Siamo ormai nel pieno della globalizzazione, i confini sono stati allargati e tutti gli stati comprano e vendono all’interno dell’Europa senza limiti. Ma alle stesse condizioni?

Per il riciclo è tutto diverso, L’Italia batte il record delle scartoffie, più burocrazia che materiali raccolti, autorizzazioni, formulari, registri, mud e tante, ma tante cose che gravano sui costi di un’azienda che ricicla. Ma a chi non lo fa cosa gli fanno, tortura?

Tutti questi costi mettono in condizione le aziende italiane di non poter competere sul mercato europeo, e neanche su quello nazionale, visto che nonostante non abbiamo più spazi per le plastiche da riciclare, i consumatori di granuli acquistano all’estero perchè più economici, prodotti facilmente realizzabili con i nostri rifiuti. Doppia beffa, i rifiuti degli altri arrivano da noi come materia prima ridiventando rifiuto a fine vita, i nostri non sono riciclati perchè non conviene più farlo, troppe carte.

Un giorno a Milano ho conosciuto un barbone, molto simpatico e gran giocatore di scacchi, che mi ha raccontato la sua storia sui marciapiedi della città del business.

Tra una partita di scacchi e l’altra fiutò il business del riciclo, non aveva niente, nessun impianto, nessun mezzo, niente di niente. Pensò però che l’unica cosa con la quale sarebbe rimasto sempre in contatto era l’immondizia, già tutte quelle bottigliette in plastica che trovi ai bordi delle strade, nei parchi e che addirittura il cinese lascia sulle scale del duomo. Il barbone che per comodità chiamerò Franco riuscì a capire che quelle plastiche potevano essere vendute a dei riciclatori di plastica, iniziò così una meticolosa raccolta, come ripostiglio ha usato tombini e pozzetti, addirittura effettuava la riduzione volumetrica saltandoci sopra o con un coltellino infilando le bottiglie da mezzo litro dentro quelle da litro e mezzo o due. Ovviamente il Franco è il mago delle intercettazioni, lui sente tutti quelli che passando dalle sue parti parlano al telefono, dice che alcuni strillano per via dell’auricolare e non so come, scoprì che quelle bottiglie potevano anche valere le vecchie 400 lire al Kg. In realtà in certi periodi valgono molto di più, forse il doppio.

Franco passava tutti i giorni davanti ad una vetrina dove a farla da padrone c’era una scacchiera bellissima, molto diversa da quella in cartone che usa lui, con tutti i pezzi nuovi e non rosicchiati da chissà quale roditore suo coinquilino.

Capì che con il continuo ripulire della città, era estate e si raccoglievano anche 70 bottiglie al giorno, un giorno si sarebbe comprato quella scacchiera.

Ai tombini pieni del suo tesoro dava i numeri della scacchiera, lui la conosce a memoria e gli resta facile da individuare, e per tutta l’estate, saltando come un pedone, viaggiando spedito come un alfiere guadagnava virtualmente la sua scacchiera.

Arriva novembre e Franco stima la scacchiera fatta di tombini e roditori in circa mille chili, basta per l’acquisto degli scacchi nuovi e pure per qualche provvista, fa freddo a Milano e se sei a digiuno ancora di più. Manca solo il cliente e con qualche spicciolo riesce a fare delle telefonate a riciclatori i cui nomi li ha vinti a scacchi con i netturbini di Milano.

Le frasi che sente sono: numero dell’autorizzazione per i rifiuti, mud, albo smaltitori, e soprattutto, assai imbarazzante, l’indirizzo. Per un attimo è tentato di andare in comune a chiedere la documentazione, ma crede, ed ha ragione, che sicuramente alla voce indirizzo si sarebbe bloccato.

Oggi Franco gioca a scacchi con la scacchiera di cartone, ed ha un fusto di metallo dove ogni notte brucia delle bottiglie di plastica per scaldarsi, ne ha circa 25000 da smaltire, ovviamente nella maniera più abusiva del mondo, forse forse, considerato cosa gli succede se lo scoprono, era meglio lasciarle sulle scale del duomo. Peccato per la scacchiera nuova, ma d’altronde il gioco degli scacchi è l’unico nella quale non servono soldi, fisico e vestiti adatti, lì ci vuole solo la testa e Franco ce l’ha attaccata sulle spalle, nello stesso indirizzo del resto del corpo, MONDO.

Forse Franco non lo incontrerete mai, o forse ci avete giocato a scacchi, ma signori, su quella scacchiera di cartone lui ha tutti i requisiti per fare il RE.

Se vedete una bottiglia in un tombino, non fatevi troppe domande su come ci sia finita, pensate che forse più in la c’è Franco che sorveglia il suo piccolo MONDO DI PLASTICA.

6 pensiero su “Un mondo di plastica”
  1. Sai…, devi sapere che in questo sito abbiamo, ogni tanto, la visita di – stella solitaria -, trattasi di una persona strettamente limitata che ogni tanto, forse neppure dietro lettura, si diverte a dare 1.
    E’ ovvio che i gusti sono gusti, e che ognuno è libero di dare il voto, ma, e ribadisco limitata, perchè non motivandolo mai, temo che non sappia neanche mettere insieme due parole nella nostra lingua…
    Siamo in tanti su questo Pianeta….
    Sandra

  2. I miei complimenti.
    E’ un bellissimo racconto, un testo ottimo anche per il Caffè Letterario
    Il contenuto è reso più che bene nella forma espressiva.
    5 stelle vere, non di plastica.
    Ciao.
    anna

  3. Sai, alle volte le cose devono essere pratiche e organizzate per funzionare…
    forse Franco poteva anche fare qualche lavoro sociale, forse non vuole veramente vivere in società, ma morderne solo un pezzo per realizzare il suo sogno.
    Gli hai portato in un giorno di un anno la scacchiera che desiderava?
    A lui non interessa la società, lui vuole la sua scacchiera, gli è stata donata?
    Ciao!

  4. Buongiorno a tutti,
    sono stato fuori per un pò e non immaginavo di ritrovare così tanti commenti. Anna e Sandra la vostra lettura lusinga le mie righe, e vi ringrazio.
    A folletto dico che a Franco non deve interessare la società, lui è la società. Quella di oggi, fatta di persone che hanno un solo obiettivo e che spesso non raggiungono. Franco però non è presuntuoso ed ha imparato ad accontentarsi della scacchiera di cartone, mentre qualche ragazzino a pochi metri da lui fa i capricci per l’I Phone.
    Grazie di cuore
    Palmy

  5. Franco non rappresenta veramente la società.
    Franco la società la subisce, il suo pensiero rivolto a quel che desidera lo rende unico in quell’istante, desiderare vuol dire vivere.
    Il carburante che ci permette di saltare l’ostacolo, è il desiderio…
    Tutti viviamo con le nostre incertezze, coi nostri desideri e sogni chiusi in un cassetto che un giorno forse, avremo il coraggio di aprire.

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