Sono il vampiro del mio cuore, un grande
Infelice, di quelli a un riso eterno
Dannati, e che non posson più sorridere!
E’ concretizzato un nulla intorno, sento
Di lancette furiose il ripido protrarsi;
La paura di bere la giovinezza d’un fiato,
Ma di simili non scorgo l’ombra.
Ti hanno detto che stavo bene? Nessuna
Delle mie infermità mi ha abbandonato;
Non sono forse un falso accordo nella divina sinfonia?
Di norma uso urlare il disgusto, ma questo
Piacere pian piano tramonta in arresa:
Eccomi ora a terra, tra gli sputi e gli insulti di morti,
A rivendicare il diritto alla smorfia.
Tutto il mio sangue, tutto, è questo nero
Veleno; e io non sono che lo specchio
Sinistro, ove si guarda la megera!
Non attendo altro che le stelle, ho sete
D’appagamenti e di vendetta.
Lasciate ora che tremi in solitudine:
Perché se solo tutto ciò avesse una forma, questo
Pensare un giorno mi seppellirebbe ignoto.
Sono come un uomo spossato che veda
Dietro a sé, negli anni profondi,
Solo delusioni e amarezza, e, davanti,
Solo una tempesta che nulla racchiude di nuovo,
Né insegnamento, né dolore.
Non più terreni fecondi per risorgere di nuovo,
Non più grida, non più tamburi, non più la danza;
Coltello e piaga, schiaffo e guancia, membra
E ruota sono, vittima e carnefice!
Non esiste un fiume Lete per questo.
Bella poesia, una riqualificazione del tetro, del surreale che è in noi, trasposizione del nero.
Forse leggendo queste parole potrebbe crearsi – od aggiungersi alle innumerevoli altre – un’immagine della mia persona che assolutamente rigetto, quella del pessimista nato (il pessimismo è solo una grande e divertente barzelletta). Tutto ciò che dico nasce da una profonda incompatibilità con ciò che ho attorno, questa sorta di habitat del sottosviluppo. E’ la ricerca di ‘simili’, o semplicemente di qualche buon amico, che preferisca la strada dello ‘sviluppo’ a quella dell’ignoranza di chi crede che vivrà per sempre.
Il mio è un atteggiamento orgoglioso di casta, che cerca d’essere provocante nella sua freddezza. Casta rappresentante di quanto è di meglio nell’orgoglio umano, di questo bisogno, troppo raro e sconosciuto presso gli uomini di oggi, di combattere e di distruggere la volgarità.
Lafcadio
Combattere e distruggere la volgarità in tutto il suo insieme é anche un mio impegno.
Molto bella. 5st.
sandra
Mi piace questa poesia a canto e controcanto, elegante e ricercata nella composizione e nell’esposizione.
Mi piacciono anche le tue parole a commento:
fa bene il riconoscersi preziosi, perchè lo svilimento e la pochezza non conducono a nulla se non alla rinuncia, all’omologazione e al niente.
Ciao
anna
5 s.
Molto bella!
Molto intensa!
Conosco gente che vive nell´ignoranza di vivere per sempe, mi hai colpito
´Amica´tua nella ricerca…
5stelline, e un abbraccio.
Tilly
Anna grazie per aver colto, e grazie per i complimenti – in buona parte è la mia vanità che parla -. Comunque era questa una forma che cercavo da tempo e non può che farmi piacere il sentirla apprezzata.
Tilly mi raccomando tienimi informato su quanti riesci a trovarne…
Un sorriso, che mai è volgare,
Lafcadio
Bella ma non è opera tua, perchè non dici che è tratta dal libro di poesie dei poeti maledetti “I Fiori del Male” raccolta di Baudelaire?