.
Sentiva salire la scala…
Poi più nulla.
La donna restò così a metà di quella certezza e sicura di essere assolutamente sola.
Il cagnolino che dormiva con lei ai piedi del letto borbottò e si agitò nel suo sogno di cacce e rincorse per prati verdi nell’erba alta, ma tutto sembrava tranquillo.
Non le fu difficile, voltatasi sul fianco, riprendere sonno.
Non sapeva quanto tempo fosse passato – un attimo, un’ora, una vita? – ma il leggero scuotersi del letto la risvegliò e, nel bagliore che veniva dalle finestre a lago, lo vide.
Era un uomo giovane, nel fiore degli anni, biondo, pareva sdraiato su una dormeuse in fondo alla stanza, eppure era ben certa che quella dormeuse non ci fosse e non ci fosse mai stata.
La donna lo osservava. Non aveva timori, non lo avvertiva come un nemico, non si sentiva in pericolo.
L’uomo indossava stivali neri, pantaloni bianchi al ginocchio, una camicia bianca, sbottonata nei primi due bottoni; era semisdraiato, appoggiato sul fianco sinistro, se ne stava silenzioso e la guardava.
Uno sguardo intenso, azzurro e addolorato.
Un viso bello con due baffi folti simile ad un ritratto ottocentesco.
Avrebbero forse continuato ad incrociare gli sguardi per un tempo infinito se l’attenzione di lei non fosse stata presa dal cagnolino che, ben desto, puntava le zampette e guardava anch’esso l’uomo, finchè, diventato più risoluto, non iniziò un abbaio strano, quasi un uggiolio.
La donna si riscosse, accese la luce dell’abatjour e si accorse che la visione era scomparsa.
Non c’era nessun uomo nella stanza, nessuna dormeuse e il cagnolino, finalmente tranquillo, scodinzolava e le veniva vicino.
Si accucciò nell’incavo del suo fianco e si riaddormentò.
La donna era turbata, perché era ben certa di quello che aveva visto e il cane lo aveva confermato, ma non riusciva a giustificare e a spiegarsi l’accaduto.
Tenne la luce sul comodino accesa e dormì fino al mattino un sonno agitato e confuso.

11 pensiero su “Dormiveglia”
  1. Una notte agitata ma accompagnata da una visione forse indimenticabile per la protagonista.
    Le vecchie mura parlano, ascoltano e conservano segreti che a volte hanno bisogno di tornare alla luce.
    Un bel racconto, romantico. Mi aspetto un seguito. Quel cancello che cigola deve tornare ad aprirsi….
    Ciao e 5s
    sandra

  2. Cara Anna, molto bello il tuo racconto, mi hanno colpito due particolari soprattutto; il sonno senza sogno di lei, che quindi è una persona sola, senza più desideri o illusioni, e lo sguardo addolorato dell’uomo mentre la guardava, come se rispecchiasse la sua anima. Dopo che la visione è scomparsa, lei ha ritrovato l’inquietudine e quindi l’illusione o il desiderio, come se quella visione, anzichè inquietarla le avesse riacceso la vita. Bellissima la sensazione che mi ha lasciato, di rinascita, di speranza, come per dire che anche l’anima più buia si può illuminare, basta trovare un motivo per crederci. Brava. 5 stelle per 5. Un bacio da Betta

  3. Un incubo? Un ricordo venuto dal passato?
    Però il racconto non mi è piaciuto: “la donna” chi è? Ha un nome, una storia, un’età? Perchè questo sogno è stato raccontato? Perchè il cancello cigolava? Chi o cosa è quell’uomo? Troppe domande in sospeso ed una scrittura anche piuttosto sciatta.
    Voto 1 stella

  4. Complimenti Anna, un racconto molto bello, che si legge tutto di un fiato.
    Un abbraccio in compagnia di 5 stelle.

  5. Grazie alle amiche Sandra, Betta e Lucia che leggono, commentano, condividono, approvano e si pongono domande, che sono poi quelle che tutti ci facciamo davanti alle situazioni sospese, che a loro volta aprono diverse possibilità di soluzione.
    Tutti ci chiediamo cosa verrà dopo, cosa sarà scritto nella pagina seguente, come si comporteranno i personaggi che ora sono solo nella mente dello scrittore.
    La storia può continuare.
    Qualcosa accadrà.

    Per Sandro Corsari:
    Benvenuto tra noi.
    Spero di non aver urtato alcuna suscettibilità professionale con il mio racconto.
    Non ho descritto un incubo, ma ho affrontato un prologo, solo un po’ ad effetto, come deve essere un incipit che si rispetti e che ha lo scopo di catturare in ogni modo l’attenzione del lettore.
    Vedo che ha catturato la tua.
    Lo scritto può non essere stato di tuo gradimento.
    Càpita.
    Non tutto, per fortuna, piace a tutti.
    Non so, però, se sia davvero “sciatto”.
    Data, infatti, la ricchezza della lingua italiana e la inevitabile regionalità di tutti noi, forse in un luogo lontano da casa mia, il vocabolo assume differente significato da quello che io gli attribuisco.
    Tu, gentilissimo, cosa intendi per “scrittura sciatta” e per “sciatto” in sé?
    Attendo, se non ti dispiace, una cortese risposta, ovviamente con esempi e argomentazioni, se puoi.
    Grazie.

