Ho vent’anni e non sono un tipo loquace, anzi direi che non apro mai bocca se non per dire il minimo indispensabile. Questo è un difetto che tutti mi hanno sempre rinfacciato. Se vogliamo chiamarlo difetto. Io l’ho sempre considerato semplicemente un modo di essere. Non mi impiccio molto degli affari degli altri e quindi, certe volte, quando mi viene chiesto qualcosa a proposito di qualche mio collega, non posso fare a meno di rispondere che non lo so. Tra l’altro non amo tanto instaurare rapporti di amicizia sul lavoro. Passo con loro già troppe ore durante il giorno, figuriamoci se mi vado a infognare anche con cene o dopocena. Preferisco tenermi la mia compagnia di amici. Non sono molti, al massimo 4 o 5 ma con loro sto bene.

Lavoro in una ditta di pulizie ormai da tre anni e tutti mi vedono come un tipo tranquillo, solitario. Il mio capo è un negriero, continua a tormentarmi con lavori stressanti, dice che sono così bravo che certi tipi di lavoro li può dare solo a me, che si fida solo di me.

Come oggi, vuole che io vada nella sua villa e che pulisca i vetri. La giornata è pagata normalmente quindi non c’è nulla di male. L’unica scocciatura saranno i commenti di domani dei miei colleghi. Cominceranno a insinuare che io sono il cocco del capo, che prendo di più perchè sono un leccaculo e cose del genere. A me non importa, io faccio il mio lavoro e torno a casa la sera senza problemi, dormo sonni tranquilli e la mattina dopo torno a fare il mio dovere.

Il mio capo ha circa quarant’anni e vive in una lussuosa villa in collina che affaccia su tutta la pianura e gode di un panorama bellissimo. E’ un tipo deciso e pignolo e guai a farlo alterare. E’ capace di licenziarti da un momento all’altro per una minima stupidaggine. “Tanto di tipi come te ne trovo quanti ne voglio!!” continua a dire a chiunque faccia un ritardo o pulisca male un’area che gli è stata assegnata. Incute timore a tutti e quindi tutti cercano di rigare dritto il più possibile per non cacciarsi nei guai. Questo però genera alle sue spalle una marea di insulti che nessuno avrà mai il coraggio di riferirgli se vuole tenersi stretto il lavoro in questo periodo di magra.

Con me invece è diverso, mai una parola di rimprovero, mai un urlo e forse è questo che genera tanta invidia nei miei confronti da parte dei miei colleghi. “Potresti essere mio figlio” mi dice sempre prima di congedarsi e questo infonde in me un po’ di gratitudine nei suoi confronti e anche un po’ di affetto.

Sono arrivato chiaramente in perfetto orario, suono il citofono e sento un rumore nell’interfono come di una cornetta che viene alzata. Automaticamente si accende una piccola luce di fianco alla piccola telecamera del videocitofono. Qualcuno mi sta osservando all’altro capo del filo e io accenno un mezzo sorriso posizionandomi proprio di fronte all’obiettivo. Altro rumore, la luce si spegne e il cancello si apre automaticamente.

Entro e parcheggio la macchina. Mi avvicino alla porta d’ingresso, è aperta di circa una spanna. Cosa faccio? Entro? In fondo mi stavano aspettando.

“Vieni avanti… ti stavo aspettando” Era la voce del mio capo sempre decisa e austera. A quel punto spingo la porta ed entro sicuro.

“Buongiorno signore, sono venuto per fare i vetr….”

“Si si lo so, i ferri del mestiere sai dove sono, io devo uscire, quando hai finito chiudi la porta, il cancello si apre con il tasto vicino al muretto”

Prende la sua ventiquattrore ed esce dalla porta sbattendola dietro di se. Doveva avere veramente tanta fretta per mollarmi li in quel modo. Poco importa, tanto meglio così, risparmierò parole inutili.

Questa casa mi affascina sempre parecchio, è enorme ma allo stesso tempo accogliente e non nego che tutte le volte che ci vengo amo passare la mia mezz’oretta di pausa sdraiato sul divano.

E’ meglio che mi metta al lavoro, se riesco a finire presto magari mi ci faccio anche un sonnellino.

La mattina scorre lenta, al di là delle finestre il sole picchia forte e il caldo comincia a farsi sentire visto che è iniziata l’estate da una ventina di giorni. Mi sono tenuto quelle più semplici e basse per il pomeriggio per fare in modo di essere più tranquillo.Tanto mi sono impegnato che me ne rimarranno al massimo due.

