Sembra che una ditta produttrice di pneumatici abbia commissionato una ricerca di settore per conoscere in quale momento della giornata le donne raggiungano il picco dello stress.
Dopo elaborate indagini pare che il momento tragico si aggiri intorno alle 8.25 di mattina quando è il momento di accompagnare i bambini a scuola in macchina.
Un messaggio pubblicitario di questi giorni che pubblicizza biscotti da prima colazione, si rivolge al pubblico e comincia con una celebre frase di un celebre film: “Gooooood morning,…..!” che ricorda quel famoso saluto mattutino,”Gooood Morning, Vietnam!” , augurante di una buona giornata, in realtà foriera di ogni sventura immaginabile per coloro che erano all’ascolto e che quel mattino dovevano poi affrontare.
Credo che per le mamme le ore mattutine non abbiano l’oro in bocca, ma il sapore metallico della battaglia, di una lotta senza quartiere, senza esclusione di colpi bassi, senza fare prigionieri.
Nella quotidianità consueta, per quanto mi riguarda, da qualche tempo assolvo personalmente a quelle piccole incombenze che l’abitudine definisce “lavori donneschi per il mantenimento della casa”.
E non sono una specialista.
Sono, però, quasi una perfezionista.
Amo l’ordine, la pulizia e l’idea che la casa, calda in inverno, fresca in estate, mi accolga ad ogni ritorno in un abbraccio tranquillo cosicché sia mia, il mio luogo del riposo del corpo e dell’anima dove possa essere me stessa, senza pose e sovrapensieri, senza il dubbio di essere fuori luogo.
D’estate mi alzo presto, faccio colazione sul terrazzo e coccolo il micio che, tornando da scorribande notturne, si rotola ai miei piedi come un tigrotto ammaestrato, felice di ritrovarmi e sicuro della sua dose di pappa già pronta nella ciotola.
Innaffio le piante fiorite, spargo borotalco negli angoli critici, crocevia di teorie di formiche che talvolta si fanno audaci e cercano di guadagnare l’ingresso gratuito in casa.
L’atmosfera silenziosa tutto intorno si concilia con la mia indole che mi fa apprezzare il piacere dello stare con me stessa prima che la quotidianità prenda il suo avvio, il telefono squilli, la radio canti e la giornata mi si riversi addosso con le sue pretese di attenzione.
Prima, soprattutto, che nella casa accanto la vita si svegli e i suoi abitanti manifestino assensi e dissensi al mondo intero.
Quasi una vendetta divina che siano i miei nuovi vicini di casa.
Quanto io sto sulle mie, tanto loro stanno sul palcoscenico della vita con le loro contrarietà, dolori, felicità, confessioni intime e non c’è barriera architettonica che mi difenda dal “sapere”.
All’inizio la faccenda mi innervosiva, perché non capivo questo genere di nevrosi, col tempo, pur continuando a non condividere, ho imparato a sopportare.
La mia casa non ha ruote e non posso trasportarla altrove, potrei solo alienarla, ma perché farlo, se poi l’estate è ragionevolmente breve e le finestre sono per il resto dell’anno chiuse? Se, soprattutto, andare altrove significa tagliare radici ormai profonde?
Resisto e cerco di capire.
Tutto si riconduce al “ruolo donnesco”, perché non c’è collaboratrice familiare che tenga e capacità organizzativa che aiuti, quando una donna deve dividersi in cento parti per essere quella che è.
Gli strepiti sono cominciati presto stamane.
Non posso non sentire.
Carlo, il cui giudizio sull’anno scolastico è “sospeso” – una volta e più onestamente si sarebbe detto che è stato “rimandato” e ha materie da riparare a settembre, ma qualche cretino ex figlio di qualche fiore (o fiorellino lui stesso), straparlando di privacy, ha maturato e concretizzato l’idea di nascondere a tutti l’esito di fine anno scolastico, di un percorso, cioè, che avviene nella scuola pubblica (quella che non si paga, perché funziona grazie ai “nostri” quattrini) – Carlo, dicevamo, non trova il libro dei compiti delle vacanze, che ieri era stato riposto nella borsa, proprio da lui stesso, al suo posto, come sempre, ma stamane non c’è più.
“Mamma, l’hai visto?”chiede urlando.