    Ciao a tutti
    anna

  6. X Sandro Corsari

    Ciao. Mi piacerebbe sapere che cosa indendi tu per scrittura sciatta. Per me, un lavoro é sciatto perchè é stilato senza cura, con trascuratezza…, ora, é chiaro che io ho già scritto il mio commento positivo su questo racconto, e francamente trovo la scrittura di Anna elegante e sobria. E’ per questo motivo che vorrei imparare, se esiste, il nuovo significato di “sciatto”, perchè non discuto ovviamente il gusto e l’interesse per il tipo di lavoro,
    ma il saper riconoscere la scrittura in un buon italiano dovrebbe essere compito del lettore.
    Grazie.
    Sandra

  7. Per Sandro Corsari
    Mi associo ad Anna e a Sandra ed aspetto che spieghi cosa ti intendi per sciatto.
    Poi riguardo al racconto ho detto già nel mio commento che mi piace e mi è piaciuto anche il fatto di non svelare chi fosse quell’uomo, ma di lasciare ad ogni lettore la propria chiave di lettura; ti faccio un esempio:
    quell’uomo potrebbe essere il marito che credeva morto, oppure potrebbe essere Dio che va a dirle di non sentirsi mai sola, perché Lui sarà sempre al suo fianco.
    Comunque non voglio dilungarmi troppo e spero che sarai così gentile da darci una risposta.
    Concludo rinnovando i miei complimenti ad Anna e tutta la mia stima nei suoi confronti.
    Lucia.

  8. Per Sandro Corsari

    Se penso a qualcosa di sciatto, mi viene in mente una persona trascurata, una cosa squallida, che, sinceramente non riesco ad attribuire ad un qualchessia racconto, adesso non voglio difendere Anna, che sicuramente è più preparata ed ha una cultura superiore alla mia, però, il tuo commento mi sembra quello di una persona che non riesce a volare con la fantasia, a vedere oltre il visibile, e Anna è una persona che invece, a mio parere, scrive ciò che vede con gli occhi dell’anima, da lei, secondo me, c’è solo da imparare.
    Betta

  9. Un saluto a tutti! Manca la mia, a quanto pare.
    Lessi questo testo poco dopo la pubblicazione su questo sito ma, come Anna stessa precedentemente disse, non vi è obbligo di commentare e valutare (in termine di stelline o di giudizi nei commenti) tutti i testi qui pubblicati.
    Innanzi tutto mi sa che tocca definire cosa sia questo “sciatto”; nella nostra lingua dicesi sciatto “un fatto eseguito con incuranza e poco impegno”. Mi tocca di conseguenza affermare che la scrittura di Anna è molto lontana dall’essere sciatta. Personalmente ritengo da dover imparare molto ancora ma so per certo che ogni parola che compone un testo di Anna è scelta e curata. Dal suo stile c’è solo da apprendere. Naturalmente un testo può interessare o meno. Io, che il termine sciatto me lo sono andato a trovare sul dizionario, credevo inizialmente si riferisse al ritmo della narrazione che neanche me ha colpito semplicemente per il fatto che io una visione notturna o un incubo lo vivrei e lo farei rivivere in modo più incalzante, con un ritmo più vivace… da suspance e tachicardia. Mi sa che c’è stato un errore di “termine”. Naturalmente sia Anna sia tutti gli altri autori di RaccontiOltre (siete avvisati!) ricevono sempre la mia “silenziosa” lettura e sanno che anche se spesso a mancare è un mio commento la stima, invece, è sempre presente!
    Ah, comunque anche io proseguirei questa storia.
    Un nuovo saluto
    Raf

  10. Ciao Anna, voglio farti i miei più sentiti complimenti per il tuo racconto: mi sono appassionata alla storia e spero che ci sia un seguito: per quanto riguarda il signor Sandro prima di parlare dovrebbe conoscere meglio il significato delle parole: Anna un saluto a 5 stelle.

  11. Mi sa che proseguirò la narrazione.
    E mi sa anche che Sandro Corsari, approfittando della nebbia che che stava per avvolgerlo, è scomparso nell’etere da cui proveniva, facendo vela con la sua nave per una nuova impresa “piratesca”.
    Comunque è vero.
    Secondo il Devoto Oli, “sciatto” significa trascurato, trasandato e vi si cita proprio come esempio “uno scrittore sciatto” per indicare un modo di esporre trascurato.
    “Noi”, pure, la intendiamo così.
    Forse era questo solo un modo di Sandro Corsari per attirare attenzione su di sè, un bel gioco da persona ben conosce i sistemi per attirare l’attenzione su di sè.
    Una sola cosa mi chiedo: perchè nel proprio nome “d’arte” nobilitarsi con un appellativo mirabolante: Sandro da Alessandro, derivato da aléxo+anér= protettore di uomini e Corsari che ha chiare origini nella marina di corsa che ha in Drake come suo primo e più celebrato esponente?
    Un omaggio alla vita reale?
    Un bel rompicapo psicologico direi…
    E se il nostro Sandro ha orecchie, sappia che il suo giochetto ha funzionato.
    Ovviamente la curiosità è donna. Ho letto alcuni suoi racconti.
    Non sono “sciatti”, ma devono piacere.
    Questo è il problema di ogni scrittore: piacere ai suoi lettori.
    Non vi sono alternative.
    Non sempre e non tutti i testi arrivano a chi legge.
    Le commentatrici donne che in quanto donne hanno un animo romantico, apprezzano il mistero romantico, Raf che è un giovane uomo vorrebbe azione e suspance.
    Accontentare tutti è arte.
    La strada mi sembra in salita.
    Proverò.
    Ciao a tutti
    anna

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