“E quando succedono queste cose, come fai a non credere nel destino?”
“Ma perché, tu ci credi?” Silenzio. “Ci credi davvero, intendo”
“Sì”
“Ah”
“Perché, tu no?”
“Non lo so”
“Che risposta è, che vuol dire ‘non lo so’? O ci credi, o non ci credi”
“Non è così… lineare”
“Io non ci vedo nulla di complicato”
“Io sì. Secondo me è troppo semplicistico dire ‘è il destino’. Anzi, non semplicistico. Vigliacco. Ecco cos’è. E’ da vigliacchi. Uno, in questo modo, rifiuta di prendersi le proprie responsabilità, addossando le cause delle decisioni che lui in prima persona ha preso, a una qualche entità astratta, chiamata Destino, Fato o Malasorte, anche, a seconda di quanto uno sia stato stupido nelle scelte compiute”
“Non credi sia un po’ triste?”
“Che cosa?”
“Questo tuo nichilismo”
“Io non sono nichilista!”
“Sì che lo sei. Non te ne rendi conto, forse, o più probabilmente vuoi ignorare questo tuo lato, ma altroché se lo sei. Non ho mai visto nessuno mettere tanta dedizione nel tentare di annegare volontariamente la propria anima nel niente più assoluto”
“…”
“Non ci avevi mai pensato?”
Si passa nervosamente una mano fra i capelli, un paio di volte. Lui si sistema gli occhiali scuri bene sul naso, la luce accecante del sole che si riflette sulle lenti. Intorno scorre la vita normale. Macchine che passano, un cameriere che prende le ordinazioni, lo scatto di un cancello, una bambina che lecca il suo gelato pericolosamente in bilico. Si accende una sigaretta, lui alza gli occhi al cielo.
“Vedi come sei, nichilista e per di più testarda, che non vuoi mai riconoscere le cose”
“Ahnah”
“Non ti sei appena accesa una sigaretta?”
“…”
“Ecco appunto”
“Questo non c’entra niente”
“No, infatti. Ma non posso pensare che tu non creda in qualcosa di superiore. Mi sembra un volersi fare volontariamente del male. E poi, considera queste cose con me. Alla luce di certi avvenimenti, ti sentiresti davvero così sicura di affermare che non esiste il destino? O ancora. Immagina di essere in un luogo deserto, in mezzo a una tempesta. Alla fine ti renderai conto che ti manca qualcosa. Perché se è vero che inconsciamente ognuno segue il proprio destino, è anche possibile che quest’ultimo venga smarrito. Ebbene, dammi dello stupido, ma io ritengo che sia a causa del vento che questo si perde, addirittura, mi sento di dire che è il vento che segna il destino di ognuno di noi. Prova a fermarti in un posto dove il vento non smette mai di soffiare, alza la polvere e scuote le canne, ti solleva le vesti e ti scompiglia i capelli. Ti confonde. Entra dentro di te e tu nemmeno te ne accorgi, sembrerà che ti carezzi dolcemente come la mano di un amante in un momento di tenerezza. E invece; e invece sarà allora, sarà con una carezza del vento che perderai il tuo destino”.
Macchine che passano, il cameriere che porta le ordinazioni, il ronzio di un cancello, il rumore di qualcosa che lievemente cade a terra. La bambina piange: è caduto il gelato.
Uno spicchio di vita. Mi piace.
5st.
Sandra
Interessante, molto. Far dialogare i personaggi per affrontare un argomento funziona bene quando le battute si rincorrono con fluidità, come accade in questo breve quadro che hai scritto così bene.
Bello. Strano è il destino. Il mio è arrivato portato dal vento. Prima mi ha fatto diventare un velista e poi, come fosse una conseguenza naturale, mi ha spinto a scrivere.
5st.