Ormai è ora di pranzo e io tiro fuori dalla mia borsa il panino che avevo preparato questa mattina. Sono in anticipo sulla tabella di marcia e ora il divano mi aspetta, schiaccerò un bel riposino e poi riprenderò a lavorare. Lui non rientrerà che prima delle nove di sera, deve passare a controllare che tutti facciano il proprio dovere in tutti i cantieri aperti. Mi rilasso e mi addormento quasi subito…

Dopo circa mezz’ora il mio sonno viene interrotto dal pianto di un bambino. Apro gli occhi e di scatto mi rimetto a sedere. Nella poltrona di fronte a me una ragazza che ha all’incirca la mia età sta cullando un neonato e sta cercando di tranquillizzarlo.

“Scusami non sapevo che ci fosse qualcuno in casa”

La ragazza di tutta risposta porta un dito sulle labbra facendomi cenno di tacerre. Nelle sue braccia il neonato infatti, ha già accennato a smorzare il suo pianto e in pochi secondi si riaddormenta con il ciuccio in bocca. La ragazza alza lo sguardo, mi sorride e riporta gli occhi sul bimbo. Si alza piano e lo mette nel passeggino.

Dove avevo visto quella ragazza? Il viso mi era familiare ma non riuscivo a ricordarmi dove lo avevo visto. E’ vestita in modo strano. Da una prima occhiata sembra appena uscita da un film degli anni 80. I jeans sono attillatissimi e sembra che la stringano in una morsa che quasi le ferma il sangue. La maglia molto larga sul collo è coperta da un gilet di pelle nera con qualche spilla. I piedi nudi. I capelli sono cotonati e un fiocco di seta rosa orna una coda che le arrivava fino a mezza schiena. Sembra di essere in casa con una fan di Madonna. Comunque è una bella ragazza e io ne rimango ammaliato. Il suo corpo sinuoso è solo un po’ appesantito da una gravidanza evidentemente appena conclusa.

Non dice una parola e sposta il passeggino dietro una porta così che nessun rumore possa disturbare il sonno del piccolo.

Chiusa la porta si gira verso di me e mi guarda dritto negli occhi. Rimane ferma per qualche istante, poi si incammina nella mia direzione. Si avvicina sempre di più e ormai è arrivata a circa mezzo metro dalla mia faccia. Io penso che si fermi e invece lei continua ad avanzare, tanto che mi viene istintivo indietreggiare di un passo. Lei mi raggiunge e senza che io possa opporre resistenza, poggia le sue labbra sulle mie. E’ una sensazione strana, le sue labbra sono morbide ma asciutte. In un primo momento mi abbandono e la lascio fare, poi mi viene in mente che sono in casa del mio capo. La prendo per le spalle e la allontano da me.

“Scusami… non è che tu non mi piaccia… ma è che, anche se non sembrava, io sto lavorando… hem… per meglio dire… io stavo per rimettermi a lavorare. Non vorrei perdere il mio impiego…” Per tutto il tempo che io ho parlato lei ha continuato a guardarmi con occhi languidi, quasi a supplicarmi di darle un po’ di passione. Rimango zitto. Lei si libera dalla mia stretta e si riavvicina a me. Ricomincia a baciarmi e questa volta osa un po’ di più schiudendo le labbra per unire la mia lingua alla sua. A quel punto mi abbandono anche io. Non capita tutti i giorni che una donna così bella si conceda a te senza nemmeno conoscerti. Improvvisamente provo un brivido nella schiena nonostante la temperatura a quest’ora del pomeriggio abbia già raggiunto i 28 gradi.

Continuiamo a baciarci e sento che ormai i baci non mi bastano più. Provo, staccando le mani dai suoi fianchi, a risalire la sua schiena e a farmi più audace anche io. La mano passa nella parte anteriore del suo corpo cercando il seno. Lei avvertendo il contatto lascia la mia bocca sospirando dal piacere. I suoi occhi sono chiusi e sembra la donna più serena del mondo. La mia bocca trova il collo e vi si incolla baciandolo con tutta la sensualità che mi riesce possibile.

