ONLY YESTERDAY (Soltanto Ieri)
Di NAIDA SANTACRUZ
Jenny fu svegliata dalla veneziana grigia che sbatteva contro la finestra. Si alzò dal letto ed attraversò la stanza, la fermò e guardando fuori esclamò:
– Quante stelle! –
Il vento le sfiorava i capelli sciolti sulla schiena, con mani agili ne fece una lunghissima treccia e poi continuò ad osservare il silenzio. Ben presto, pensò, si sarebbe concessa una vacanza, ormai erano due anni che non andava in ferie. Questa volta era decisa più che mai; l’ammiraglio Donovan doveva trovarle una supplente, dandole la possibilità di godersi le sue ferie non retribuite. Lui è un uomo molto anziano, con un gran carisma, orgoglioso, severo e di poche parole, di lui non si conosce molto, all’età di diciotto anni si arruolò volontario nella marina, poi le guerre, e molte medaglie al valore. Un uomo tutto di un pezzo che l’affascinava molto, con i capelli grigi, gli occhi neri ed un sorriso sensuale.
Ogni mattina il loro saluto, era solo un cenno con il capo poi tantissimi sguardi l’uno all’altra. Suonò la sveglia, e Jenny si preparò per andare all’accademia. Posò sulla cattedra i compiti corretti, quando sulla soglia comparve il tenente colonnello Franzetti che guardandola incantato, le comunicò:
– Signorina Jenny, l’ammiraglio Donovan l’attende in segreteria. –
Jenny avanzò verso di lui con un passo sinuoso ed immaginandone i suoi pensieri affermò:
– Distribuisca i compiti e spieghi loro l’imponente opera di bonifica, di canali navigabili e di sistemazione fluviale che troverà a pag. 1384 -.
Poi si diresse all’ascensore, e salì al quarto piano. Ogni venerdì si recava là, nella stanza della biblioteca per dedicarsi ad una piacevole lettura. I libri che amava leggere di solito erano quelli di mistero, oppure d’avventura, qualche volta anche romanzi d’amore. In quella biblioteca c’era di tutto personalmente l’ammiraglio si dedicava a tenerla sempre bene, aggiornata. Vi erano libri dal gran valore storico, enciclopedie d’altissima qualità, sacri e stranieri. Jenny si fermò sulla soglia e sbirciò nella biblioteca, l’ammiraglio non c’era, ma prima di andarsene fu interessata da un libro che sporgeva dalle mensole, si avvicinò per sistemarlo agli altri, e si accorse che era un diario. La copertina marrone, di pelle morbidissima, era trascurata dal tempo, aprì il diario e le pagine alcune scritte, altre no; erano ingiallite. Quel diario era molto vecchio. Un colpo di tosse alle sue spalle la fece sussultare, si voltò e vide sulla soglia, la figura affascinante e misteriosa dell’ammiraglio Donovan che espresse:
– Signorina Jenny venga con me. –
Jenny si recò fuori della stanza portando con sé il diario, si affiancò all’ammiraglio e attraversò il corridoio rosso; entrano in segreteria, poi l’ammiraglio espose:
– Mi sono permesso, la prego si accomodi, di guardare nel suo curriculum. Lei deve ancora maturare due anni di vacanze, più questa in corso. –
Aprì un cassetto della scrivania e prese un assegno già compilato, poi lo porse a Jenny informandola:
– Questo è per le sue vacanze, lo ritenga ufficiale da oggi, l’aspettiamo ad Ottobre. –
Jenny prese l’assegno, ed il suo sguardo si soffermò sull’anello che portava lui al dito anulare della mano sinistra. Un anello dalla fattura antica, con una pietra a forma di crocifisso, poi Jenny salutò l’ammiraglio con un cenno del capo ma prima di uscire dalla stanza lui le dichiarò:
– Le auguro una bella vacanza. –
Jenny rimase colpita dal quel tono di voce così dolce, e regalandogli una lunga occhiata indagatrice ed imbarazzante, ringraziò:
– Grazie, spero proprio che lo sia. –
Uscì dalla stanza precipitandosi di corsa a casa per preparare le valigie prime che l’incantesimo potesse svanire. Entrata in casa, posò sul tavolino del soggiorno, l’assegno e il diario che per la fretta non aveva riposato, poi si pose una domanda: “In vacanza ma per dove? ”
Il telefono squillò, e Jenny rispose:
– Pronto…chi è…no, ha sbagliato numero. Bene, ritenti. –
Seduta sul divano prese il diario e lo sfogliò;
