Mi chiamo Aronghadi Metutso, ho 26 anni, e vengo dalla Costa D’Avorio.
Il mio villaggio si trova vicino alla linea di confine che separa Burkina e Ghana.
Sono di etnia Senufo, agricoltori.
Coltiviamo generalmente grano, e se il raccolto è buono ne conserviamo una parte in granai circolari che costruiamo con mattoni crudi.
Sono alto e magro e la mia pelle è molto scura, ma non i miei occhi.
Oh, no!
Non sono azzurri o verdi come potete intendere voi, è solo che non sono completamente neri.
Hanno una leggera sfumatura blu, ma blu come di una notte serena, cioè non completamente buia. Solo durante la stagione delle piogge diventano più chiari anche se non sono paragonabili ai vostri occhi “azzurro cielo”, direi piuttosto che, i miei, rimangono azzurro notte, ecco!
Eccetto mio padre, tutti nella mia famiglia, abbiamo gli occhi di questo strano colore.
Pare che ciò dipenda dal fatto che una lontana antenata di mia madre, fosse finita a servire in casa di un bianco dagli occhi di cielo, e che questa “goccia di colore” si sia tramandata fino a me.
Per il resto non so altro.
L’Europa non sapevo che cosa fosse fino a pochi mesi fa, quando mio cugino Neghari me ne ha parlato per la prima volta.
Mi ha detto che sarebbe partito presto, passando per il Mali per incontrarsi con altri in una città del nord, Tessalit, dove era prevista una spedizione che traversando l’Algeria sarebbe giunta al mare e poi di lì in Europa, a cercare un lavoro, perché lì, non è che dipendeva dal tempo se riuscivi a seminare e poi a raccogliere, non è che dovevi costruire canali e vasche per conservare la acqua, lì l’acqua è conservata in grandi depositi e poi quando ti serve la prendi, e non devi costruire granai, no no!
Lui stesso aveva sentito parlare di un uomo di Bouake che era tornato ricco dall’Europa e che si era comprato due buoi giovani e preso un’altra moglie.
Ricordo che in quel momento guardai mio cugino invidiandolo per la sua decisione.
Sarebbe partito dopo due settimane.
E infatti quella mattina all’alba, mentre salutava la vecchia madre alla luce del giorno nascente, si voltò e mi vide. Le mani in tasca e un piccolo zaino che mi ero costruito da me con un vecchio sacco.
Tutto quello che avevo.
Adesso non ho neanche quello. Ho perso tutto durante il cammino, ma ora sono in Europa, e tutto qui può essere.
Non voglio più pensare alle brutte cose che ho visto ed ho vissuto durante il viaggio, non ne voglio parlare.
Ora devo pensare a lavorare, e devo dire che mi sono sistemato al meglio.
Contrariamente ad altri ho avuto la protezione di Azhalar che è arrivato qui già da quattro anni, ha imparato la lingua e si è inventato un nuovo modo di fare soldi.
È un modo semplice.
Praticamente ha piazzato alcuni di noi nei punti di maggior traffico ma con pochi parcheggi, ad esempio vicino ai grandi ospedali, per cui le persone che cercano un parcheggio girano e girano inutilmente, ma quando si libera un posto ecco ci siamo noi che li aspettiamo, gli aiutiamo a parcheggiare, gli compriamo persino il biglietto alla macchinetta, e loro ovviamente si sdebitano per questo servizio comprandoci magari un solo accendino, ma c’è tutto il giorno per trovare qualcuno che ti compra, che so un pacco di calze da cinque euro, basta insistere un po’, ma non troppo altrimenti si arrabbiano.
Comunque io ho un bel pezzo di marciapiede tutto per me, mio cugino Neghari stà un po’ più in là e mi sembra contento. Speriamo solo che non si fermi una macchina della polizia come è successo due giorni fa al vecchio ospedale.
Ancora non sappiamo che cosa è capitato a Ghedaai e a Nulahti, i due ragazzi che abbiamo incontrato durante il viaggio, sulla barca.
