Sotto quel ponte faceva meno freddo. Almeno era quello che pensava Lisa. Passeggiava avanti e indietro, avvolta solo nel grande cardigan che le aveva regalato la sua amica Genny prima di andare via. Le scintille che si alzavano dal piccolo fuoco acceso le ricordavano le lucciole che andava a vedere in giardino quando faceva buio. Sorrise a quel pensiero e si strinse in un abbraccio, accarezzandosi le braccia infreddolite. Era rimasta sola quella sera, come tante altre sere. I clienti preferivano andare dalle ragazze sulla strada, piuttosto che raggiungere il vicolino che portava sotto il ponte. Lisa non se ne curava; meglio, la maggior parte di loro erano solo dei bavosi. Aveva un sacco di idee per quando avrebbe finito di fare quella vita. Avrebbe aperto una scuola di ballo e avrebbe insegnato a tanti ad ascoltare la propria musica. Si, come faceva lei in serate come quella. Sentiva la sua musica scorrerle nelle vene; il vento freddo diventava una morbida carezza, l’odore salmastro del fiume diventava profumo di viole. Cominciava ad ondeggiare, da prima lentamente, poi sempre più velocemente, con le braccia aperte e il viso rivolto verso il cielo, verso Dio. Un’orchestra suonava per lei, le luci illuminavano il suo corpo armonioso e morbido, avvolto in leggeri veli dorati. Le scarpe rosse brillavano ad ogni suo passo mentre le mani sapienti del suo cavaliere la facevano roteare sinuosa ed elegante. Il pubblico applaudiva estasiato al suo inchino finale e chiedeva ancora un bis alla sua grazia. Ancora. Poi le luci si spegnevano, tornava il silenzio, tutti abbandonavano compostamente la sala lasciandola al centro del grande palco sfarzoso. Lisa era ancora avvolta nel suo cardigan, troppo grande per lei. Col sorriso di chi ha vinto di nuovo si incamminava verso casa, mentre una musica lontana le accarezzava i capelli. Ora la sua sedia a dondolo scricchiolava sul porticato in riva al mare; i suoi capelli erano colore della cenere e il suo viso segnato da rughe profonde. L’uomo che le sedeva accanto aveva finito per assomigliarle, dopo tanti anni, dopo aver ballato con lei nei teatri di tutto il mondo. La guardava e la trovava ancora così bella, così dolce, con quel grande vecchio cardigan addosso e il suo paio di scarpette rosse.
Scritto bene e scorrevole. Lascia l’amaro in bocca per la tipolagia del racconto: il sogno di una ragazza meno fortunata di altre. Ciao Mary.
Sandra