le pagine ingiallite dal tempo recavano il paese e la data di quando furono scritte: sessant’anni prima. Erano lettere d’amore di due innamorati, la prima apparteneva a lady, Jennifer Wan Wood che scriveva al suo amato. Recitava così: ”Mio amatissimo amore, solo il tuo pensiero mi tiene costantemente viva, felice, nonostante mio padre non voglia. Ti aspetto alle sette querce della torre… ti amo dolcissimo.” Poi lui le rispondeva: “ Angelo divino, mia piccola Jenny, ti ho aspettato per delle ore, quasi il cuore mi si fermasse dal dolore per non vederti alle sette querce, ti scrivo queste righe aspettando le tue. Rimetti il diario nel nascondiglio vicino alla terza quercia. Io se non potrò raggiungerti leggero le tue, rispondendoti con le mie. Tuo amatissimo Nelson “. Jenny sfogliò altre pagine scritte, ma non leggibili dal tempo passato, poi lesse, solo nella metà, un’altra di Jennifer: “ Soltanto ieri, mio amatissimo amore, sono stata tra le tue braccia. Soltanto ieri… sento ancora ardenti i tuoi baci. Il desiderio. Oggi… ci rivedremo domani, amore mio ardente sotto le sette querce…” La pagina seguente e l’ultima apparteneva a Nelson: “ Mio caro pulcino, amore mio perduto sono giorni che non ti vedo più, e giorni che nel nostro diario non mi scrivi più lettere d’amore. E’ giunto il giorno che devo partire, ma ritornerò…” – poi il tempo fece da padrone stingendo la scrittura dei due giovani innamorati. Jenny chiuse il diario e figurò nella mente Nelson intento a scrivere sotto le sette querce, la sua lettera d’amore… poi aprì gli occhi e la visione svanì.
Ora sapeva dove andare in vacanza: “ Mia cara Jennifer Wan Wood, vengo a trovarti” – disse.
Si diresse verso la camera da letto e dall’armadio prese golfini, camicette, jeans e per ultimo, un bel vestito nero da sera, lungo, con scollatura dietro le spalle. Due ore dopo era pronta per partire, destinazione Sant’Elena dove viveva Jennifer. Il viaggio abbastanza lungo durò una giornata, seduta in quarta fila nel pullman, rilesse attentamente quelle lettere, non sapeva bene perché le leggesse e né perché si recasse in quella cittadina, ma esse erano la causa. Chiuse gli occhi e si vide nei panni di Jennifer a scrivere a Nelson descrivendo il suo amore per lui, all’improvviso una frenata brusca, la svegliò, Jenny si sentì confusa domandandosi come mai era lei a scrivere. L’unica risposta alla sua domanda fu che si sentiva sola. Orfana all’età di dieci anni, si dedicò completamente agli studi. Un solo amore all’età di diciotto poi alcune storie non serie ed ora all’età di ventisettanni lei era malinconicamente sola. Diventò professoressa, molto giovane, e subito ebbe il posto all’accademia. Ricordava ancora, il primo colloquio con l’ammiraglio Donovan; quell’uomo la turbava molto, l’affascinava, i suoi occhi neri erano in grado di leggerle dentro. L’autista comunicò di scendere e Jenny proseguì il viaggio con il taxi, domandò poi al conducente di condurla in una locanda.
Entrò e si avvicinò alla reception chiedendo al proprietario:
– Una camera preferibilmente con bagno interno. –
Il proprietario chiamò Marc, un giovanotto di colore per trasportare le valigie di Jenny alla stanza 32, poi comunicò allo sceriffo i suoi dati anagrafici. Jenny esausta per il viaggio si addormentò. Sognò d’essere Jennifer, era in cima alla torre intenta ad attendere Nelson. Vedeva le sette querce in un gran giardino splendente di fiori e poi dietro le spalle, sentì la voce autoritaria del padre che la obbligò a rientrare al castello ed a rinchiudersi nella sua stanza. Il bussare di continuo vicino alla porta la svegliò, la cameriera entrò dopo l’invito di Jenny con un vassoio recante la prima colazione, latte, caffè, toast e marmellata. Jenny si rinfrescò ed assaporò il tutto con un buon appetito, uscì poi con il proposito di recarsi in cerca delle sette querce. Nell’atrio ad attenderla c’era il vice sceriffo, un giovanotto meticcio che la chiamò:
– Signorina Thempleton, lo sceriffo di contea l’aspetta. –
Jenny contrariata lo seguì, e dopo qualche isolato, arrivò all’ufficio dello sceriffo Thompson. Nel momento in cui entrò lo sceriffo non c’era, e lei sbuffò, sapendo per esperienza la burocrazia degli sceriffi di contee, quella loro flemma, il viso paffuto come la loro pancia, quando cercavano spiegazioni sul perché, portasse i suoi alunni ai canali navigabili. Lo sceriffo Thompson entrò dieci minuti dopo nell’ufficio salutando in modo garbato:
– Mi chiamo Geffrin Thompson, sceriffo di questa contea -.