Certo quando aspetto che si liberi un posto ho del tempo per pensare.
E allora penso al mio villaggio, alle avventure del viaggio, a quando tornerò, alla gente di qui che il più delle volte ti ignora. A volte compra qualcosa ma non ti sorride quasi mai.
Una volta soltanto ho incontrato una donna che mi ha sorriso è che in francese mi ha chiesto se stavo bene.
Sono rimasto così sorpreso che parlasse il francese, che con la mia parlata elementare sono solo riuscito a dirle “Oui, ça và bien. Merci!”, poi lei mi ha salutato ed è andata via.
A volte penso anche al passato della mia terra. A come sarebbe stata se i bianchi non avessero deciso di conquistarci e colonizzarci.
Probabilmente avremmo continuato a vivere in pace seguendo i ritmi del sole, probabilmente non saremmo cresciuti lo stesso, ma forse avremmo avuto le loro stesse opportunità.
La nostra vita nelle nostre mani, le nostre mani per scavare da noi e per noi le nostre risorse. Una vita libera.
Invece qui, ogni volta che mi capita di entrare in un posto, un negozio, una sala d’attesa o un posto dove ci sono molte persone, sento una vibrazione che sposta l’aria al mio arrivo.
È una cosa impercettibile, densa, che ultimamente si è fatta più pesante.
È una strana sensazione sentire che il tuo colore è diverso.
Allora mi faccio forza e penso “Voi siete venuti a casa mia, tanto tempo fa, e vi siete presi tutti i doni possibili. Ora sono venuto io a trovarvi, e vi chiedo solo di lasciarmi vivere”.
Mi faccio forza e tengo il mio sguardo alto, ma incontro solo muri di indifferenza o paura.
Solo la mia tristezza sa, che vorrei tanto incontrare il sorriso di occhi del mio stesso colore.
Un bel racconto che parla di storia attuale, vera, ben descritta anche nel suo intento di trasmettere ciò che la scrittrice vuol fare arrivare.
I clandestini… Forse abbiamo tutti ragione ma questo certo non risolve il problema.
Il nostro amico di colore che come molti altri cerca un lavoro per migliorarsi, per tornare un giorno nella sua Terra con qualcosa in più rispetto alla sua partenza, e gli altri, i passanti, la gente che corre per mantenere il proprio benessere, titubante nell’accoglierli, a volte indifferente, non certo per il colore della pelle o per quegli occhi “belli e particolari” ma per le vicende sgradevoli che spesso capitano, bianchi o neri, eppure dovrebbe esistere una via di mezzo, un collegamento, per aiutarci, per fare di una terra arida una terra che faccia vivere bene, un sorriso che faccia da ponte alla lingua. Non dovrebbe essere difficile per gli umani, il dialogo, la comunicazione, dovrebbero essere praticate… Tuttavia, il Mondo è complicato, e a noi, che siamo nati in quell’angolo di mondo “più fortunato” rimane quel “nervosismo e quella frenesia” che ci lascia quasi indifferenti o abituati alla sofferenza altrui.
Grazie per questa riflessione.
5st.
Sandra
Commovente stereotipo popolare del migrante in cui emerge la dolorosa scissione tra culture e affetti in cui si riflette la più generale crisi culturale nei nostri tempi… L’Europa è certamente multietnica ma non ancora multiculturale. Non si tratta di avere comprensione per lo straniero o generosità per il migrante perchè in passato anche noi italiani fummo emigranti, bensì di avere una capacità di restituire uomini e cose al loro contesto…
Mi ha molto colpito in questo racconto il riferimento agli occhi.
La figlia orientale adottata da una coppia di conoscenti, ormai donna e madre, quando ha visto il suo bambino per la prima volta, ha esclamato: “Ecco finalmente uno con i miei occhi!”.
E’ stata voluta, amata, allevata con dedizione e affetto dai suoi genitori italiani, ma percepiva la sua diversità sentendosi sempre estranea. Ora ha finalmente un esserino che le assomiglia.