No, mamma non ha visto, non sa, sta facendo colazione, forse non è ancora del tutto presente a se stessa.
Nel contempo il campanello del cancello di casa risuona come la tromba di Gioele nella valle di Josafat: due educatissime Testimoni di Geova, approfittando della frescura del mattino, vanno di casa in casa per dare l’annuncio di un importantissimo convegno che si terrà alla fine del mese.
Vuole la Signora pregare per la riuscita del Convegno? Vuole accettare l’invito a partecipare? Desidera scambiare due chiacchiere?
No, la Signora – Mamma della casa accanto non vuole. E gentilmente si scusa, ma in quei giorni sarà già partita per le vacanze, anzi, dice tra sé, la sento chiaramente, deve cominciare a pensare alle valigie e continua a sorseggiare il suo caffè.
Virginia, il tombolotto carino e piagnucoloso che dalla nascita contende ai fratelli maggiori l’attenzione di tutti, si prepara per uscire con zia Giovanna che è venuta presto a prenderla per accompagnarla alla lezione di cavallo.
Stivali e cap per la bimba, abito sgargiante a cappello a tesa larga per la cara zia Giovanna che già si sente ad Ascot e si prepara mentalmente all’inchino alla Regina, senza considerare che le giunture, forse, non terranno.
Niente spargimenti di lacrime stamane, la bimba è felice, la zia si presta al servizio, la mamma si risparmia un viaggio, però Max che si è appena alzato, svegliato dalle pie annunciatrici di fuoco eterno o felicità paradisiaca, ma solo a determinate condizioni, chiede se il suo caffèlatte è pronto.
“Sì è pronto!!”, risponde sua madre, ma allora lui non lo vuole più, ha cambiato idea, o latte e cacao o niente.
Il cacao è finito.
Max piange, perché quello che vuol lui non c’è mai, perché suo fratello gli mangia le sue cose, perché quella grassona di sua sorella si abbuffa del suo cacao, perché tutti lo sanno che il caffèlatte non gli piace veramente e lo prende solo perché non c’è mai altro.
La madre cerca di rabbonirlo, Max incalza che nessuno gli vuol bene, che lei difende sempre gli altri due, che lui è stufo di vivere senza cacao.
La madre sta per perdere la pazienza.
Non è vero che nessuno lo ama, è lui che fa la vittima, fin dal mattino.
“E smettila di dire che tua sorella è una grassona, Non è affatto vero. Il cacao è finito: o caffelatte o latte solo o succo di frutta o niente.”
“Niente!”, urla Max e ritorna in camera sua, accende la tv e guarda cartoni animati a tutto volume di primo mattino.
Il padre torna dalla passeggiata col cane: è il suo jogging quotidiano, quattro giri più o meno lunghi dell’isolato per evitare che Birillo faccia la cacca nel prato. Torna con secchiello e paletta, la passeggiata ha conciliato. Il cane saltella in giro e alla fine scorge il micio, intruso nel suo territorio, perciò, ululando, lo insegue e lo mette in fuga.
Il gatto si arrampica sul muro di confine e si rifugia al mio fianco ansimante e sornione.
Il padre si lava le mani alla fontanella, bacia la moglie sulla guancia, dice a Max di abbassare la tv, risponde a Carlo di non aver visto né la borsa né i quaderni né nient’altro e che se vedrà qualcosa, sicuramente glielo farà sapere.
Certo che se fosse ordinato, non dovrebbe fare la caccia alle sue cose ogni volta.
“Max, hai visto la mia borsa?” chiede Carlo dal giardino.
Max esce urlante dalla sua stanza: “No, che non l’ho vista! E se anche la vedessi non te lo direi, così impareresti a portarmi via il mio cacao!!!”.
Pianto sconsolato di Max che si avvicina a sua madre: “Ho fame!!!”
La madre lo consola e lo convince alla bontà del caffellatte, suo padre si aggiunge dicendo che il caffellatte fa venire i muscoli, che il cacao, invece, fa venire i foruncoli. Non vorrà farsi venire i foruncoli come suo cugino Tommi che si abbuffa di merendine al cioccolato e non mangia cose sane…
Max non vuole i foruncoli e si decide a far colazione mentre io godo di un momento di grazia e sua madre beve un altro caffè.