Porse la mano a Jenny che affascinata spontaneamente asserì:
– Magnifico, lei somiglia moltissimo al ritratto del mio attore preferito, l’uomo dalle poche parole, il più ammaliante, il più seducente…Clint Eastwood -.
Lo sceriffo sorridendo compiaciuto, notificò:
-. Non sapevo di assomigliarli tanto. Io ho trent’anni di meno, mi creda -.
Jenny sorrise, poi si scusò:
– Mi riferivo a quando, era giovane. Mi dica, perché mi ha fatto venire? -.
Lo sceriffo estrasse dal cassetto dei fogli di verbale poi dichiarò:
– Personalmente richiedo informazioni ai turisti per la loro visita. Cosa l’ha portata fin qui?-.
Jenny riferì’:
– Voglio visitare la tenuta dei Wan Wood -.
– I Wan wood? Sa che sono più di cinquant’anni che il vecchio marchese morì e della sua giovane figlia rapita non si seppe più niente -.
Dichiarò lo sceriffo meravigliato che un turista chiedesse della tenuta, ormai dimenticata dal tempo, e dallo stesso paese.
Jenny intervenne:
– Rapita? Come rapita.-
Geffrin riferì:
– Sessant’anni fa la bellissima marchesina fu rapita dall’amante, così dichiarò suo padre il marchese. Un ragazzo di modesta famiglia, da prima aiutante in quella tenuta, poi giardiniere dalle ottime referenze. I due si amavano tanto, ma il marchese, era molto geloso della propria figlia e proibì la loro storia tormentata. Ormai sono cinquant’anni che il castello è rimasto abbandonato, nel testamento il marchese lasciò i suoi averi all’amata figlia, morì, molti anni dopo di crepacuore. –
Si tolse gli occhiali, e chiese:
– In che modo affermarono che fu il suo amante a rapirla? -.
Geffrin le rispose, accendendosi una sigaretta:
– Contemporaneamente alla scomparsa di lei non si trovò neppure lui. In seguito, lettere anonime di rapimento giunsero al castello del marchese chiedendo un enorme riscatto. Il padre fece delle ricerche che furono vane. Di loro non si seppe più niente. –
Jenny domandò allo sceriffo: – Mi accompagnereste alla tenuta? –
Geffrin le replicò:
– Certo, ma sarà difficile riconoscere il luogo, il tempo passato deve aver seppellito il tutto dietro una montagna di giungla. –
Jenny non si perse di coraggio. Verso il pomeriggio lo sceriffo Geffrin la condusse su in cima, ma della tenuta e del castello nessuna traccia.
Jenny gli riferì:
– Ho trovato nella biblioteca dove insegno ingegneria, lettere d’amore –
– Dei due innamorati e non credo che Nelson l’abbia rapita. –
La interrompe Geffrin:
– Perché non crede che è stato lui? -.
– Dato che, lui aspettò la sua lettera –
Assentì Jenny, spostando con le mani erbacce e continuò col dire:
– Nelson partì vari giorni dopo averla aspettata in vano. -.
Geffrin aiutandola, diede una versione del tutto personale all’accaduto:
– Non ha avuto risposta, solo perché lei era con lui –
A Jenny non quadrò quell’ipotesi ed intervenne:
– Lui aspettò la sua lettera per dei giorni, prima di partire. Quale motivo avesse avuto ad aspettare che lei gli scrivesse, se poi erano scappati insieme?. Qualcun’ altro l’ha rapita -.