Sembrerà strano, fuori luogo, forse anche reazionario, ma io sono contraria a questi sradicamenti che sembrano avvicinare gli esseri umani, ma che scavano solchi profondi e creano emorragie all’interno di culture che faticosamente promuovono la scolarizzazione per i loro membri.
Chi fugge da questi paesi lontani non è il popolo minuto, ma è chi può permettersi di farlo, persone acculturate, che appartengono almeno al gruppo di coloro che possono pagarsi il viaggio al costo di qualche migliaio di euro, cifra altissima se relazionata al reddito medio dei paesi di provenienza.
Io leggevo in tempi non sospetti, quando questi fenomeni migratori non erano ancora iniziati, di come la grande piaga dei paesi terzo, quarto e quinto mondiali è il modo in cui le ricchezze sono distribuite all’interno di questi stessi paesi.
Basta, infatti, ritornare ai tempi recentissimi delle rivoluzioni popolari che stanno interessando i paesi affacciati sul Mediterraneo, per veder come una sparuta classe elitaria e dittatoriale distolga dal bene comune ricchezze immense, quasi inimmaginabili per noi comuni mortali.
Non è la soluzione del problema del singolo “clandestino” che risolve il problema della fuga dai paesi d’origine.
La soluzione è nel costruire una comunità di cittadini in loco in grado di generare una classe politica ed economica che risolva i problemi della collettività.
E’ appena il caso, poi, di riflettere sul fatto che gli scafisti (neologismo per indicare coloro che sono alla guida di barconi della speranza) sono espressione delle mafie locali.
Siamo veramente convinti che la soluzione del problema clandestini sia tutta nell’accoglienza?
Io non lo sono.
Vedo meglio la creazione di scuole, fabbriche, imprese locali, ridistribuzione di beni e di reddito che permettano il miglioramento delle popolazioni, non la fuga che è appunto fuga e niente di più.
Per finire, in un un viaggio di tre anni fa risalivamo la costa pugliese per tornare a casa dopo le vacanze estive.
C’è un punto in cui l’Albania appare vicinissima.
Ci siamo fermati per ammirare il paesaggio.
C’era un’altra auto in sosta, una giovane coppia, due bei giovani, mano nella mano guardavano la terra di fronte e piangevano.
anna
5st.
Ciao Luxia,
credo sia molto difficile toglierci dalla faccia quel velo di paura di cui parli nel tuo racconto. Purtroppo spesso accade che si sia così bombardati dalle notizie negative che riguardano gli “stranieri” o i “clandestini” che non riusciamo ad andare oltre e vedere il lato umano della loro legittima ricerca di miglioramento. Per l’indifferrenza non so ancora come giustificarla ma credo sia una ferita che colora ben più ampi orizzonti. Sarebbe bello trovare il giusto equilibrio tra diritto ad una vita migliore per chi la ricerca e diritto alla sicurezza e serenità per chi si trova ad ospitarli nel proprio territorio. Argomento delicato da commentare. Complimenti!
5s e un saluto.
Greta
Bel racconto, molto vero.
Quanti ne ho conosciuti, quanti?
Tanti, sono persone che pensano di trovare qualcosa qui da noi.
Sono persone che soffrono.
E poi ci sono anche le altre persone che vivono fra loro.
Quelle fanno parte del mio mestiere.
Cara Greta.
Cara Greta…
Le notizie negative di cui parli, provengono forse dal tuo schermo piatto in qualche bel quartiere residenziale?
Dove ci sono le polizie private!?
Dove nessun colore può entrare??
E allora che bello scrivere sul sito Poverini!!
Dovremmo fare questo, fare quello ecc. ecc..
I pigiami profumati la sera, il lato umano bisognerebbe vedere, il lato umano…
Mannaggia, perchè la gente non vede il lato umano….
Penserai tu Greta…
Adesso ti dico dove devi andare a vedere il lato umano.
Nei parchi di qualsiasi città devi andarci di sera e perché no, anche di giorno.
Nelle Case popolari dove ogni sera si spaccia, si beve, ci si picchia e si disfa tutto….
