Quel giorno avevo visto
un uomo
claudicante
danzare a ritmo di sinfonìe
pregiate, e,
meravigliandomi,
mi ero domandato il come.

Un altro, ferito al cuore,
scriveva lettere d’amore,
più tenere e passionali
quanto più il sangue
zampillava
dal suo petto ormai
esangue.

E mi è parso di scorgere
fra le loro
defezioni
un che di tanto vitale
da farmi provare
vergogna;
c’è chi, fra gli innumerevoli
cassetti
che compongono la nostra
cella,
ha estratto solo il battito delle
campane all’Angelus,
il profumo della libertà,
il verde fiorire dei prati.

Per loro il tramonto è pur sempre un’alba.

(libera e personale interpretazione dell’opera di Dalì, “La donna a cassetti”)

4 pensiero su “Cassetti”
  1. La donna a cassetti di Dalì è una scultura molto brutta eppure richiama delle scomposizioni che noi facciamo.

  2. Questa poesia sembra tratteggiare ciò che noi qui facciamo, questo posto

  3. Per quanto mi riguarda, io trovo la fonte di ispirazione “geniale”.
    Intendo dire che nella scultura di Dalì i cassetti stanno al posto degli organi vitali: il cuore, i polmoni, il fegato, la pancia, l’utero e da ogni cassetto emerge qualcosa, una parte di vita che fa parte della Donna stessa, dell’ideale femminile e della sua vita, di quella molteplicità unica, cioè, che è la donna, in quanto essere privilegiato, capace, quando vuole, di essere come un uomo, ma in più capace di generare e dare vita.
    Io sono portata a dare un giudizio complessivo su ciò che leggo, perchè appunti e precisazioni, ho capito che infastidiscono gli autori (tutti pecchiamo di “genialità” vera o supposta).
    Per questo motivo apprezzo l’idea di fondo ispiratrice anche se potrei aprire un libro su tutto il resto e non è detto che possa avvenire soltanto in modo negativo.
    anna

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