Geffrin pensò che forse quell’ipotesi era la più giusta, ma poi si pose una domanda” Se Nelson era innocente, perché allora non si riscattò di ciò che accadde quel giorno?”. Girarono per delle ore poi il sole tramontò e loro ridiscesero la montagna. Geffrin aveva deciso di abbandonare ogni resistenza. Lei era una donna di gran bellezza senza dubbio, pensò, i suoi occhi gli ricordavano le vaste distese di terra in una conturbante mescolanza di spigoli e morbide curve. Quella notte Jenny ebbe un incubo, si rivide in cima alla torre vestita come Jennifer, con un lunghissimo ed ampio vestito, seduta ad una scrivania stile Luigi XIV. che scriveva a Nelson…” Mio amatissimo amore, mio ardore, vita della vita mia, soltanto ieri ero tra le tue braccia ed oggi sono stata rinchiusa qui, da mio padre. Vorrei vederti, vorrei…” Il vento che entrò nella stanza la svegliò. Jenny si sentiva turbata, avvertiva la necessità di scoprire il mistero che la circondava; si riaddormentò poi la sveglia suonò e lei si preparò. Passeggiava tra il paese, camminando lentamente, osserva tutto con divertimento, e quando giunse in fondo al paese s’incamminò per il viottolo che la condusse al sentiero dove vide attenderla appoggiato con le spalle contro lo sportello dell’auto, lo sceriffo.
Bello in divisa, gli dava un’aria, molto giovanile, diverso dallo sportivo signore del giorno prima, molto più affascinante. Il sole gli illuminava il volto. Assorto, perso in qualche pensiero, dava un’impressione di caparbietà e di durezza. Un’aria di pericolo gli aleggia intorno alla bocca senza sorrisi, e un senso di forza s’irradiava da tutto il suo corpo. Lei avanzò e lui sostenne:
– La credevo già in cima. Le darò una mano per le ricerche, poiché credo che questa storia l’abbia presa molto a cuore. Qualche collegamento con lei?…Un amore perduto?…-
Jenny si sentì colta nel segno, la sua solitudine era visibile, poi lo guardò e con voce triste rispose dandogli del tu:
– Avevo diciott’anni quando m’innamorai seriamente di un ragazzo più grande di me. Liuk non sapeva nemmeno il mio nome, né che esistevo. Lo amavo moltissimo. Lo amavo da lontano, di nascosto, riempivo un diario di lettere dedicate a lui, quelle che non lesse mai. Mi sono dedicata solo alla mia professione ed ho chiuso l’amore fuori della porta –
Geffrin poi aggiunse:
– Pensi che voler scoprire la loro storia, ti faccia riaprire la porta?. –
Jenny, non rispose, continuò a camminare.
Geffrin la tenne per mano scendendo la montagna, lei era silenziosa. Camminavano verso il paese, poi Jenny fu fermata da un vecchio che le comunicò: – Mio Dio, lady Jennifer è tornata. –
Jenny si presentò e chiese spiegazioni. Il vecchio con lacrime agli occhi ricordò:
– Ero il braccio destro del marchese, lei è il ritratto vivente della signorina Jennifer. Soffrì molto il povero marchese della sua scomparsa -.
Jenny intervenne chiedendo:
– Conoscevate Nelson, cosa sapete di lui? -.
Il vecchio ricordò:
– Non saprei cosa dire di lui, era un bravo ragazzo. Capisco perché la rapì. Il marchese non vedeva di buon occhio la loro storia perché lui non era un nobile. –
Continuarono a camminare, ma nella mente di Jenny s’affollavano domande, Geffrin la guardava confuso, camminando lentamente dietro di lei, sentiva di volerla aiutare. Entrarono nella locanda in silenzio, poi Jenny s’accomodò ad un tavolino e lui le domandò:
– Posso farti compagnia? -.
Si presentò al loro tavolo Marc apparecchiandolo per la cena. Portò antipasti, un primo piatto che Jenny gradì moltissimo e per secondo piatto una bella fettina di vitello con patatine ed insalata, Geffrin ordinò per terminare la cena, due coppe di gelato: panna e cioccolato. Finita la cena Geffrin s’informò:
– Per quanto tempo rimarrai nel nostro paese? –
Jenny affermò:
– Ho due mesi di ferie. Tu sei di qui? –
Geffrin guardò fuori e confermò:
– I miei genitori emigrarono dal Kansas, molto prima, che io nascessi. Trovarono un bel pezzo di terra fuori del paese e misero le radici. Io sono cresciuto nella gran città, da una mia zia, dopo le scuole mi arruolai nella polizia e poi alcuni anni fa feci domanda per ricoprire la carica di sceriffo di contea ed ora eccomi a Sant’Elena. –
Jenny lo guardava affascinata, sentiva un’attrazione per lui poi domandò:
– Nessun amore, sei sposato? –
Lui sorrise compiaciuto, la guardò e rivelò.
