Volevo solo far meditare su un quesito e cioè quando si possa considerare uno scritto vera e propria letteratura… Sempre e comunque? O solo quando rispetta una certa rigorosità e correttezza formale? Pensiamo al “Nome della Rosa” o al “Codice Da Vinci” per intenderci e ai loro relativi successi…
A presto…
Direi che la letteratura intesa come forma di espressione umana, comprenda tutto. Dipende da cosa intendi per “vera e propria letteratura”?
La letteratura si può esprimere in una forma determinata, come appunto può essere un romanzo, oppure un resoconto storico, un trattato scientifico…
La letteratura può esprimere la cultura di un popolo, la letteratura è la traccia indelebile lasciata dagli uomini alle generazioni successive.
Quindi ogni parola scritta, ha in sé un suo significato, che viene a sua volta interpretato dal mondo e dal contesto di cui entra a far parte.
Considerando la nostra irriverenza da pennivendoli in erba abbiamo forse, la presunzione di percorrere a scansioni binarie una sorta di ragionamento lucido e ingombrante. Nelle schermaglie della vita regna sovrano il compito e desiderio di rubare a un avvenimento, una carezza, un’illusione qualcosa di più consistente che l’emozione implicita incastonata in ghirigori di parole.
Scrivere perché il colloquio di punta all’apertura è sempre un’idea dalle forme perfette,il rubricare del dialogo sollecita a non fermarsi all’apparenza delle superfici e guardare oltre, in un continuo presentimento che qualcuno è alla parete, come uno spirito e ascolta.
Noi ci osserviamo così, nello spettacolo dell’Arte che non ha mai soffocato in sé l’innocenza delle pagine e affranca la costante del Sentimento con l’esasperata pietà e ribellione per la condizione dell’uomo e le proprie ingiustizie sociali.
Io credo che la scrittura attraversi sempre più livelli, passando in continuazione da un’altezza all’altra e in un sistema d’ignoti scrivani o insigni letterati, meriti sempre e comunque il plauso limpido e scintillante, poiché vero strumento d’introspezione.
Così come sa essere espresso, anche nella normalità e nell’errore: pura aurea parola.
Nell’esercizio del suo significato possiamo riconciliarci con nuove riflessioni e niente andrà perduto. Questa stessa propensione dissanguata sul lastrico molle che ci stiamo raccontando, finirà per avvicinarci a lenire una lenta espiazione.
E il parallelepipedo di pagine, anni e ricordi, saranno fili di gioiello incollati alle dita delle nostre composizioni.
Alla faccia della chiarezza… ma quando parli con le persone “reali” in carne e ossa, parli in questo modo? Non si capiscono i tuoi “ghirigori” di parole…
Siamo stati invitati da Almost Blue a meditare su un quesito e cioè quando si possa considerare uno scritto vera e propria letteratura.
Quindi ho riflettuto e risposto alla mia maniera, come sopra espresso, da pennivendola in erba.
Non mi sembra tu abbia fatto lo stesso.
La significazione del post , se non l’hai capito, è un’altra…
Con garbo, Greta
Probabilmente è vero che dal momento stesso in cui si scrive con passione, si scrive “letteratura”.. eppure mi risulta così difficile ritenere un mio scritto, per quanto sentito, per quanto MIO, parte della NOSTRA letteratura.
Forse perchè un testo diventa letterario quando trasmette qualcosa, quando la sensazione provata dallo scrittore, viene trasmessa al lettore ignaro del meccanismo e dei processi che hanno portato alla realizzazione.
La letteratura è un bell’inganno. Bello davvero.
“I nostri antenati scrivevano una prosa fatta di lunghe frasi belle e tornite come boccoli; noi – pur avendo imparato a scuola a scrivere come loro – ci esprimiamo in frasi più brevi, che mirano al fondo delle cose; e nessuno al mondo può liberare il suo pensiero dalla moda linguistica del tempo. Perciò nessuno sa se pensa esattamente quello che scrive; e, scrivendo, l’uomo non distorce tanto le parole quanto le parole l’uomo.” (R.M., ~1935)
Il successo non decreta alcuna vera letteratura, ai mattoni preferisco un bell’ aforisma. L’importanza di uno scritto è che contenga un messaggio di stimolo a pensare, chi se ne frega della letteratura.
Non è difficile pensare lo è riuscirci.
La domanda è fondamentale per uno scrittore o aspirante tale, ma non può prescindere da un altro quesito: cosa è la letteratura?
Se intendiamo come letteratura tutto ciò che è stato scritto con il fine di dare un “messaggio” di qualsivoglia genere a contemporanei e posteri, tutto ciò costituisce la storia letteraria di un popolo o di popoli che ne condividono la storia.
Se, però, ci stiamo chiedendo quando uno scritto diventa opera letteraria, intendendola come emblematica di quel popolo, di quel momento storico, per quel gruppo sociale, possiamo fare riferimento a pochi scritti che hanno la capacità di concentrare tutte queste aspettative in una sola opera.
Molto di quanto viene pubblicato al giorno d’oggi che ha grande risonanza grazie alla pubblicità, alla facilità di comunicazione e di diffusione tipica del periodo in cui viviamo, sarà dimenticato altrettanto facilmente nei secoli futuri; infatti, se ci pensiamo, nelle varie storie letterarie si ricordano pochi autori per ogni secolo.
E’ certo che chiunque scrive vorrebbe lasciare traccia perenne di sè, come ogni filosofo vorrebbe dire l’ultima parola sull’essere, ma sappiamo che, nel continuo divenire delle cose, “panta rei”.
E’ interessante, a questo proposito, dare una scorsa al link sui libri più belli del sito che ci ospita per vedere quanto sia limitato l’elenco dei testi citati non solo per gli autori, ma anche per l’arco temporale che li riguarda.
Per finire, molti libri che oggi vanno per la maggiore che hanno successo di cassetta, valgono poco; talvolta destano clamore per argomenti che trattano e la curiosità umana spinge all’acquisto e alla lettura, ma se si guarda alla scrittura, aldilà della scabrosità, sono di una noia ed inconsistenza infinita.
Ciao
I geni non vengono capiti, ma hanno la verità e l’originalità. La letteratura vera, o almeno quella che ha successo è certamente determinata dalle situazioni e dai contesti, dal suo destino ma poi credo che dentro vi è come un ‘quid’ che la rende alla storia e al destino appunto; un’altra componente è la leggerezza, la brevità ma come diceva anche Rossogeranio anche la purezza della parola, in quella adesione ad una ‘unicità’ che solo la persona stessa può dare; la correttezza non basta bisogna cercare l’interesse nel lettore, creare il mistero e credo che ciò che ancor più veramente crei e dia il successo è la capacità di saper incastrare i pezzi tra loro, inserire le scene, saperle gestire e non è semplice.
Poi ovviamente dipende dai punti di vista con i quali la si guarda però certamente la letteratura è accolta dal suo tempo e questo dice molto. Oggi ci vuole suspense, ambiente e leggerezza.