Mi sveglio presto per arrivare presto e finire prima. Questo è il consiglio che mi aveva dato al telefono la signorina della prenotazione. Alle sette arrivo nel gigantesco ospedale milanese dall’architettura inconfondibilmente fascista.
Alcuni padiglioni sono stati ristrutturati e rammodernati. Altri sono invece rimasti come quando furono costruiti, nel senso che ormai cadono a pezzi.

Poco oltre l’ingresso principale, sulla sinistra, si staglia il Centro Accettazione Blocco Sud. Praticamente un pezzo dell’aeroporto Charles de Gaulle trapiantato da Parigi a Milano …. grazie al lavoro ed alla dedizione di arditi giovani, baldi fiori del regime, che osarono porre un imperativo categorico tra le bolsceviche nebbie della pianura padana. Lascio perdere le rievocazioni propagandistiche, peraltro non così estranee all’Italia odierna, ed entro per andare a pagare il ticket.

L’interno è decisamente lussuoso: un’unica navata in vetro, lunga cento metri circa; sulla sinistra la serie interminabile di sportelli per l’accettazione; sulla destra bar, farmacia, libreria, negozi di vario genere.
All’inizio della navata una piccola reception con due grandi schermi touch screen che distribuiscono i biglietti numerati in funzione del tipo di servizio richiesto.
Mi reco davanti ad uno dei due e, dopo aver guardato le varie opzioni, scelgo quella che fa per me. Non appena alzo l’indice per schiacciare il pulsante corrispondente, una signora della reception mi dice:

– Di cosa ha bisogno?
– Devo pagare il ticket per una visita
– Allora deve schiacciare il bottone AC che sta per ACcettazione
– Grazie, stavo proprio schiacciando il bottone AC
– Dopo di che deve tenere d’occhio il tabellone luminoso in alto. Ogni volta che suona, i numeri incrementano.
– Grazie, salve.

Mi avrà preso per un deficiente? Guardo in alto: tocca al numero AC10, io ho il biglietto AC88, cominciamo bene. Pensavo di finire tutto in un’ora ed invece dovrò fare almeno un’ora di coda solo per pagare il ticket. Scoraggiato, mi vado a sedere e seguo l’avanzamento degli AC sul tabellone che scandisce la mia attesa.

AC15
Seduta alla mia sinistra, una donna anziana in pessime condizioni di salute aspetta il suo turno. Provo tenerezza e mi chiedo come sia riuscita ad arrivare lì da sola viste le sue condizioni.
Un signore si avvicina per parlare con lei; da una rapida comparazione dei lineamenti deduco che è suo figlio.
Penso che è bello ed ammirevole che i figli stiano vicino ai propri genitori nei momenti di difficoltà.
Il figlio mi guarda male. Come mai?
Non riesco a capire il perchè; poi mi accorgo di aver appoggiato i miei plichi di documentazione sulla sedia tra me e sua madre, impedendogli di sedersi accanto a lei. Tolgo subito i fogli e mi scuso.

AC20
Un cellulare suona alla mia destra. Un uomo ben vestito tira fuori un Iphone4 nuovo di pacca e risponde. Parla ad alta voce, quasi urla. Alterna l’arabo al francese. Dalle frasi in francese capisco che sta parlando di lavoro, di soldi e di scadenze di pagamenti.

AC25
Tocca a lui, l’arabo con l’Iphone. Una voce metallica esce improvvisa dall’altoparlante dello sportello.

– …ecco così forse mi capisce meglio. Allora lei deve fare una visita pneumologica
– Sì, già detto. Io ho fretta – il tono della sua voce non è molto diverso da quello della telefonata e quindi si sente tutto
– Mi dice che lavoro fa?
– Io disoccupato
– Allora non deve pagare il ticket. Vada al padiglione qui fuori a sinistra e consegni questo foglio alle signorine della reception.

Avrei voluto dirgli: “Tu no disoccupato, tu evasore fiscale. Io povero deficiente pago tasse e ticket, tu furbo lavori in nero e non paghi niente”.

AC35
Stanno aprendo i negozi. Ma che cavolo me ne frega di avere dei negozi di fianco agli sportelli dell’ospedale. Perchè i soldi non li spendono per far funzionare meglio gli ospedali, per ristrutturare i padiglioni pericolanti?

AC40
Però! Carina la ragazza che sta aprendo il negozio sulla sinistra! Belli i suoi occhi azzurri. La prima cosa positiva della giornata.

