La sfera d’acciaio, appoggiata sulla rete disposta come soffitto della stanza, appariva sempre più minacciosa.
Vedevo le maglie tendersi sino all’inverosimile, per controbattere il peso dell’enorme solido.
Cominciai a tastare le pareti della stanza, tinte con un color ocra quasi nauseabondo. Passai le dita sulla fredda superficie ridipinta da poco. Percepivo attraverso i polpastrelli i grumi di vernice lasciati dal maldestro imbianchino che aveva eseguito il lavoro.
Gettai uno sguardo allarmato alla sfera: continuava a premere sulla rete, forte della sua mole.
Non sapevo cosa cercare su quelle spoglie mura, ma continuai ad ispezionarle.
Speravo forse in una piccola leva che azionasse un pannello segreto, o una porta a scorrimento celata chissà dove.
Le mie mani correvano veloci, cercando di scacciare la tensione che mi opprimeva.
Arrivò improvvisa un’ondata di piacevole sollievo: un piccolo bottone ottagonale si trovava proprio sotto il polpastrello del mio indice destro. Tastai delicatamente il piccolo oggetto, quasi invisibile.
Si materializzò per qualche secondo un opprimente dubbio: premere con il dito o proseguire la ricerca.
Uno sguardo veloce alla sfera e le parole mi uscirono di getto. – “Ok, vada per il bottone”.
Il piacevole rumore del contatto elettrico, quasi liberatorio, poi l’odioso scricchiolìo della grata che si inclinava lentamente.
Lanciai una sconsolata e laconica smorfia in direzione della telecamera installata all’interno della sfera.
Non sarei mai diventato il campione di “Decisioni Rapide”.