La carezza morbida e calda delle coperte tirate fin sulla cima dei capelli protegge il sonno e rallenta il divenir-cosciente, coccolandoti in un buio soffocante d’aria respirata e consumata. Inizio a tirare fuori il naso la cui punta, subito, si raffredda.
“Dai, è suggestione, in fondo fa caldo!“
Allora via le coperte dalla faccia fino a scoprire le spalle. Probabilmente, continuo a dormire, pensando d’essere sveglia, non sono sicura sia finito il sonno, il sogno, la notte. La fessura degli occhi mi svela che: la luce del giorno entra allegra dalle finestre e risveglia la curiosità di vedere cosa c’è fuori delle mura della stanza; un balletto di colori, d’ombre, rumori dalla strada vicina, dalla scuola, dalla mensa o magari dalla stanza dei portieri, sotto questa stanza, dove c’è il frigorifero rispettato, quello dove trovi lo spumante che lasci per la festa, improvvisata, della sera seguente.
Non convinta da quel che vedo, cerco di sorprendere qualcosa, dei passi, il cigolio di una porta, un quaderno che cade; in casa dormono tutti, le ragazze di sopra, ieri hanno studiato fino a tardi, entrambe, sentivo le sedie spostarsi e nessun ospite, qui si sente ogni sibilo, ogni segreto, non è questione d’essere pettegoli, le notizie ti assalgono prima che tu le voglia cercare: invece, nel salottino, in fondo al corridoio, ieri notte, si brindava ad una partenza imminente, un saluto annunciato dal fermento del pomeriggio con lo spostamento dei tavolini e delle poltrone.
Questa mattina, tutto calmo, nessun’anima in pena, tutti dormono tranne le signore delle pulizie, di cui sento le voci ed il carrello con le scope, non sono voci ansiose di correre, di salutare, con la mano, un fiorellino, che è riuscito ad aprirsi, anche lì, al bordo di un marciapiede rotto, le risate incoscienti degli studenti squarciano l’amarezza di una bocciatura, avremo tempo e modo di recuperare, il nostro futuro non è compromesso da scelte e modi e possiamo cambiare, ancora, i nostri sogni.
Ecco, gli occhi sono spalancati, a ben vedere, i raggi del sole s’insinuano dalle tapparelle mi piace il gioco che fanno sul muro, per questo non chiudo completamente al buio la stanza; il gioco cambia con l’ora e con la stagione ma potresti risalire all’orario esatto del tuo istante, con un po’ d’attenzione; il momento è delicato, quasi non abbia volere di niente, mentre aspetti l’illuminazione giusta per scoprire cosa ti prometta questo nuovo giorno.
Finalmente, una sveglia, mi alzo ora che qualcun altro si alza, magari prenderemo il caffè insieme e poi, di corsa fuori, l’orologio sulla scrivania segna già il mio ritardo sulla marcia consueta.
Apro la finestra per cambiare aria ma c’è foschia, umidità, la giornata non è ridente come credevo, la visibilità è ridotta e pesante, il pavimento del balcone è bagnato come le foglie delle piante sul davanzale della finestra più piccola; la mia è una stanza sola ma, con due finestre, come quella di una regina.
“Che aria entrerà in camera, al posto della viziata?”
La luce che mi ha svegliata è stata una combinazione fortunata, un passaggio fra le nuvole, tanto per svegliarmi!
Di colpo, l’entusiasmo per il giorno nuovo si opacizza; ho il sospetto di essere già passata di qui: stesse facce, stessi appuntamenti, stesse buche nelle stesse strade.
Bello è tornare fuori orario, mangiare un panino piccolo, che mi dia motivo di considerare consumato il pranzo, per chiamare gli altri a bere il caffè in camera mia, la camera più grande, quanto più sedie e più cucchiaini per girare lo zucchero, quelli, spesso, finiscono sbadatamente nel cestino dei rifiuti sotto il lavandino, ma il caffè in compagnia riempie la mia camera di voci e non voglio farne a meno, anche, a prezzo di qualche stoviglia.
Alla fine della riunione rimane Loredana, non sempre, ma ho da chiederle com’è andata la consegna del cartoncino; ella frequenta l’accademia di belle arti, m’incanto a vederla lavorare anzi, pasticciare i colori direttamente con le mani sui vetri e sulla cornetta del telefono. Le ho detto che, se sapessi disegnare, pasticcerei anch’io direttamente i colori con le mani sui muri, a me piacerebbe avere muri disegnati e colorati da toccare ed annusare. Lory mi spiega le tecniche, m’ illustra i suoi libri ed io, le parole di altri, magari contemporanei, che hanno respirato quei colori e quelle forme, trascritte in frasi, segni diversi, un codice fatto da lettere per esprimere lo stesso spirito.
I muri bianchi sono, per noi, pagine pronte per tracciare sopra i nostri segni, per proiettare i nostri pensieri, le nostre emozioni; useremo, rigorosamente, solo colori primari, il giallo in testa a tutti ed il mio amato rosso, concederemo poche sfumature e trasparenze con tratti brevi, senza lasciare spazio ad indecisioni e vuoti vari.
Il nostro accordo finisce qui, a lei piacciono forme astratte cui io preferisco linee geometriche chiuse e tangibili dall’espressione perfettamente definita, sognare sì, ma non illudersi in spirali che tendono all’assoluto ma lo lasciano lì, estraneo e sconosciuto.
Durante la chiacchierata cambiamo sedia per cambiare punto d’osservazione, cambiare luce ed, anche, inquadratura. La sua originalità si manifesta, perfino, nei ciondoli che porta infilati nelle collane di quelle indipendenti con una propria storia ed un proprio motivo.
A volte, lascia la sua camera imbevuta d’acquaragia e viene a studiare da me, si appoggia per terra, espande i suoi colori su tutta la superficie, tanto che non posso alzarmi dal mio tavolo con leggio che rende la scena seria al profumo d’incenso; mettiamo in sottofondo, musica nera, magari Areta Franklin.
Ci piacerebbe comprare una vecchia masseria, di quelle che svendono sul giornale d’annunci economici, ristrutturarla lasciandole un sapore rustico con muri di pietra grezza fuori, e pareti bianche dentro, da riempire piano assecondando l’ispirazione del momento, pochi mobili e tanti tappeti, con su sparsi libri interessanti; una stanza per sviluppare le sue fotografie, ed un’altra con un tavolo immenso per il disordine dei miei fogli scritti. Davanti alla porta d’ingresso possiamo spargere la ghiaia, come ha fatto Reggi, così da evitare che la terra entri in casa, senza ricorrere ad artifici come asfalto, cemento e piastrelle varie.
Nell’atrio a piano terra potremmo allestire una sala per le prove musicali di Giuseppe o Luigi o Maurizio, e per i suoi amici, un salone–laboratorio con modelli strani da imitare: Quasimodo da Parigi, Tartan, Giovanna D’arco.
Sarebbe un bel posto, ricco di stimoli, un circuito a corrente positiva, dove tutti collaborano alla ricerca espressiva dell’altro.
Antonella curerà i rapporti sociali interni ed esterni al gruppo, perché gli artisti veri sono originali ed egocentrici, Antonella è il giusto mediatore anche con gli stranieri, ha pazienza la bimba, noi no.
Ci sarebbe, sempre, un’anima disposta a parlare e rompere le abitudini domestiche, magari, lavando i piatti dopo la mezzanotte.
Uno spazio per studenti che vogliono crescere, dove scambiarsi le idee, semplicemente respirando insieme.
Loredana riempirebbe le stanze di candele profumate, larghe, schiacciate, tonde, a me proprio non piacciono, ma sono disposta a cedere per ottenere i faretti della luce al posto dei lampadari.
Sfogliando il giornale sembra tutto vero o realizzabile con pochi soldi, questione d’impegno e volontà: un cantiere per aspiranti “stregoni”, che si adattano, sempre, a giocare con la sabbia e masticare sale.
Del nostro gruppo farebbe parte, anche, Giovanna l’ottimista, il manager per il talento senza successo, sorridente e fiduciosa, incoraggiante e piena d’energia solare, una squadra così non ha ostacoli, ma sì, aggiungiamo una palestra per ballerini d’afro, che ne conosciamo tanti, sai che ribollire d’ispirazioni, che chiacchierate alla pausa caffè, non so le mattine ma le serate sarebbero interessanti, piene di colori genuini ed immediati come quelle scoperte che non riesci a tenere per te, scoppieresti se non la comunicassi al mondo intero; le nostre emozioni sono travolgenti, piene di calore da buttare fuori per poterne assaporare meglio il senso.
Ci sarà una sera, una noiosissima domenica sera, che teme di diventare lunedì, non staremo a guardare la Luna e le stelle, ma lasceremo loro a guardare noi, riuniti in un’unica stanza, addolorati per la morte di un barbone vicino l’ateneo, bravo a sorprenderci con inchini e sorrisi nel mezzo della strada mentre altri sussurravano che l’ecstasy gli avesse fuso il cervello.
Una riunione spontanea per celebrare un attore, un artista, uno di noi, sempre disponibile ad un saluto ed un balletto cerimoniale sulla piazza o, al bordo del marciapiede.
Nessuno è andato al funerale, troppo povero e frettoloso. La legge del corpo è morire e diventar freddo, nonostante il suo impegno a vivere. Immagino ululasse alla Luna, nelle notti limpide come questa.
“Allora un brindisi alla felicità che ci ha comunicato”
Si, ci saranno sere come questa, quando nessuno si sottrae, per precedenti appuntamenti o per pigrizia, alla festa in onore di un amico partito, ma che è stato vicino senza la pretesa o l’aspettativa d’alcun compenso o profitto; usciremo tutti fuori, per accompagnarlo all’uscita e salutarlo, secondo l’usanza dei buoni padroni di casa, magari un po’ brilli, per il troppo brindare.
Infine, mi sembrerà di essere già passata stesse stelle, stessi gesti, stesse lacrime, ma varrebbe la pena rincominciare.

