In quest’ultimo periodo sono venuto a conoscenza di un avvenimento divertentissimo accaduto realmente negli anni ’50 in un remoto paesino del centro Italia. Vorrei avere il piacere di raccontarlo a voi tutti per condividere uno spunto di riflessione su una problematica forse al tempo d’oggi dimenticata che, secondo il mio parere, necessiterebbe di una più attenta meditazione. Vi prego perciò di non considerare questa breve storia come una semplice barzelletta su cui ridere (per carità, avete tutto il diritto di farlo!), ma contemplarla dal punto di vista di un uomo, di cui ora non sto a raccontarvi la biografia, che si è visto rinchiudere in un manicomio e concludere in questo posto la sua già compromessa esistenza.
Un giorno, un uomo sulla cinquantina e suo nipote dovettero recarsi in un vecchio manicomio situato sulla una collina di uno sperduto paese. Erano entrambi imbianchini e furono chiamati dal direttore dell’edificio per dare un più decente volto ai muri delle stanze e dei corridoi.
Appena arrivati, furono accolti da una gentile infermiera che li accompagnò in uno spazioso atrio dove avrebbero dovuto iniziare il loro lavoro. Durante il pomeriggio, dopo che si furono lasciati alle spalle ore di sudore e fatica, la loro attenzione si posò su uno strano personaggio che da un po’ li stava osservando con interesse e che seguitava a girare intorno alla stanza senza distogliere lo sguardo dalle loro persone. Scompariva e tornava secondo intervalli del tutto irregolari, e continuava a fissare i due lavoratori che, stanchi di quella strana presenza, decisero di fermarsi un attimo e attendere una reazione. Il nipote, del tutto sorpreso dalla situazione, si gira verso lo zio e gli fa: “Zio, ma in che posto mi hai portato? E chi è quello strano tipo che continua a guardarci? Mi ha veramente stufato!”. “Se non l’hai ancora capito figliolo, questo è un manicomio. Qui dentro ci tengono i pazzi!” gli risponde lo zio. Nel profondo dell’animo subito si pentì di aver proferito quelle parole, infatti al suono di queste lo strano tipo, che ora si trovava appoggiato su di una parete, drizzò la testa e sembrò sorridere un momento. Si avvicinò al più anziano e gli fece cenno di seguirlo. In un primo momento quest’ultimo restò paralizzato e indeciso, ma poi si decise a seguirlo. Entrarono così in una stanza vuota. Il personaggio del manicomio guardò l’uomo, indicò una grossa parete e gli disse: “Cosa vedi scritto su questa parete? Rispondi”. L’uomo, guardando le bianche mura, rispose di non leggere assolutamente nulla. Lo strano tipo, accennando un sorriso, lo condusse allora alla porta d’entrata del manicomio e, indicando l’insegna posta sopra la porta gli pose la stessa domanda: ”Cosa vedi scritto qui? Rispondi”. L’uomo, che ancora non si rese conto di quale fosse lo scopo di questa interrogazione, rispose questa volta con sicurezza: ”Manicomio”. A questo punto lo strano personaggio, guardandolo con espressione di rimprovero negli occhi, disse: ”Allora, dove sono i pazzi, dentro o fuori?”
Molto spiritosa e sensibile. E tu non sai quanto quel “tipo” avesse ragione.