– No! Nessun amore, ma presto aprirò una porta. –
Lei arrossì poi lo salutò avviandosi in camera sua. S’immerse in un bel bagno d’acqua profumata. Era ciò che le serviva, era il suo toccasana; accarezzava l’acqua così dolcemente da riuscire a non formare altra schiuma, e dopo fatto il bagno si diresse nella stanza avvicinandosi alla finestra, e guardando il paese senza accorgersene si trovò a sognare ad occhi aperti Jennifer. La vide vestire sfarzosi abiti.
Sentiva la musica provenire dal salone, era lei che suona quella singolare melodia dolcissima. La vide circondata da giovanotti dagli abiti impeccabili farle la corte, ma lei si nascondeva dietro un ventaglio nero di seta, cercando di scorgere il suo amore più grande della propria ombra. Un amore mantenuto nascosto dall’età di dieci anni. Li vide correre insieme. Vedeva un ragazzino bruno, snello, dai grandi occhi neri rincorrere miss. Impacciata da quel suo vestito largo e rosso con fiocchi blu. Correvano e giocavano felici e poi li vide grandi ed innamorati. Lei bellissima tra le braccia di lui, seduti sotto le sette querce mentre lui le recitava delle poesie di grandi autori. Poesie che le descrivevano il suo amore per lei. Jenny fu svegliata dal vento. Si accorse che tutto quello che aveva visto era stato frutto dell’immaginazione, delusa dal suo stato d’animo si portò verso il letto addormentandosi. La mattina seguente a bussare contro la sua porta fu Geffrin che le comunicò:
– Perché non assumiamo dei volontari che ci aiutino con le ricerche del castello?.-
Jenny rispose:
– Si, è una magnifica idea, questo ci darà modo di abbreviare i tempi. –
Poi fecero colazione e dopo andarono in giro per il paese in cerca di mano d’opera. Si presentarono nel pomeriggio più di quanti ne immaginassero, entusiasti e pronti per la loro impresa. Geffrin formò delle squadre poi mandò quei ragazzi a ripulire i sentieri. Lavoravano per delle ore ininterrotte tutti i giorni, ridendo, parlando e confidando un pezzetto della loro vita. Una sera, terminato il lavoro, i ragazzi, scesero in piazza. Seduti in terra, vicino ad un falò con le gambe incrociate, tenendosi per le mani cantavano canzoni d’amore. Anche il sindaco intervenne a quella solidarietà emozionante, poi propose:
– Riportiamo il castello al suo splendore, in modo che diventi una tappa per i turisti. –
Poi si voltò verso Jenny proferendo: – E’ merito suo che questi ragazzi sono uniti da qualcosa in cui credono, ad opera finita, nel castello daremo una festa con costumi d’epoca e, sarà dedicata a lei, signorina Jenny.-
Jenny notificò:
– E’ solo merito dell’amore che univa Jennifer a Nelson, quando inaugurerete il castello, recitate questi versi “Pronuncio il tuo nome nelle notti buie, ed il tuo nome suona più lontano che mai, più lontano delle stelle, e questo soltanto ieri…”-
Geffrin intuì:
– Giusto! Lo chiameremo “ ONLY YESTERDAY” il castello dell’amore perduto. –
Il giorno dopo, le squadre si alternano a turni, di quattr’ore, i viali riprendevano vita. Le strade fatte di terra battuta mostravano l’eleganza di una parte d’epoca passata, i gusti e la fatica di schiavi per mettere in risalto lo splendore e l’eleganza di una nobiltà decadente, già in crisi con, la politica di allora. I giorni passavano ed il lavoro dei ragazzi dava i suoi frutti. Anche il falegname, costruì due carrozze per il trasporto. S’intravidero i primi turisti, le sartorie confezionavano abiti d’alta società, le pasticcerie sfornavano dolci a forma di castello. La vita di quel piccolo paese si sviluppò piacevolmente, gli affari dei commercianti, diveniva più florido. Jenny seduta al tavolino della locanda pensava dispiaciuta che da lì a poco sarebbe ripartita, nonostante il mistero della scomparsa di Jennifer non fu risolto, lei doveva ritornare nella sua città, alla propria vita solitaria. Poi provò un tuffo al cuore, quando sentì la voce calda e sensuale di Geffrin, mentre le parlava:
– Nessuno vuole sapere la verità del suo destino, a quanto, pare, neppure tu. Vero? . –
Lei si voltò ed aspramente deliberò:
– Certo che m’Importa! Io ho fiducia nel loro amore, e se mai in questo momento sono venuti a conoscenza del ritrovo del castello, verranno per dichiarare la verità. – Geffrin corresse:
– Ne dubito –
Poi continuò:
– Tenendo conto che sono passati anni d’ignoto mistero, chi ti assicura che sono ancora vivi?. –
Jenny scosse il capo, non era quello che avrebbe voluto sentirsi dire, ma ciò che Geffrin osservò, era vero. Pensò amaramente Jenny, salendo le scale. Il giorno dopo, bussò alla porta di Jenny, una ragazza della seconda squadra volontari, comunicandole entusiasta:
– Vieni, abbiamo liberato il cancello dalle erbacce, possiamo entrare nel parco ed anche nel castello; fai presto. –
Poi senza aspettare la sua risposta si precipitò giù in tutta fretta. Jenny si vestì, e con il cuore in tumulto si precipitò alla tenuta; ed eccolo il castello, imponente, maestoso, stupendo. Jenny si sentì emozionata, il cuore le batté forte, entrò nel palazzo lentamente, immaginando Jennifer all’interno di quello splendore. S’incamminò verso il salone e lì, vide il suo ritratto, seduta su un divano di pelle, avvolta da una tristezza indecifrabile.
Zittirono tutti, loro due erano identiche. Jenny si recò in ogni stanza per trovare tracce di lei e della lettera mancante, ma non trovò alcun indizio. Poi delusa ed amareggiata sospirò ad alta voce: – chi ti ha, rapita Jennifer?. –
Il lavoro di restauro continuò per diverse settimane, si trovò il sentiero che condusse alla torre, ma non si trovò alcuna porta che portasse in cima. Personalmente Jenny, trovò il nascondiglio del diario sotto la terza quercia, dove tutti i giorni s’intratteneva meditando su i suoi sentimenti per Geffrin, proprio come Jennifer, scriveva frasi d’amore per lui. Un pomeriggio Geffrin sedendosi vicino le disse: – Sono andati via tutti. E’ arrivata anche l’insegna, l’inaugurazione, si terrà domani. Sei silenziosa, questa sera, tutto bene?. –
Jenny lo guardò dritto negli occhi e poi rivelò: – Sono contenta che questo posto ritrovi i suoi splendori. Sotto queste querce, io mi sento innamorata. Innamorata di te. –
Lui avvicinò il suo volto a quello di lei, lei avvicinò le proprie labbra a quelle sue e fu un bacio passionale. Jenny sentì qualcosa che la colpì del tutto, impreparata, un brivido attraversarle la schiena, mentre la mano di lui prese ad accarezzarle la spalla, la nuca, a scivolare sotto i suoi capelli, desiderandosi entrambi emozionati. Geffrin sollevò Jenny tra le braccia portandola fino alla stanza di Jennifer, posandola poi dolcemente sul letto, le loro labbra s’incontrano in un bacio esplosivo. La bocca di lui prese la sua, se ne impossessò tentandola, calda e dolce e provocando infiniti brividi al suo corpo. Lei gli strinse le braccia intorno al collo, avvicinandosi ancora di più a lui. Tremava, non aveva alcun desiderio di pensare, voleva solo quell’abbandono e gioire d’ogni singola sensazione che l’attraversa come una tempesta. Non si era mai sentita altrettanto viva, e non riusciva a ricordare un altro attimo simile a quello tra le braccia di lui. I jeans di entrambi volarono giù dal letto e poi fra tante carezze e baci i due corpi si unirono ripetutamente. L’alba li trovò abbracciati ancora, quell’aria tiepida invase la stanza, lei si sentì appagata e dolcemente accarezzò il volto di lui che dopo l’amore si presentava fortemente virile. Si rivestono e ritornano in paese, in un assoluto silenzio, entrambi sapevano che quel nido non gli apparteneva. L’inaugurazione fu per quella sera. Jenny indossò il suo abito nero. Lo indossò lentamente, mentre nella sua mente era vivo il ricordo della notte precedente passata con Geffrin. Abbottonò i bottoni dietro al collo. Alzò i capelli fermandoli con forcine luccicanti, diede del rosso sulle guance, poi calzò le scarpe nere con il tacco a spillo e scese nell’atrio.