Il lato umano…
Sulle navi che hanno trasportato il lato umano dei profughi, tutte distrutte completamente distrutte.
Nelle persone che ogni sera chiedono interventi alle forze dell’ordine, perché sono esasperate da personaggi che spaccano, si ubriacano, spacciano sotto i condomini, dove il popolo cerca di dormire…
Magari qualche sera andiamo insieme così gli chiedi dov’è il loro lato umano, solo un consiglio.
Mettiti il casco quando chiedi del lato umano..
Sai com’è a certe ore in certi quartieri parlare di lato umano e indifferenza…
sai com’è mica tutti possono Vivere le brutte cose dalla televisione, ad alcuni tocca viverle dal vero.
Vita in diretta cara mia, niente moralismi solo bestemmie e botte…
Mi scuso in anticipo con te Greta se sono stato troppo duro…
Magari turbo le belle nanne, nel pigiama profumato…
Mi scuso anche per quest’ultima frase del folletto…
Lui è irriverente per natura, io no…
Per le Signore “Anna e Sandra”
Il folletto si inchina, i miei “dispetti”….
Un pensierino dedicato al Folletto dispettoso, non a Davide, sempre gentile e affettuoso…
Mi commuove il commento, perchè risento parole che anche io sento spesso: disagi, malattie, sfruttamento, aspetti inumani di vite perdute che giocano carte estreme, sempre in ogni caso e senza possibilità di commento.
Resta grande e profondo lo scoramento di chi vive questi disagi per garantire il sonno tranquillo di altri che neanche immaginano realtà problematiche e inevitabili durezze che proteggono, però, anche chi duro deve farsi.
Una volta c’era il West, ora il Far West è ai giardinetti sottocasa.
Ci vorrà tempo, capacità di accomodamento e prese di posizioni chiare e inequivocabili, senso di sè e autocoscienza.
Solo così le civiltà realizzano l’antico detto: Graecia capta cepit ferum victorem, cioè passano idee, modi di agire e di essere che promuovono la storia dell’uomo.
Il calabraghismo, la testa sotto la sabbia, l’abiura a ciò che si è e l’ignoranza non aiutano nessuno.
Un abbraccio, Davide e grazie per il lavoro che fai con dedizione.
anna
Caro Davide, Tu che vivi “in trincea” vedrai di sicuro le cose da un’altra angolatura e appurerai con mano la bruttezza della Vita. Io penso, come sempre ho detto, che se vivessi in un angolo del Mondo in maniera misera, farei del mio meglio per migliorare la mia persona e la mia famiglia, ma cercherei in tutti i modi di mantenere integra la mia onestà.
Purtroppo il marcio c’è e anche di più, ma questo esiste anche nel vicino di casa o nel medico stimato che abusa in maniera meschina dei suoi pazienti e questa magari, è pure gente che non ha avuto nella propria vita, privazioni economiche.
Come Tu stesso, in altre occasioni, hai ribadito: la Vita è dura, ed una cosa è leggere quello che ci raccontano, vedere la TV, e una cosa è il contatto diretto con queste questioni.
Raccolgo volentieri i dispetti del Folletto come l’educazione e l’opinione di Davide.
