Il contorno della finestra sembra sorridermi mentre lo guardo cercando di scovarne l’aldilà. Respinge la mia volontà, la placa, è anestetizzata e quel che i miei occhi comunicano al cervello è una frase priva di senso: “La finestra ride…”

Sorrido pure io anche se l’attesa mi sta consumando fin dentro le viscere. Vorrei vedere oltre, vederla arrivare con indosso il cappotto blu, con i guanti di velluto, lisci e lucenti. La capigliatura riccia, confusa e ribelle allo stesso modo. E invece quella stessa smania mi costringe nell’irrealtà.

Distolgo per un attimo lo sguardo in cerca di conforto e vedo Henry disteso sul divano che se la dorme in abbondanza, tranquillo e leggero, non russa ma forse è solo il mio udito che non percepisce il sottile fruscìo del suo star bene. Ah, essere gatti…!

Davanti a me ancora la finestra, sembra che sia più astuta di quanto io immagini, adesso disegna un contorno triste, ammutolito dalla mia persistenza, come un detenuto guardato a vista in una cella dispersa in uno di quelle carceri di massima sicurezza, immense, dalle quali è impossibile evadere. “Non sarà certo privandomi dell’intimità che avrai ciò che vuoi. Non dipende dalla mia volontà il suo ritorno”.

E così difficile da credere, anche le mie orecchie hanno deciso di abbandonarmi, di lasciarsi andare alla pazzia, a qualche medico con l’urgente bisogno di testare su di una mente disconnessa dal corpo in cui alberga,  i faticosi risultati di ricerche compiute per anni su piccoli e innocui topini inconsapevoli del mondo.

C’è oscurità intorno a me, si è fatta sera, forse notte. Mi alzo, e come succede ormai da tempo, segno sul calendario un NO in rosso a fianco del numero che indica il giorno appena trascorso.
 
La mia condizione sta inesorabilmente peggiorando, devo piantarla di combattere contro quegli stupidi vetri. Chiudo gli occhi in attesa che Morfeo bussi alla porta e mi porti con sé, confortato da un pensiero: domani finirà tutto, la vedrò scendere con eleganza gli scalini del giardino e questo incubo si prosciugherà come una pozzanghera al sole caldo dell’estate. Coraggio, un sorso in più, solo un sorso in più.

Un pensiero su “Un Sorso In Più”
  1. Un bel “corto” che esprime appieno, il desiderio, l’aspettativa, la delusione e il ricomporsi del sogno. Il tutto nello spazio limitato di una stanza, con un’unica vista, metafora di un’unica prospettiva.

    anna

    5 s.

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