Ieri, nel tardo pomeriggio, sono stato colto da un’insolita frenesia. Il caldo, il cuore, la tensione…
Ho preso la moto e sono andato al lago, lentamente, godendo di una leggera brezza rinfrescante.
Arrivato al lago ho raggiunto quel posticino appartato che mi piace tanto e mi sono sdraiato. E’ un posto ideale per riconciliarsi con la natura: è una piccola piattaforma a ridosso dell’argine, nascosta da platani frondosi, posta a circa tre metri di altezza dal pelo dell’acqua.
Stavo fumando una sigaretta, assorto nelle contemplazione del cielo che appariva e scompariva tra i rami e le foglie degli alberi, distratto ogni tanto dai suoni e dai rumori del luogo, quando all’improvviso, nel mezzo di tanta pace, ho sentito un grido provenire dal basso, probabilmente dal lago. Ho atteso un attimo, per capire se fosse stato solamente un suono inteso male, ma dopo qualche secondo un altro grido, straziante! Sono istintivamente scattato in piedi, e mentre lo facevo… ancora un grido, come il precedente, ma soffocato. Erano ormai le 20:00, e c’era ancora un po’ di luce. Così ho cercato di guardare attraverso la vegetazione, verso la superficie dell’acqua per capire da dove giungessero le grida, che nel frattempo si susseguivano. Avevo nella testa un’immagine, confusa, di ciò che poteva essere e ne ero terrorizzato. Mi sentivo gelare il sangue, ma non vedevo nulla. Poi ecco!
Mi sporgo un po’di più e vedo, a circa venti metri alla mia destra, una persona in acqua. Sembra una ragazza, capelli lunghi, biondi, va su è giù gridando in modo agghiacciante, agitando le braccia, come per afferrarsi alla superficie per non affondare. Anche io grido qualcosa, ma non mi sembra la cosa più opportuna. Sento una scarica attraversarmi da cima a fondo, poi, quasi automaticamente comincio a spogliarmi: la camicia… sì! Le scarpe… sì! I pantaloni… i pantaloni? Mi sento un deficiente, sto perdendo tempo! I pantaloni no! Do un’ultima occhiata alle mie cose e mi tuffo. Dimentico che in queste circostanze occorre buttarsi in acqua con cautela e soprattutto di piedi, cercando di tenere la testa al di fuori dell’acqua. Mi ritrovo quindi a testa in giù, apro gli occhi e vedo il nero assoluto! Quasi muoio dallo shock! Poi, in un attimo, guadagno la superficie e sento scorrermi dentro un’energia portentosa, che mi fa galleggiare. Guardo verso la ragazza e la vedo ancora agitarsi; ora sembra più distante però. Allora comincio a nuotare come mai avrei immaginato, mulinando una bracciata dopo l’altra, senza respiro, ad occhi chiusi. All’improvviso un tonfo! Il sangue si gela nuovamente, e un altro tonfo…
Mi fermo all’istante! Ora mi sento più pesante. Quasi fatico a tenermi a galla. E quello che vedo non mi pare vero!
A cinque metri da me, quella che credevo essere una ragazza in pericolo di vita si rivela essere un ragazzo, che, finito evidentemente di fare lo scemo, mi guarda con aria stupita, così come gli altri due ragazzi che nel frattempo si erano tuffati. Per una frazione di tempo ci interroghiamo con lo sguardo, vedo il pallone che uno dei due tiene tra le mani, poi realizzo! Il capellone biondo a quel punto mi dice: “Mortacci tua frate’!!! M’hai fatto prende’ un colpo… Ma te conosco? Sei de Genzano?”.
Non sapendo proprio cosa rispondere, a quel punto, non sono riuscito a fare meglio di: “No no, sono di Roma, scusa…”. Il ritorno alla sponda è stato un calvario; non saprei dire il numero preciso degli insulti che mi sono rivolto, mi sentivo un coglione!
Ho cercato un varco sulla sponda per risalire sulla piattaforma, attento ad evitare che i tipi si accorgessero che indossavo i pantaloni. Sentivo freddo, ho cercato la camicia per asciugarmi. In quel momento mi sono accorto di avere il telefono in tasca. Ho provato anche ad accenderlo… l’ho dovuto buttare.

 

Un pensiero su “Calma”
  1. Se il racconto vi è piaciuto, vi rimando alla lettura del successivo “Fuga”, già pubblicato in questa sezione, che ne è il naturale completamento. Grazie

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