Non posso più aspettare. Devo farlo. Si tratta di trovare al più presto il luogo e il momento.

Stanza.
Incontro condominiale: il mio turno sarà il secondo e quarto lunedì.
Nel focoso dibattito squilla un telefono: il mio.
– “ Si?… ah, ciao Marco… grazie, passerò domani” – la mia solita sbadataggine, penso, mentre spengo.

Non posso più aspettare. Devo farlo!

Appena tornato da un estenuante giornata lavorativa sono, inchiodato da un dovere civile, su una piccola sedia vicino ad Ester (la vecchietta vedova) e il giovane studente di cui non ricordo neppure il nome.

Sò che è per il bene di tutti fare questo incontro; ma cinque minuti, chiedo solo cinque minuti!!

A volte mi osservo: lavoro, famiglia, la domenica partita con gli amici… una vita, insomma, del tutto normale… normale… NORMALE!!!
Questa mia condizione mi demoralizza: chi sono? cos’è che mi contraddistingue dal resto?

Vivo adattandomi a ciò che il mondo mi propone… mi sento sempre più un insignificante numero; un semplicissimo ingranaggio attraverso il quale l’enorme macchina continua la sua incessante produzione.

Non posso più aspettare. Devo farlo!!
Voglio, anzi, esigo il mio attimo di libertà!!!

Si tratta di trovare al più presto il luogo e il momento.
Sembra che la discussione abbia raggiunto un punto morto: ora o mai più!

“Allora buona notte – mi alzo – scusate, ma devo proprio scappare”

Raccolgo la giacca caduta sul pavimento polveroso (ma chi lo doveva pulire?) ed esco; fuggo…

Non posso più aspettare. Devo farlo!!!

Aria; finalmente libero. Lascio che la brezza autunnale mi accarezzi.
Riacquisto fiducia; fiducia in me quanto uomo.

… quasi involontariamente prendo dalla tasca la mia fedele compagna. La sto accendendo, la guardo:

“Quattro euro mi sei costata”

7 pensiero su “Non posso più aspettare…”
  1. Lo sciogliersi nella società artificiosa che ci siamo creati, genera squilibri che l’anima non accetta.
    Fuma tranquillo la tua cicca uomo, tanto il mondo non cambia.

  2. Mandami il tuo indirizzo che ti faccio avere il filmato per smettere di fumare.
    Così ti risparmi 4 euro circa a pacchetto e riesci a rimanere ben presente alle riunioni condominiali in cui si decidono spese folli di cui poi ti lamenterai.
    Se eviti di scappare, puoi esprimere il tuo parere negativo, tirare dalla tua la vecchietta e lo studentello, votare contro, risparmiare e destinare la somma (compresa quella delle sigarette non acquistate) per una vacanza rilassante e salutare.
    Se, però, vuoi continuare a disperarti, sei libero di farlo, perchè come dice Folletto, alla fin fine sono solo fatti tuoi.
    anna

  3. Sembra quasi un paradosso: sentirsi finalmente liberi proprio nel compiere un’azione che esprime una chiara schiavitù.
    5st e un saluto
    Greta

  4. Ho trovato che con l’ultima frase (“quattro euro mi sei costata”) il protagonista si sia reso conto che il suo intimo momento di libertà (la cicca) sia anch’esso frutto e prodotto del mondo consumista che lui odia tanto.

  5. Grazie a tutti per la lettura e per i commenti!

    Sono rimasto molto colpito dalle numerose e diverse interpretazioni che ci sono state.

    Non volendo condizionare la vostra idea, vorrei, comunque, dare la mia:

    secondo me, il protagonista si rende conto che questo suo disperato momento di libertà è, in realtà, solamente un altro prodotto dell’enorme “macchina”.
    Questa amara considerazione sarà causa di nuovo (e forse più intimo) turbamento.

    Seppur ritenendo sacrosante le parole di Giorgio Gaber: “La libertà è partecipazione”; in questa determinata situazione il protagonista è stanco di partecipare… infatti sente il bisogno di staccare per un pò la spina, di fuggire; forse anche per riflettere sulle modalità di partecipazione che lo facciano sentire realmente libero.

    Questa esigenza di fuggire, quindi, non la considero come mancanza di coraggio, bensì come un momento necessario per valorizzare al meglio la propria esistenza.

  6. Hai ragione.
    Tutti, io per prima, talvolta vorremmo essere altrove.
    Un “altrove” assoluto che ridia il senso della vita.
    Ma l’uomo è un animale sociale e vive “condannato” alla socialità.
    Mi sembra ridicolo dire di un bambino, di un adolescente, di un uomo: “è ben socializzato”. Che significa? Che non fa a botte ad ogni pie’ sospinto?
    D’altro canto vengono ritenuti soggetti straordinari gli individui vissuti come eremiti e nel tempo nostro il termine assume un senso negativo sottolineandone l’asocialità.
    Personalmente, io penso che nessuno stia bene con gli altri se non è in grado di saper vivere con se stesso, in quanto il frastuono non copre l’esigenza innata di chiarezza.
    Anche la partecipazione “forzata” non ha senso se è partecipazione alla volontà collettiva del gregge che non tiene conto delle esigenze dei singoli.
    Ciao.
    anna

  7. Mi piace molto il fatto che da una semplice sigaretta si possa passare a sviscerare altri argomenti ben più seri. Al fatto che inconsapevolmente siamo “pedine” (vero Anna?) di un ingranaggio enorme in cui tutto è rovesciato. Facciamo delle cose per sentirci liberi e in realtà non vediamo che ci stiamo infilando proprio nel tunnel dell’illusione di esserlo.
    5S
    Luxia

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