Ad attenderla nella locanda c’era il vice sceriffo che quando la vide esclamò:
– Siete bellissima, signorina Jenny! -.
Poi si portano al castello. Jenny una volta scesa, si ricordò di aver lasciato, nella stanza di Jennifer, l’orologio e salì a prenderlo. Quando uscì dalla stanza di lei, si affacciò dalla balaustra e vide l’orchestra nel salone suonare, e gli invitati danzare, poi ad occhi aperti come per magia, assistette ha ciò che accadde quella sera fatale…
“Jennifer scendeva le scale, vestita con l’abito rosso. Stringeva tra le mani un ventaglio nero di seta, quando il padre la fermò da un braccio e le disse minaccioso:
– Dove vai, Jennifer?. Ricordati che devi suonare l’arpa per la contessa ed il conte Tomaszewski. –
Lei gli rispose intimorita:
– Vengo subito, padre, esco solo sul porticato per guardare la betulla della mamma. –
Jennifer uscì sul porticato avviandosi verso il sentiero dove nascosto da un’aiuola, Nelson, la chiamò sotto voce:
– Jennifer, Jennifer. –
Jennifer gli corse incontro. Si abbracciarono e si baciarono ardentemente poi lui comunicò:
– E’ giunta l’ora di partire. Ti prometto che presto ti verrò a prendere, per portarti via da lui -.
Jennifer si sfilò dal dito anulare un anello e donandoglielo riferì emozionata:
-. Portalo con te per sempre, come pegno del mio amore e vienimi a prendere appena puoi. Domani lascerò la mia lettera nel nostro diario. Oh amore mio, morirò senza di te -.
Jenny li guardava come se fossero vivi dinanzi a lei. Poi sentì le ultime parole di lui, sussurrate amorevolmente:
– Si, mio pulcino, mio amore, domani verrò a prendere la lettera che mi terrà compagnia fino a quando non tornerò a riprenderti. Anch’io morirò senza di te. Porterò per sempre, finche morte non ci separi questo magnifico anello, e m’impegnerò ad amarti ed onorarti per tutta la vita. –
L’ultimo bacio, poi lui uscì dalla tenuta. Fu allora che il marchese si sfilò la cintura dei pantaloni e frustandola gli disse:
– Non partirai mai con lui, te lo proibirò, non permetterò mai che nessuno ti porti via da me!. –
Jennifer scappò, inseguita da Jenny e dal padre, nella cripta di famiglia, spostò il paralume in modo tale che si aprì una porta segreta che la condusse alla torre. Il padre la inseguì rinchiudendola in una stanza senza finestra, lasciandola morire.”
Jenny era impietrita, con lo sguardo agghiacciante e le mani fredde, ferma davanti ad una porta murata. Geffrin che l’aveva inseguita spaventato, scuotendola domandava:
– Perché sei ferma davanti a questo muro Jenny ? -.
Lei si svegliò ed abbracciandolo forte, con un tono caldo ed emozionato, gli affermò:
– Jennifer è stata, murata viva dal padre. La sera prima che Nelson doveva partire Jennifer gli regalò un anello. Un anello che io so chi lo possiede. Lei la troverai dietro questo muro, ti prego dalle degna sepoltura, io devo partire. –
Geffrin la guardò confuso, non capiva quello che lei le stesse dicendo, la fissava solo teneramente, mentre lei scendeva le scale di corsa. Jenny trovò nel giardino il vice sceriffo, e si fece accompagnare alla locanda, dove una volta arrivata, prelevò i soldi e partì. Il giorno dopo si precipitò all’accademia, portandosi decisa dall’ammiraglio e senza bussare entrò. Lui ruotò con la sua poltrona a guardarla, lei avanzò verso di lui tenendo stretto al suo seno il diario, lo posò sulla scrivania e poi con disprezzo recitò:
– Amatissimo amore, mio devoto porta con te per sempre come pegno del mio amore quest’anello. –
Poi Jenny prese la mano di lui e guardando l’anello continuò dicendo:
– Lo porterò sempre con me, finche morte non ci separi, m’impegnerò ad amarti ed a, onorarti per tutta la vita e presto verrò a prenderti. –
Lui ritirò il suo palmo, poi si passò le mani sul viso, e lei guardandolo con sdegno continuò:
– Perché non sei tornato a riprenderla? Perché hai fatto in modo che io vedessi il diario per poi mandarmi a Sant’Elena? Perché mi hai fatto credere ad un amore pulito, vero, se poi proprio tu l’hai abbandonata? Perché Nelson?. –
Ormai vecchio e stanco gli rispose in una morsa di dolore:
– Io l’amo, ho continuato ad amarla attraverso te per tutti questi anni. Prima di partire io mi recai al nostro appuntamento, l’attesi ma lei non venne, presi il diario e notai che non c’era la lettera. Il giorno dopo, m’imbarcai. –
Mentre raccontava riviveva quei momenti con lacrime di passione.
