L’inizio dell’universo è un po’ difficile da descrivere data la totale mancanza di qualsiasi elemento, lo stesso termine inizio non è applicabile poiché non essendoci nulla non c’era neppure una partenza o qualcuno che la potesse testimoniare. Un luogo in cui è il nulla ad essere padrone di casa, viene comunemente, definito vuoto, ma un luogo che è privo persino del vuoto, che manca della mancanza non può che essere di difficile catalogazione.

A facilitarci le cose nella descrizione dell’assoluto annichilimento materiale che dominava in questo scenario, fra la mancanza della privazione di qualcosa che riempisse il niente (che in ogni caso non c’era), troneggiava un tavolo. Già troneggiare, per un tavolo, era compito particolarmente arduo, se a ciò si aggiunge il fatto che, con discreta nonchalanse, fosse una scrivania Luigi sedici di legno di pero, risulta ancora più stupefacente la sua ostinazione nell’esistere in un non-luogo dove i numeri, gli alberi, la lavorazione del legno e i re erano lontani eoni. Eppure, apparentemente incurante di essere la prima e più grande contraddizione del creato (o, in questo caso del non-creato) esisteva, veleggiando nella negazione della materia con la dignità e la probabilità di un delfino nella lava. Esso, dotato di coscienza del proprio esistere e sapendo di essere l’anomalia delle anomalie, spesso e comprensibilmente, rideva fra se. In quanto pre-materia esistente prima del tempo era lì quando scoccò il primo infisecondo. (infisecondo: unità di misura che indica l’infinitesimale atomo del granello di tempo che per primo toccò il fondo piatto e freddo del rigonfiamento più basso della clessidra del creato. Per comodità è associato al tempo medio con cui il pendolare tipo, trattenuto da impegni di vario genere, riesce a perdere il treno, pur correndo a perdifiato per il sottopassaggio della stazione.)

Il tavolo, per quanto emotivamente attivo, non era solito portare rancore, in primo luogo poiché il legno di per se è un materiale molto comprensivo e paziente, inoltre il rancore ancora non esisteva. D’altra parte un oggetto capace di esistere prima del pensiero stesso di “oggetto” ha abbastanza volontà per fare quel cavolo che gli pare. In quel momento (o non-momento) lo scrittorio era particolarmente alterato per più di un motivo: innanzitutto non aveva alcun piano d’appoggio, la cosa di per se’ non importava, nell’assoluta negazione del nulla e della presenza ogni cosa non è, quindi se il piano d’appoggio non c’era non esisteva neppure la mancanza del suddetto piano, ma il tavolo era un individuo semplice, la filosofia non faceva per lui, inoltre girando su se stesso accusava una forte nausea. Oltre a ciò qualche misterioso sconosciuto aveva simpaticamente deciso di scrivere in una lingua a lui sconosciuta la frase “Il nulla ci rende tutti migliori” lungo il suo fianco destro (la lingua, in realtà, era il Gallese, seppur non il vero Gallese, bensì la lingua primigena delle forze ancestrali della mancanza di tutto e niente che, per puro caso, assomigliava vagamente all’attuale idioma parlato nel sudovest britannico). Rendersi conto di essere a tutti gli effetti la cosa più nuova dell’intero immaginario universale ed aver già subito un atto vandalico lo irritava non poco. Ma su tutto, ciò che lo mandava davvero in bestia era il libro.

Il libro sembrava una grossa enciclopedia e data l’inesistenza di alcun tipo di dimensione si estendeva lungo il tempo e lo spazio come fosse una gigantesca sdraio. Ricordava un elenco telefonico. Più alto che largo, un grosso monolite blu pallido, con la copertina rigida che sbatteva di qua e di là (non esisteva, ovviamente, nulla che si avvicinasse anche lontanamente al vento, ma il tavolo dimostrava il proprio sdegno verso il compagno e successivo anello della sua catena evolutiva legnosa, saltellando da una gamba all’altra). Il volume di per sé era tranquillo, ma bastava la sua presenza per infastidire l’assenza di nulla e di tutto, sembrava sfidare l’arbitrarietà della negazione dell’esistenza con la forza della sua silenziosa immobilità. Un oggetto che in condizioni normali avrebbe scoraggiato qualsiasi lettore da ogni approccio che non avesse a che fare con l’accensione di un camino, ora si ergeva paladino dell’essere contro il non-essere. Il non-essere, per tutta risposta, vomitò copiosamente. Almeno era  questo ciò che il suono che si propagò nell’inesistenza di spazio suggeriva. Tutto d’un tratto Qualcosa ci fu. Un quarto elemento oltre il tavolo, la scritta e il libro. Il nuovo arrivato si guardò intorno circospetto e notando l’effettiva mancanza di un “intorno” pensò distrattamente alla possibilità di un qualcosa. E fra lo stupore generale (anzi singolare, dato che fu il tavolo l’unico a stupirsi, nonché l’unico con questa capacità) comparve “un” qualcosa. “Un” in realtà era una pressa per cialde tedesca (identificabile dalla presa della corrente) che quasi immediatamente si uccise (doverosa spiegazione: all’inizio del tempo tutti gli elementi sono compressi in uno stesso non-luogo, cioè in un punto, in tale punto si trova pressata dall’anti-materia, volontà, determinazione, paura, rabbia, amore, ma soprattutto conoscenza, la conoscenza totale e assoluta di ciò che è e ciò che sarà. La pressa per cialde rendendosi istantaneamente conto che la sua utilità si sarebbe rivelata solo centinaia di miliardi di anni dopo decise, comprensibilmente, di compiere l’estremo gesto).

Il Qualcosa, stupito dalla rapido rifiuto della realtà da parte di “Un” rimase fortemente sconvolto, tanto che per i successivi dieci miliardi di anni rimase fermo sul posto. L’immobilità finì nel momento in cui notò il librò che disperatamente troneggiava davanti a lui. Lo guardò per qualche secondo, ne saggiò il peso e ne masticò un lembo. Sulla copertina in bei caratteri oro era scritto: “Semplice manuale per creatività universo”. Il tavolo, rendendosi conto di stare scomparendo dai riflettori della ribalta in un palcoscenico che vedeva appena tre attori iniziò a dondolare infastidito. Il Qualcosa osservò con attenzione il tavolo agitarsi, poi ritornò ad osservare il libro. Poi il tavolo. Infine prese la prima decisione della storia universale delle decisioni. Mise il libro sotto una della gambe dondolanti della bella scrivania lucida. Lo scrittoio smise immediatamente di agitarsi.

Il Qualcosa incrociò le braccia al petto e per la prima volta di dieci miliardi di anni sorrise.

Aveva appena creato.

 

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