Anna è sempre in ritardo e tutte le sere rischia di perdere il treno. Finito il suo turno di lavoro si cambia in fretta e scappa di corsa alla stazione che, fortunatamente, non è lontana. Quel treno che sembra stanco, che si ferma a tutti i pollai, ci mette un’ora e diciotto minuti a percorrere pochi chilometri, quasi tutti in galleria.
Quel misto di lamiere gelate o bollenti, sedili macchiati e impolverati, odori sgradevoli, persone perse nei loro problemi, collega le due vite di Anna: il lavoro e Margherita, sua figlia.
Margherita ha sei anni ed è stata concepita un giorno di maggio, all’ombra di un pino marittimo, figlia di due gioventù con il mondo davanti e nessuna esperienza alle spalle.
Lui, il padre, è un ragazzo cresciuto fra i motori, le chiavi inglesi e la benzina dell’officina del padre. Un sogno: diventare un pilota di auto. Una realtà: portare avanti l’officina e provare a essere un buon padre.
Anna, il sogno di diventare un veterinario l’ha messo in un cassetto; studierà e aprirà un suo ambulatorio, quando Margherita sarà cresciuta, pensa e spera.
Di mattina le persone che Anna incontra sul treno hanno voglia di chiacchierare. Sono riposate e, forse, scambiare due parole serve loro a svegliarsi del tutto. La sera non parla mai nessuno. Le stesse facce che il mattino sono pronte a discutere, persino del libro famoso che hanno letto senza capirci niente, la sera spegnono gli occhi chiudendo i contatti con il mondo.
Anna cerca sempre un posto, sulla sinistra, vicino al finestrino. Si vede il mare, ogni tanto, fra una galleria e l’altra, ma non è il mare a interessare Anna.
Anna aspetta l’attimo, l’immagine sfuggente, che da sola, al volo, riassume e dà un senso, alla sua vita.
Appena prima dell’ultima galleria il treno percorre un tratto aperto e dal finestrino Anna può vedere una piccola valle che finisce in mare. Sulla costa est della valle, fra pini marittimi, ginestre, rovi e filari di viti sorge un’antica torre d’avvistamento.
È lì, dietro a quella torre, che la sua vita ha svoltato prendendo un sentiero imprevisto.
È lì, più tardi, che ha scelto fra Margherita e la sua gioventù spensierata e ogni sera, fra sé e sé, rivedendo la torre, torna a scegliere.
Torna a scegliere sua figlia.
La sua nuova vita.
Un racconto ben scritto. Belle le immagini sul treno e soprattutto reali. Un pezzo di vita comune a molte persone, realtà di molti.
Il sogno nel cassetto…., chissà se verrà realizzato, ma la cosa più importante, fondamentale e meravigliosa è la propria maturità nel saper scegliere
senza alcun rimpianto ma serenamente l’essenza della vita.
E’ un piacere leggerti. 5st.
Sandra
“Anna aspetta l’attimo, l’immagine sfuggente, che da sola, al volo, riassume e dà un senso, alla sua vita.”
Questa sola frase vale il racconto, forse perchè mi chiamo Anna anch’io.
La vita è una continua successione di attimi in cui ognuno è chiamato alla scelta.
Credo che tu abbia in questo racconto sintetizzato tutto ciò in cui credo.
Ciao
anna
5 stelle
Bellissimo senza null’altro da aggiungere.
Raf
Molto bello sei stato/a bravo/a.
La vita è un bivio continuo… ogni passo può cambiare il corso della vita… ogni bivio una nuova possibilità… Bel racconto, complimenti!
Spero che la “tua Anna” virtuale voglia rivedere ogni giorno quel luogo importante, che, anche per soli pochi attimi, le ricordi che la vita è fatta di scelte che possono sembrare piccole e insignificanti ma che portano radicali cambiamenti, e siamo noi stessi a decidere se ne è valsa la pena oppure no.
Trovo che il senso del racconto sia proprio questo: accettare che dai nostri si o no derivi il nostro destino e li ricollego al concetto di libero arbitrio della “nostra Anna” reale. Bello
un saluto Lu
Grazie Sandra, Anna e Raf.
Questo racconto, tanto breve che da altri è stato definito “sintetico”, è nato da due chiacchiere, al telefono, con una amica ed è, effettivamente, una sintesi, con qualche licenza, di ciò che mi ha raccontato di lei.
Mi diverte rubare cocci di storie e usare, poi, altre parole per ricomporli o fotografarli, forse, come in questo caso.
Ciao.
Caro Giorgio,
non definirei affatto il racconto “sintetico”, direi invece che è un “corto”, cioè un testo che in un migliaio di battutte avvia, sviluppa e completa la narrazione.
E’ bello così com’è.
Comprendo e condivido quel tuo modo di raccogliere conchiglie sulla spiaggia della vita propria e altrui.
Da questo l’empatia di chi legge.
Ciao
a.
Un bel racconto, ricco di sentimenti.
Complimenti e 5 stelle.
Bello, senza fronzoli, essenziale.