– Rimasi ferito nel corso di uno scontro con una mina, restai paralizzato dalle gambe in giù e per ironia, della sorte quando ripresi a camminare per poterla finalmente andare a riprenderla dopo tutti quegli anni che ci avevano separato, seppi che non l’avrei potuta più amare, io non ero più un uomo. Scherzo del destino “ camminare ma non amare”, così mi arruolai in cerca della morte, ma mio malgrado ebbi solo medaglie al valore. Poi tantissimi anni fa mi trovai con la mia nave, quando ancora ero capitano, nel golfo vicino Sant’Elena, così di notte mi recai al suo giardino per pensare a quando sotto le querce io le recitavo poesie. Quanto ho sofferto, quanto mi è mancata in tutti quegli anni! Ma non volevo rovinarle la vita, e poi quale vita, avrei potuto offrirle? –
Si fermò in una breve pausa, poi la guardò, implorando con quei suoi occhi il perdono e, continuò lo straziante racconto:
– Quante notti insonni, tormentate, quanto desiderio di amarla, di stringerla fra le mie braccia e sentirla mia. Quanti pianti sotto quelle querce e poi camminando mi accorsi che c’era ancora il nostro diario, lì seppellito. Lo raccolsi, lo sfogliai, mi resi conto che quella lettera non l’aveva mai scritta. Ho pensato che il padre la diede in moglie, quella sera stessa al duca. –
Senza accorgersi le sue mani strinsero quel diario vecchio, come lo era lui.
– Nel momento in cui me n’andai al chiaro di luna, vidi, che il parco era letteralmente abbandonato, mi voltai a guardare ancora una volta quelle querce che avevano visto tempi migliori e, giurai a me stesso che un giorno, avrei saputo se lui l’avesse fatta felice. Così ho fatto in modo che tu trovassi il diario, conoscendo la tua passione per il mistero. –
Jenny lo guardò confusa, amareggiata da quella storia sublime di un amore ancestrale e gli rivelò l’amaro destino di quella fanciulla che per crudeltà morbosa di possederla in eterno, il padre l’aveva murata viva e lei gemente in ricordo del suo cavaliere errante, testimoniando il suo amore in due righe, sotto voce disse:
– T’amerò per sempre, poiché tu sei più della mia vita stessa. Amerò solo te, per tutta la vita e ti resterò vicino fino alla fine del mondo.
Tua devota Jennifer Wan Wood.
Si avvicinò alla porta, lasciandolo ad uno sconforto immenso, e prima di uscire per sempre dalla sua vita, disse senza guardarlo:
– Io ritorno a Sant’Elena, addio Nelson. –
Lui allora si lasciò andare ad una totale disperazione, aveva irrimediabilmente desiderato che lei fosse stata felice amandola in segreto attraverso gli anni, riconoscendo nel suo triste sguardo un amore perduto, infausto, un crudele destino. Ora sentiva la sua dolce sposa recitargli: “Pronuncio il tuo nome nelle notti buie, quando gli astri vanno a bere alla luna, ed io mi sento vuota di passione e musica, orologio impazzito che canta morte, ore antiche. Pronuncio il tuo nome e il tuo nome suona più lontano che mai, più lontano delle stelle, più dolente della pioggia quiete…”
Intanto lasciatolo solo a sé stesso, Jenny ripartì e tornò a Sant’Elena di notte fonda, bussò alla porta di Geffrin che quando la vide la strinse forte a sé, e lei sottovoce riferì:
– Ora chiudi pure la porta, io ho trovato quello che cercavo. –
I due corpi si amarono appassionatamente. L’alba ancora una volta li trovò sul letto, nudi, abbracciati ancora.
Molto commovente, fantastico.
Davvero appassionante.
Grazie per avermi catapultato in questo mondo magico!
E molto corto, soprattutto 🙂
Ancora grazie!! Un bacione, spero di leggere altri racconti come questo 🙂 grazie delle emozioni.. sto ancora piangendo <3