Qualche secondo e si stacca da me spingendomi a sedere su quel divano tanto comodo. Facciamo l’amore lì, sul divano del mio capo. Prego per tutto il tempo di non essere scoperto da un rientro improvviso del padrone di casa. Se succedesse una cosa del genere sarei fregato. Non avrei più uno stipendio fisso. Sarebbe un disastro. Ma non posso smettere, questa ragazza mi coinvolge talmente tanto che posso solo abbandonarmi a lei in un vortice di baci e carezze. Che donna! Sensuale, passionale ed eccitantissima… ma, nel contempo, leggera, quasi eterea, trasparente nella sua aurea di dolcezza.

Ma chi è questa creatura? Come mai non ho mai saputo che il mio capo avesse una figlia della mia età? Forse perchè appunto d’istinto preferisco farmi gli affari miei.

Tutto è stupendo e io mi innalzo oltre il tetto di quella villa, delle nuvole, del cielo, delle stelle. E’ una sensazione fantastica e cerco di vivermela fino in fondo, rimandando a dopo tutte le preoccupazioni sul rientro del padrone.

La sera rientro a casa. Senza nemmeno rendermene conto ho dimenticato di finire di pulire le due vetrate che mi mancavano. Mi licenzierà? E’ probabile. Domani mi chiamerà in ufficio e mi darà il benservito. Quasi non chiudo occhio tutta la notte per quel pensiero. Ma la mia mente va anche alla splendida creatura con cui ho fatto l’amore. Non mi ha detto una parola per tutto il tempo che siamo stati insieme. Alla fine si è addormentata sul mio petto, costringendomi a fare le acrobazie per sfilarmi da sotto la sua testa senza svegliarla. Sono rimasto lì a guardarla per cinque minuti buoni seduto sulla poltrona davanti al divano, la stessa sulla quale lei era seduta mentre cercava di calmare suo figlio. Come farà una ragazza così dolce ad avere un padre così austero.

La mattina di buon ora vado in magazzino in attesa che il capo mi assegni il prossimo compito.

Esce dall’ufficio e comincia ad avviare il personale verso i vari cantieri. Raccolgono tutti la propria attrezzatura e si incamminano, ancora mezzi addormentati, verso le loro destinazioni. Un brontolio fatto di voci impastate li accompagna. Rimango solo io nello spiazzo con il capo di fronte a me. Il suo sguardo mi mette in soggezione. Non riesco a capire se il suo è un ghigno o un sorriso. Sono sicuro che sappia tutto. Avrà scoperto cosa ho fatto con sua figlia in casa sua, sul suo divano.

“Tu vieni con me in ufficio” mi dice, rientra e si siede dietro la scrivania.

Lo seguo e rimango in piedi finchè non mi fa segno distrattamente di sedermi. Una foto appesa al muro cattura la mia attenzione, la donna e il bambino nella cornice sono gli stessi di ieri. La donna è la stessa con cui ho fatto l’amore ieri pomeriggio. Ecco dove avevo già visto quel volto. Mi assale la paura.

“Bene caro mio, ti ho chiamato quì questa mattina perchè volevo farti una proposta. Ormai ho capito che sei un bravo ragazzo con la testa sulle spalle. Potresti essere mio figlio e voglio fare in modo che la tua devozione al lavoro venga premiata con un piccolo aumento… ehi, ma ci sei? mi ascolti mentre parlo?”

Il mio sguardo è rimasto fisso sulla fotografia come ipnotizzato. Rivedere quella ragazza mi ha scosso tanto che non ho nemmeno sentito quello che il mio capo mi ha appena detto.

“Mi scusi signore, non volevo essere scortese, è che stavo ammirando quella bella foto di sua figlia, sembra così felice con suo nipote in braccio”

“Mia figlia? Ma quale? Quella foto? Ma quella non è mia figlia… quella era mia moglie con nostro figlio. Purtroppo sono morti in un’incidente d’auto ormai vent’anni fa, mio figlio avrebbe la tua età adesso… Ehi ma stai bene? Ragazzo!!! Sembra tu abbia visto un fantasma!”

 

3 commenti su “Le pulizie nella villa del capo”
  1. Caro Max,
    adesso anche con i fantasmi! Ma tu attiri proprio! A parte gli scherzi, lo trovo spiritoso e ben scritto. bravo, continua a lavorare.
    Ciao Sandra.

  2. La storia mi piace molto e si legge bene, ti faccio i complimenti sopratutto per le descrizioni. da diversi dettagli(come la descrizione delle finestre da pulire)si capisce che hai stoffa!

  3. Al tuo posto farei respirare di più le parole, arrivi troppo in fretta alla conclusione. Interessante l’idea..

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