Sandra
Ciao a tutti
La storia di come è nato questo racconto è molto semplice: anni fa ho scambiato qualche frase in francese con un ragazzo che voleva vendermi qualcosa e dalla sua sorpresa nel sentire una lingua conosciuta è nato tutto il resto, ma solo nella mia testa perchè in realtà non conosco la vera storia di quella persona. Però mi sono chiesta non se fosse giusto accoglierli nè come. Da ragazza ho vissuto all’estero e vi giuro che non era una bella sensazione vedere in certi negozi o locali la scritta “vietato l’ingresso ai cani e agli italiani” perchè da italiana pagavo le malefatte di altri italiani, per cui spesso mi immedesimo nei diversi meno fortunati. Anche qui la vera riflessione non è se noi siamo più fortunati o meno. Io cerco di andare al di là e mi viene spontaneo pensare cosa sarebbe stato del mondo se noi occidentali colonialisti, fossimo rimasti a casa nostra a vivere con i nostri mezzi, prosperando e accumulando le richezze che ci davano solo i nostri territori. Provate a pensarci, saremmo stati i più fortunati come allo stato attuale delle cose? Non credo! Io mi sento si fortunata ma provo anche vergogna per ciò che hanno fatto i colonialisti o gli schiavisti, perchè questi fenomeni hanno permesso l’arricchimento di una parte del mondo a discapito di un’altra che ora ci tende la mano. Probabilmente saremmo partiti alla conquista delle rispettive storie partendo alla pari. Per cui io non ho dubbi sull’accoglienza umana a queste genti e l’IO del titolo era un immedesimarsi, una sorta di ascolto attivo alle loro storie provando a rivoltarne il punto di vista. Il problema sembra però essere ciò che si può fare adesso e sono convinta che dobbiamo rinunciare anche noi a qualcosa delle nostre comodità e delle nostre ricchezze e dividerle umanamente.
Grazie a Sandra, Anna, Greta e sopratutto a Folletto (Davide sei sempre tu?) perchè penso che anche se non ci conosciamo personalmente ci stiamo in qualche modo aiutando a vicenda a fare chiarezza nei nostri pensieri.
A presto Luxia
A Maria Teresa
la tua osservazione è più che giusta, ma per “restituire uomini” prima bisogna accoglierli e capirli, restituire “cose” come nella riflessione precedente mi sembra un’impresa impossibile. Perchè chi conquista e colonizza prende non solo risorse ma anche opportunità di crescita che non si possono conservare e tirarle fuori al momento opportuno. Purtroppo non funziona così, e noi occidentali saremo sempre in debito. Capito questo si può provare a lavorare insieme per riparare i torti almeno in parte.
Ciao Luxia
Caro Folletto o caro Davide (vedi tu quale preferisci) rispondo alle tue domande semplicemente come Greta sa fare. Sì, ho la fortuna di essere nata bianca in un paese della campagna veneta. Sì, normalmente il mio pigiama profuma di bucato pulito. Sì, ho notato che alcune aziende nei dintorni sono sorvegliate da polizia privata. Come sei perspicace! Le hai indovinate quasi tutte! No, i colori nel mio paese sono presenti ma fortunatamente ben integrati, sono persone come me, hanno figli che frequentano la scuola e lavorano… come me.
Io ho la fortuna di vivere in un angolo di mondo così e conosco quello di cui parli solo tramite i giornali e la radio, visto che non guardo più telegiornali da un po’. Purtroppo il mio commento si è rivelato troppo ingenuo e moralista, ma forse la mia piccola esperienza di vita “dura” non può arrivare a vedere quello che i tuoi occhi vedono giornalmente. Mi è capitato di oltrepassare parchi nei pressi della stazione di notte e anche di giorno e quello che ho visto e ho provato non mi è piaciuto. Accetto la critica severa che mi hai riservato, ne farò tesoro. So che se io, come tanti, dormiamo sonni più o meno tranquilli è anche grazie a te. Un saluto.
Greta
Non voglio più dar libero sfogo al “drago” delle frustazioni.
Lui esce da una grotta buia e fredda, attacca il primo che trova…
Tu eri fuori dalla grotta, avevi buoni pensieri, positivi, energia positiva con le gambe.
Adesso il folletto ha provveduto a chiudere la grotta, pensa ha provocato una frana, l’ingresso della grotta è stato investito da una quantità enorme di detriti.
Il folletta comunica indispettito che qui c’e lui come protagonista solo ed esclusivo.
Il folletto egocentrico com’è non vuole per nessuna ragione passare in secondo piano…
Lui è lui e basta…
Insegnategli voi un po’ di educazione, io ci ho rinunciato da un pezzo.
Voi oltre ad essere intelligenti siete anche educatrici per natura….
Grazie.