Risuona il campanello e arriva la bellissima domestica straniera, bionda e coscialunga che distrae Carlo dalla sua caccia, inducendolo a pensare che forse un altro bicchiere di succo di frutta gli è proprio necessario per ricordarsi che ha lasciato la borsa dei libri in box quando è tornato dalla lezione di latino.
Mentre la madre tira un sospiro di sollievo, il padre saluta tutti e se ne va in ufficio.
Svetlana sparecchia il tavolo della colazione e risponde al telefono che suona.
“Sì, l’ingegnere è ancora in casa. No, non è ancora uscito. Sì, posso passarglielo” e sento la madre che dice: “Buongiorno dottore, certo che ho lavorato all’idea. Sì, certo, il progetto è pronto. Sarò in ufficio tra mezzora. L’aspetto.”
Ecco la la madre pacifica e già stanca che si trasforma: non è più la mamma, è una donna d’oggi, con una famiglia e con una professione sua.
Dà le direttive a Svetlana, fa raccomandazioni precise a Carlo, dà un bacio a Max.
Incrocia sul cancello Marcella, la signora che terrà a bada i suoi figli per tutta l’estate in sua assenza e sento che le dice: “Ci vediamo a mezzogiorno”.
Credo proprio che l’indagine della ditta di pneumatici sia veritiera: il mattino per ogni madre è la chiave di volta di tutta la giornata.
…E di questi tempi siamo in periodo di vacanze scolastiche, con nessun figlio da accompagnare a scuola.
Altro che stress.
Altro che Vietnam.
Per ogni madre ogni giorno, fin dal primo mattino, è una prova di Apocalisse.
Come non condividere le tue parole! Io mi sento una mamma organizzata eppure ogni mattina un inconveniente rende la pace una meta difficile da raggiungere. Ci vuole, forse, solo tanta pazienza!
Complimenti!
5st
Greta
La pazienza delle Donne… da sempre e per sempre impagabile. In quante “noi” ci trasformiamo dall’alzata del mattino alla pace del sonno? Eppure è così accudiamo alla casa, ai figli, impeccabili sul lavoro e sempre un sorriso, a volte poi riusciamo anche ad essere delle “Befane”.
Molto bella questa Apocalisse cara Anna, ben descritta e con una nota di ironia che in genere alle Donne non manca mai.
5st.
Ciao.
Sandra
Le mamme sono tante piccole sante, tante piccole eroine che da sempre portano avanti il mondo… Bel racconto! 5st
Ciao Anna,
questo tuo racconto mi è piaciuto tantissimo.
Mi ha fatto pensare sia ai miei nonni materni che a quelli paterni: che avevano rispettivamente otto e undici figli; mi sa che avevano tanto da fare!
Complimenti e5 stelle.
Lo confesso: anch’io, nella mia veste di mamma, mi sono sempre sentita eroica!
Un abbraccio a tutti e buone vacanze.
anna
I lavori muliebri che ogni donna porta assieme alla sua dote. Ti leggo con molta serenità e con un sorriso ti faccio i miei complimenti.
Complimenti Anna
Grazia
Carissima Anna,
avevo staccato la spina fino ad oggi e riprendo con questo bel racconto in cui mi immedesimo in quanto donna che tra breve riprenderà il lavoro. Questo è il periodo in cui ogni anno, mi chiedo come farò a fare tutto, a far fronte ai mille impegni quotidiani, ma è anche il periodo in cui orgogliosamente guardo indietro e vedo quanto fatto. Sei stata brava a rivoltare la storia dei vicini per introdurre un tema interessante sulle donne, che sia ieri che oggi, mandano avanti baracca e burattini e oserei dire che lo fanno naturalmente per semplice “istinto”.
Sarebbe bello “contare” un pò di più in questa società.
Un caro saluto Luxia
5S
Cara Luxia,
talvolta, quando mi rendo conto che non arriverò a tutto e sto per gettare la spugna, mi lamento della terza mano che mi manca…
Vedi tu come mi sento.
Quanto alle donne, per fortuna sono “L’altra metà del cielo”: ti immagini se dovessero far tutto da sole? Che qualcuno dia una mano, per piacere!
Un sorriso.
anna