 

4 commenti su “Colorare muri bianchi”
  1. Davvero una bella storia, mi sono lasciato trasportare dalle tue parole, dalle tue visioni e dai tuoi pensieri, che condivito… Dimostri una spiccata sensibilità per tutto quello che ti circonda… Complimenti Lucia!

  2. Come sempre mi sorprendi! E pensi di abbandonare questa tua passione! Sai a cosa mi riferisco! Mi piace tantissimo il tuo stile descrittivo e narrativo allo stesso tempo!…Continua così e ricorda la speranza è l’ultima a morire…Bacioni!

  3. cara Lucia,
    quei colori, quei profumi, quelle immagini sono state cosi’ attentamente e preziosamente da te narrate che a qualcuno possono sembrare una storia invece erano le nostre ore e i nostri momenti profondi e veri sotto lo stesso tempo e le stesse ansie…e’ inutile nasconderlo c’erano anche tutti i nostri sogni, alcuni si sono realizzati, altri si realizzeranno, altri sono svaniti cosi’ come sono nati!
    Certo che devi continuare a scrivere, concordo con Giovanna, perche’ quelle parole e quelle emozioni devono poter trovare vita tra le due dita e consolare i nostri animi del loro passato e invogliarli verso un incerto futuro!

  4. Complimenti!! grazie alle tue parole si possono quasi “spiare”, come da una finestra, momenti felici ed indimenticabili. Continua così..il mondo ti aspetta!

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