Ciao a tutti
Mi dispiace per questo botta e risposta, non era mia intenzione provocarlo ma mi riconferma che comunicare è mooooolto difficile e sopratutto che è così semplice spostare i problemi veri. Non sono un’educatrice e il mio era un tentativo di riflettere su un determinato argomento e mi sarebbe piaciuto avere suggerimenti o idee su come gli altri vedono e affrontano in concreto questo “problema”.
Ciao Luxia
Non so come abbiate vissuto voi la lettura e il commento a questo racconto che per quanto mi riguarda ho ritenuto un bel brano da Caffè letterario… Io penso che la discussione ci sia stata e ci sia e che abbia messo in luce l’esperienza di vita di ognuno di noi.
Al di là dei buoni principi generali di formazione
(religiosi, filosofici, filantropici e politici) e a fianco dell’idea generale di solidarietà in cui siamo più o meno tutti, nella nostra Nazione, educati, la realtà è che, al di là della buona azione che più o meno tutti facciamo e della disponibilità teorica che tutti più o meno abbiamo, ormai c’è un margine molto ridotto di capacità a tollerare devianze e soprusi, da qualunque parte arrivino.
Non mi consola per niente, nè mi limita, rivangare la vecchia storia “che anche gli Italiani sono stati emigranti”, perchè laddove si sono comportati bene hanno potuto salire la scala sociale e dove si sono comportati male sono stati puniti severamente.
Come è giusto.
Quello che mi indigna è il commercio di esseri umani da parte di mafie e il finto buonismo del
“siamo tutti fratelli”, se quest’ultimo concetto manca di reciprocità.
Uno Stato deve avere leggi precise che garantiscono doveri, diritti e sicurezza per i cittadini.
Nell’ordine.
E le persone delegate a farlo devono farlo.
Io sono stanca di sentire parlare di diritti e mai di doveri.
Sono stanca di privilegi, caste e pieghe di società a vario titolo immuni.
Per finire mi indigna il preteso “rispetto” per modi di vivere portati da migranti emarginati nelle loro sociètà d’origine, che vengono da culture differenti, che non hanno tradizioni come le nostre e che continuano usanze tribali da noi superate da secoli o mai avute (= mancato rispetto per la figura femminile così come noi la intendiamo: mutilazioni genitali femminili, veli e controveli che da noi neanche le Suore osservano più alla maniera antica e che richiamano fogge d’abbigliamento medievali, patria potestà con diritto di vita e morte, ignoranza femminile, poligamia).
Le donne “occidentali” e la cultura “occidentale” hanno dovuto percorrere un cammino lentissimo e faticosissimo per arrivare a conquistare idee e libertà che riteniamo ormai scontate, quale, e per niente ultima, l’idea della laicità dello Stato, passata attraverso il bagno di sangue della Rivoluzione Francese e che informa le Costituzioni degli Stati “occidentali”.
Vogliamo ritornare alla lotta per le investiture dell’11° secolo? Al confronto in armi tra potere religioso e potere imperiale, cioè civile?
Per quanto mi riguarda, e la mia fede religiosa qui non c’entra nulla, credo che i Cristiani / “Occidentali” non si rendano conto di quale patrimonio culturale, religioso ed esistenziale posseggano e confondano l’idea che fare del bene significhi retrocedere e subire, condizionati anche e soprattutto da mentori di assai limitato spessore che non hanno ben capito quale sia il loro ruolo nelle comunità a loro affidate.
Quanto allo schiavismo verso le piantagioni americane, sarebbe opportuno rivedere una volta per tutte chi erano gli interlocutori in Africa e perchè.
Per quanto riguarda il colonialismo italiano (o per ogni altro fenomeno storico, perfino per l’Inquisizione) è sempre necessario collocarlo nel momento storico in cui si è sviluppato e, quanto a colonialismo, gli Italiani non sono certo stati l’esempio peggiore.
Nel senso che storicamente ogni errore come ogni bellezza può esserci, ma a posteriori va valutato in relazione al momento in cui si sviluppa.
Spero non non essermi espressa da “educatrice”,
ma rifuggo da visioni che non tengono conto della storicità del vivere quodidiano e delle radici in cui affonda la nostra quotidianità.
Ciao a tutti.
a.