Una povera ‘zeta’ trascorreva il suo tempo triste fra le righe delle pagine, nella fila dell’alfabeto e sulle bocche della gente. Ogni giorno che passava sentiva dentro di sé che in fondo era sempre stata usata, un po’ da tutti, ma meno frequentemente delle altre lettere, anche se sapeva di essere indispensabile: senza di lei non sarebbero esistite zanzare, zattere, zecchini, forza, zingare e tanto altro.

Ma era triste. Infatti c’era una cosa che la faceva stare male. Malissimo. Si era innamorata di una lettera ‘bi’. Ah, come la faceva sospirare con quel suo fare ondulante e maestoso, delicato e imponente. Era così travolgentemente labiale ed esplosiva. Mentre lei non era che una povera dentale strisciante. E soffriva, in silenzio. Sapeva che non avrebbe mai potuto starle vicino, in nessuna parola che le venisse in mente. Nessuna di quelle che conoscesse e per cui fosse stata finora utilizzata. Certo era una consonante anche lei, ma di stare vicino a una ‘bi’, neanche a parlarne. Chissà poi per quale triste destino.

Invece altre consonanti, forse più degne della povera ‘zeta’, si gloriavano di starle vicine e forse per loro non era neppure così importante. Potevano fiancheggiarla tutte quelle stupide e vacue vocali, o un’altra ‘bi’ come lei, o quella presuntuosa e fortunatissima ‘emme’. Ma lei, mai. Mai una ‘zeta’ vicino a una ‘bi’.

Anche riguardo all’alfabeto niente da fare: la ‘bi’ era la seconda e lei, la ‘zeta’, solamente l’ultima. E anche nel fortunato caso che qualcuno avesse proposto la linea dell’alfabeto di seguito, anche se più vicina alla sua adorata ‘bi’, ci sarebbe stata sempre di mezzo quella sciocca vocale della ‘a’. Niente da fare. Nessuna speranza. Nessuna salvezza. Un amore impossibile e sfortunato. Sempre che anche la ‘bi’ provasse mai qualcosa per lei. Cosa di cui dubitava. Perché avrebbe dovuto notarla ed eventualmente stimarla? Così piccola e bassa, così fastidiosa con quel suo sibilare strisciante..
E così passava le giornate e le ore a guardarla da lontano, magari da sopra o da sotto una riga in cui comparisse più vicina del solito. Ma nulla di più. E, quando nessuno la vedeva, piangeva triste triste in silenzio. Alcune volte sembrava rassegnarsi del fatto e si rincuorava di qualche chiacchierata simpatica con altre ‘zeta’ come lei, anche se non aveva confidato a nessuno il suo segreto. Se ne vergognava troppo. Altre volte però non si dava  pace e si diceva tra sé che doveva esserci una soluzione, quella che si trova in fondo per i problemi più difficili.

Così un giorno prese il coraggio a due righe, tosto che si trovò accanto ad una ‘i’, la vocale ormai più sua amica, anche per la frequenza di parole che le comprendevano insieme per formare parole quali fazione, generazione, razione, cauzione, oblazione ecc. Le confidò il suo segreto, titubante… La ‘i’ all’inizio rise a crepapelle, da ‘i’ che era, per poi diventare seria e pensierosa. In realtà si ricordava di una parola in cui aveva visto una ‘zeta’ e una ‘bi’ tenersi teneramente per mano. Ma quale fosse quella parola, proprio le sfuggiva. Era una parola diffficile, neppure italiana, le sembrava. Ma proprio non le veniva in mente. Comunque, per farle piacere, disse, ci avrebbe pensato e si sarebbe informata. La ‘zeta’ la ringraziò di cuore e aspettò con ansia di avere qualche notizia.
Passarono righe, quaderni, libri, ma nulla di nuovo successe. E la povera ‘zeta’ si stava spegnendo pian piano dalla tristezza.
Fu un bel giorno di maggio, quando le scuole stavano ormai per finire, che qualcosa accadde. E, come un fulmine a ciel sereno, fece esplodere di gioia il cuore della letterina triste, come succede sempre per le cose belle e oltre tutto inattese. L’insegnante Bonzi (il nome era di buon auspicio!), di geografia, una donnina molto pignola, come punizione per una chiassosa terza media, aveva intimato di imparare a memoria tutti gli stati dei vari continenti. Niente di strano apparentemente. Eppure quella mattina, mentre un’alunna diligente ripeteva a voce alta i vari nomi, la ‘zeta’ assopita si svegliò di soprassalto e quasi non svenne per l’emozione di sentire pronunciata quella parola, anche se pronunciata male.. Non poteva crederci. Una parola allora esisteva che le richiamasse entrambe, ma non solo nello stesso sintagma, come ‘zombie’ o ‘buzzurro’. No! Una che le vedesse vicine vicine. Eccola. La parola era… Uzbekistan! La ‘zeta’ non riusciva a crederci ed era così emozionata che le tremava la voce, quando le disse “ciao, mia cara ‘bi’, come sei bella da così vicino”! Ma fu solo un attimo, e la ‘bi’ non ebbe neppure il tempo di rispondere al complimento perché già erano svanite entrambe nell’aria, entrambe tornate al loro posto mentale e virtuale.

Fu solo dopo che l’insegnante ebbe sgridato per benino la classe disobbediente, che la gioia solo sfiorata della povera ‘zeta’ divenne totale. L’insegnante ordinò infatti di copiare subito tutti i nomi degli stati sui quaderni dei ventidue alunni chiassosi. Dovette attendere che ognuno arrivasse all’Asia centrale perché potesse rivedere e stringere la sua amata ‘bi’. Ma nel corso delle ventidue volte che si sfiorarono e si parlarono la ‘zeta’ potè dichiarare un sincero e devoto amore, che la ‘bi’ non sembrava disdegnare del tutto.
Sapeva che non sarebbe stato facile per loro, ma lei avrebbe continuato ad amarla per sempre, fino alla fine delle pagine, dell’inchiostro e della voce. Sperando ogni giorno in qualche nuova parola, magari straniera, che avrebbe potuto farle incontrare di nuovo.

 

8 pensiero su “Una felicità strisciante”
  1. Ma che delicatezza…
    un’idea insolita quanto geniale!
    Complimenti!!!

  2. Vedi, c’é speranza anche per gli amori a senso unico! Scorrevole e simpatica. Sandra

  3. Zeta e Bi hanno un triste destino comune a diverse lettere dell’alfabeto. Alla fine hanno dovuto trovare uno stato estero per congiungersi.
    Le lettere sono ventuno, ma noi le componiamo secondo un numero limitato di parole, quelle del vocabolario. Innamorarsi, forse, significa inventare una parola nuova.

  4. Complimenti per la bella idea davvero originale! Il racconto scorre bene e mi ha strappato un sorriso affettuoso per la piccola zeta. Un racconto rosa, se potessi colorarlo.

  5. Grazie a tutti. Contenta che sia piaciuto.. Era un’idea sperimentale ed un modo per riflettere su qunti tipi di amori diversi esistano in realtà e di cui magari non ci rendiamo neppure conto.. A presto!
    Angela

  6. Mi piace molto il commento di fabrizio, ma non il racconto. Mi dispiace
    una stella.
    cris

  7. Mi sono molto piaciute le poesie e le fiabe. Scrivetene altre. E sono piaciute anche a mia figlia.

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