La Signorina Olga Flamant, maestra elementare in pensione, é una donna alta, magra come una scopa, di origine francese, e se non fosse stato per la compagnia del vecchio Oliver, meticcio lupo, da pochi mesi passato a miglior vita, potremmo definirla una donna del tutto sola.
Oliver aveva abitato con Lei, nella piccola villetta a San Casciano, alle porte di Firenze, per ben quindici anni. Era stato la sua ombra e la sua compagnia. Quando ancora la mattina, Olga, si recava a scuola, con la sua cartella sotto braccio, l’immancabile ombrello, le scarpe basse e il suo vecchio impermiabile verde, Oliver rimaneva in giardino ad aspettarla. Al rientro verso le quattordici, si poteva rimettere l’orologio, il cane entrava in casa con la sua padrona e non smetteva mai di perderla di vista, drizzava le orecchie ad ogni respiro più forte o semplicemente la guardava con aria interrogativa e spaventata ad ogni suo piccolo starnuto.
Adesso era morto, e la Signorina Olga cercava di abituarsi a questa forte mancanza, ma tanto era il suo strazio interno che ancora non si era decisa ad andare al canile.
Si soffermò sul fatto che con Oliver in casa, anche vecchio e diventato pure un po’ sordo, si era sempre sentita protetta, tanto da dimenticarsi l’inserimento dell’allarme durante la notte. Ma adesso senza quella sua ombra amica, la sera, una volta cenato, era la prima cosa che si apprestava a fare.
Nella stessa strada c’erano altre villette, ma la riservatezza di Olga era tale da farla apparire scontrosa e altezzosa, difetti che le appartenevano solo in apparenza, in realtà, Lei era silenziosa e solitoria, ma in classe si trasformava. Pur mantenendo la sua severità era affascinante e trascinatrice nell’insegnamento, tanto da lasciare la piega amara vicino alla sua bocca per lasciar posto al sorriso.
La sua casa era come Lei: ordinata, antica, piena di quadri, di foto, di ninnoli e di tappeti, dove, a voler essere proprio pignoli, si poteva ancora notare qualche pelo del vecchio Oliver.
E’ un qualsiasi giovedi del mese di ottobre. Ha piovuto tutto il giorno. Olga ha messo in ordine le foto di gruppo di alcune classi; ha dedicato tutto il pomeriggio in questo lavoro lento e di precisione, le ha sistemate per data, ed é tornata indietro col tempo; tutto questo l’ha resa malinconica. Dopo cena, come sempre ha visto la TV, e poi, é andata a letto addormentandosi quasi subito, nonostante la pioggia insistente.
In piena notte, improvvisamente Olga si sveglia. Rimane in silenzio nel buio. Ha la sensazione di non essere sola. Ricorda perfettamente di aver inserito l’allarme. Senza far rumore allunga lo sguardo verso il centro della camera. La sagoma di una persona le dà le spalle. Il cassetto centrale del vecchio cassettone é aperto e qualcuno, non molto alto, sicuramente più basso di Lei, cerca qualcosa. Presa dal panico, pensa al suo fedele amico che non c’é. Ha voglia di urlare, ma rimane bloccata, in silenzio e al buio. Lo sconosciuto si volta vero di lei all’improvviso, e si accorge che é sveglia.
Come un puma, il malvivente in un attimo é sopra la Signorina Flamant, la poveretta respira un fiato acuto e un sudore nausante, poi, un dolore fortissimo le impedisce di urlare come vorrebbe, le mani sono due morse sul collo, e Lui stringe sempre di più.
Olga si dibatte, ma l’uomo é forte e massiccio, anche se abbastanza basso. Le viene in mente Oliver, quando a volte nelle loro passeggiate solitarie, incontrava un cane maschio…, era terribile, Olga lo doveva tirare per la coda con forza e mettergli il guinzaglio. Lui attaccava i cani maschi sotto la gola, proprio per dimostrare il suo carattere dominante.
In un lampo Olga morde l’individuo in una gota. La sua bocca é ancora valida e forte, la sua dentatura sana, robusta e completa. Continua anche quando un sapore dolciastro si mescola alla sua saliva e quando lo stomaco con tutti i suoi succhi gastrici é alla gola; con forza lo ricaccia indietro, mentre Lui continua a stringere. Olga stremata, con una mano, afferra la statuetta di onice sul comodino; é un ricordo del suo ultimo quinquennio, rapresenta un cane lupo, forse Oliver; con tutte le sue forze continua a non mollare la bocca, e scaraventa con violenza e con una sola mano, la statuetta in testa al malvivente, all’altezza della tempia. Un tonfo, quello del furfante sul pavimento, seguito da un frastuono di cocci rotti. Olga, terrorizzata scappa dalla camera da letto, nel corridoio lo specchio le rimanda un’immagine terrificante: la camicia rosa di mussola é insanguinata, e lei sembra aver passato la notte col Conte Dracula; il viso bianco e la bocca in un lago di sangue. Anche le sue mani sono sporche. Non fa in tempo ad arrivare in bagno, vomita e piange. In quelle condizioni prende il telefono e subito chiama la polizia.
– Pronto, si sono la Signorina Flamant, si, la maestra. Venite subito a casa mia, c’é un uomo in terra, sul pavimento della mia camera, sono stata aggredita. Non lo so se é morto, non ci torno di là, venite subito.-
Mentre cerca di pulirsi con l’acqua in cucina, ancora sconvolta, Le viene in mente Oliver…
– Che dici Oliver avresti fatto di meglio? Lui era un puma, ed io ho sentito la forza dei tuoi primi anni di vita e l’aggressività che mettevi negli incontri, per competizione, con i tuoi simili maschi; era come se… tu fossi con me, anzi…, dentro di me.
Ho dovuto rileggere il finale che mi aveva lasciato un pò sospeso, il racconto é scorrevole e intrigante. Oliver starà sicuramente scodinzolando felice …
Brava Sandra, bellissimo! Licantropia poetica e struggente, assolutamente originale direi.
Grazie!
Grazie Ivan e grazie Germana.
A leggerci….
Sandra
Molto bello, oltre che originale. Il personaggio della signorina Flamant mi ha fatto riflettere sulla forza disumana dei vecchi quando li attraversa il passato. Molto bello davvero.
Luigi Nico