AC45
Ma non sarebbe più bello andare a prendersi un caffè con lei nel bar vicino invece che restare inchiodati a questa coda interminabile? Tra l’altro sono già le 8,30.

AC50
Finalmente arrivano delle operatrici che, con molta calma, rendono operativi altri sportelli. Il ritmo aumenta, dai che ce la facciamo!

AC60
Quasi quasi, con la scusa di dare un’occhiata alle vetrine, mi avvicino al negozio e do una sbirciata da vicino alla tipa ed ai suoi occhi azzurri.
Ma di che negozio si tratta? Goldenpoint? Vende collant e biancheria intima per signore. Chissà cosa penserebbero gli altri, vedendo un distinto signore sulla quarantina che si ferma di fronte ad un negozio del genere ad osservare collant, giarrettiere, autoreggenti, corsetti, push-up… meglio lasciar perdere.

AC70
Un non ben specificato “sovraccarico” manda in tilt alcune postazioni. Torniamo al ritmo blando di prima. Mi sembrava troppo bello!

AC80
La mia impegnativa diceva di presentarsi alle 8,00.
Mi sono presentato alle 7,30. Sono le 9,00, sono ancora in coda e non ho avuto l’onore di parlare con uno straccio di medico. Sono esausto e lo sconforto sta prendendo il sopravvento.
Avrei voglia di mandare tutti a quel paese e scappare con la tipa del Goldenpoint.

AC85
Tra poco tocca a me. Mi alzo, riordino i documenti, stabilisco con precisione ingegneristica qual’è il baricentro tra tutti i potenziali sportelli dove potrebbe apparire il mio numerello e mi posiziono lì.

Pronto!

Come un centometrista che aspetta lo sparo
Come un pilota di Formula 1 che aspetta il semaforo verde
Come un puledro che scalpita attendendo l’apertura del cancello

AC88
TOCCA A ME!! E non mi è ancora venuto un infarto!

7 pensiero su “Visita Cardiologica Convenzionata”
  1. Sembra un racconto dell’assurdo, invece è pura cronaca quotidiana per chi necessita di visite specialistiche e si rivolge alla servizio sanitario nazionale.
    L’ironia sottile che vi serpeggia non fa dimenticare le esperienze personali che tutti viviamo circa il sopruso di sfrontati personaggi quali i finti disoccupati che non pagano ticket o i finti moribondi del prontosoccorso che dopo aver evitato la coda se ne vanno a casa sorridenti, felici e contenti di aver gabbato i veri malati che continuano ad aspettare.
    Anch’io ho avuto esperienze simili e ti confesso che ormai l’idea della pistola nella fondina non mi basta più (sai mai che qualcuno con i nostri soldi riesca pure a curare e rimettere in piedi questi disgraziati?), perchè nel mio immaginario desidero una bella pistola vaporizzatrice come quella del Capitano Kirk giusto per far fuori senza alcuna possibilità di ritorno tutti coloro che assaltano la nostra Enterprise che viene in contatto con altri mondi e altre forme di civiltà in cui taglio della mano, impiccagione e lapidazione con processi sommari sono all’ordine del giorno.
    E pensare che nasco come un tipo mite…!
    Un sorriso.
    Ciao e 5 stelle.
    anna

  2. Un bel pezzo di Vita rappresentativo delle attese ospadaliere… Troppo facile dire che non funziona niente…, purtroppo ciò corrisponde alla verità. Per fortuna la nostra mente -vola- e solo immaginando, in questo caso, dei bei semafori azzurri, si riesce ad annacquare le attese.
    5st e un saluto.

  3. Anna e Sandra grazie per la lettura ed i vostri commenti, è sempre piacevole leggerli.
    X Anna
    Anche io nasco estremamente mite e ben disposto all’integrazione tra culture diverse. Allo stesso tempo penso sia importante ribellarsi a tutte le forme di inciviltà che stanno invadendo il nostro paese, sia quelle made in Italy che quelle d’importazione, anche a costo di andare controcorrente, di apparire antipatici.

  4. Molto ironico ma purtroppo anche realistico spaccato di vita. Condivido tutte le sensazioni e la conclusione perchè in questo contesto ci si sente o più malati o più fortunati per aver superato il tutto.
    5S Luxia

  5. Mi piacciono questi spaccati di vita quotidiana, che sono purtroppo delle voragini in cui cadiamo ogni giorno, con la creatività come unico paracadute.

  6. Grazie Silvia per la lettura e il commento. La creatività e la fantasia ci salvano spesso nel nostro paese. Speriamo di continuare ad averne.

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