Mi sveglio e non riconosco la camera, poi mi ricordo: a sessant’anni sono finita qui, tra i vecchi; la mia compagna di stanza russa forte: mi sarò svegliata per questo.
Piango! Non ho mai pianto, dai quattordici anni in poi: la vita mi è sembrata bella, con mio marito, i tre figli e un intero paese da osservare. Ho conosciuto bene la vita, quella reale, attraverso le vicende dei miei compaesani: altro che telenovele!
Essere finita qui mi brucia, di rabbia, vergogna, disperazione: mi ci ha portato la mia figlia maggiore, che lavora a Milano. L’ho supplicata di accogliermi a casa sua, ma non ha voluto. Avrà un uomo, che non mi vuole tra i piedi, oppure non mi ha ancora perdonata? Io l’avevo fatto per il suo bene…
Eravamo una famiglia felice, poi… le disgrazie: mio marito cadde dal ponteggio, mia figlia Sara divorziò, mio figlio finì dentro, mia figlia minore si separò e ottenne l’annullamento.
Io continuai a trastullarmi con le vicende altrui.
Stamani all’alba capisco che anche gli altri potevano spettegolare sulle mie disgrazie; e adesso… adesso mi staranno sparlando perché mia figlia mi ha portata qui, a sessant’anni. Mi sembra di udirle, le comari: – Lo sai, lo sai?
– – –
Donna Vita avrebbe potuto fare la giornalista, se avesse avuto una cultura e un titolo di studio: ne aveva tutta la vocazione, la stoffa e l’indole.
Era sempre alla ricerca di pettegolezzi, nel suo paesino sul mare di appena diecimila anime; ma, stando alle sue maldicenze, quelle anime andavano tutte all’inferno.
Sempre più sfaccendata, man mano che i suoi tre figli crescevano, e specialmente dopo la precoce morte del marito, trascorreva la maggior parte del tempo affacciata alla porta-finestra di casa sua o nelle immediate vicinanze, in attesa che passasse qualche conoscente cui fare l’ultima confidenza:
– Lo sai, lo sai…?
Come raccoglieva le notizie?
Semplice: per una che ne dava, arricchita, addobbata e verosimile, pretendeva almeno un paio di suggerimenti, li estorceva quasi, poi li elaborava e li riciclava:
– Lo sai, lo sai? Tizio e Caia, dopo cinque anni di convivenza, si sono sposati. Ma hanno già due figli! Non capisco come Monsignore ha potuto perdonarli! Il carcere ci vorrebbe, per due che danno questo scandalo, che rovinano i giovani col loro mal esempio… Comunque, diciamo che alla fine si sono messi in grazia di Dio. Certo che lei si è dimostrata davvero una poco di buono… I soldi? Quando non si hanno soldi, non ci si sposa, casomai si fa la zitata all’antica, uno qua, l’altra là, a tre metri di distanza, finché non ci sono i soldi… No che facevano l’amore sotto le stelle… E dove, se no? Non avevano certo un’alcova a disposizione! In macchina? Sempre sotto le stelle è. Ah, se risuscitassero i morti, morirebbero di nuovo per lo spavento!
Poi si faceva il segno della croce e fingeva di ritirarsi. Mezzo minuto dopo, di nuovo alla finestra.
E così a parlar sempre di scandali, di botte, di fame, di corna, sempre a stupirsi, spalancando i suoi occhi sottili e allungando il viso e stringendo la bocca, e poi scuotendo la testa e riprendendo a respirare affannata dopo l’apnea della paura e dello scandalo.
Il sabato mattina al mercatino settimanale, a far finta di comprare, per osservare gli altri. Poi a casa… Vecchia Romagna etichetta nera, direte.
No. A casa si preparava e poi, alla prima comare che passava:
– Lo sai, lo sai chi c’era stamattina al mercatino? La tizia, quella sempre profumata, con gli occhiali scuri, bionda ossigenata, che cammina col naso all’insù… quella. Si è comprata un vestito, sì, proprio al mercatino. Magari lo metterà al matrimonio della nipote… Certo che si sposano, dopo quattro anni! Voglio proprio vedere se ha la faccia tosta di mettersi l’abito bianco… Sgualdrina! Chi? Tutt’e due, zia e nipote. Il sangue è sangue e non brodo di ceci! Tale zia, tale nipote! Eh, io le so certe cose…
Chiaramente, donna Vita non voleva viceversa essere criticata, così, quando la figlia maggiore ebbe una proposta di matrimonio allettante dal punto di vista economico, la convinse, quasi la costrinse ad accettare. C’era in verità una differenza d’età che sfiorava gli undici anni, ma lei minimizzava:
– E allora? L’uomo ventotto, la donna diciotto… Avete visto che macchina ha mio genero? Da quando l’ho provata, come passeggera, si capisce, ho deciso che non salirò più su macchine piccole o vecchie. E mia figlia farà un matrimonio che si ricorderà per cent’anni! Anzi, sai che ti dico, a mio figlio regalerò una macchina uguale, appena si prende il diploma.
Non aveva pietà nemmeno per i fatti più gravi: un giorno una comare dell’altra strada gli chiese se la Tizia era di nuovo in Costa Azzurra dai parenti.
– Sì, in costa azzurra ogni tre mesi, dai parenti… Quella va a Lione, perché ha un male: non lo vedi che porta sempre il fazzoletto intorno alla testa, anche d’estate? Sta perdendo i capelli. Poverina? Ma lo sai che porcherie mangiano a casa, cose marce comprate al mercatino, sottomarche prese al discount? Non ha soldi? Perché non mangia meno, che sembra una rana? Cortisoni? Allora è come dico io…
La figlia minore sposò uno della città e donna Vita se ne vantava: “mio genero il professore”, “quel signore di città”… Io lì, devo andare a stare, andarmene da questo paesuzzo!
Quando c’era un morto ammazzato, diceva:
– Chissà che cosa aveva fatto… Non m’era mai piaciuto. Molestava le donne, anche… O aveva rubato. Ma vedremo, sentiremo: appena so qualcosa di sicuro, te la dico.
Poi accadde che sua figlia Sara si separò, in gran segreto, aiutata dal fatto che viveva in città, e alla fine divorziò, e allora si seppe. Come mai quel fallimento?
– Lui non poteva avere figli… E poi, la trascurava. E aveva il vizio del gioco. Mia figlia ha fatto bene, e ci ha guadagnato: proprietà, soldi…. Ora troverà uno meglio. – diceva donna Vita.
Il figlio maschio rubacchiava, per arrotondare la paghetta della mamma. Poi fece una rapina, e sparò: trent’anni. Ma donna Vita:
– L’avvocato ha fatto appello, perché hanno sbagliato: tra pochi mesi uscirà e gli ho già trovato il posto di lavoro, in ufficio.
La figlia minore si separò e chiese l’annullamento. Alle domande dei vicini donna Vita rispondeva:
– Cose che succedono: lui non poteva e non hanno consumato; ma mia figlia ancora vergine è: troverà uno meglio, perché vero bella è.
E di più s’incaponiva a spettegolare sugli altri:
– Quello è cretino: la macchina nuova, difettata gliel’hanno data. Quella? Non è a posto, di testa. Quel picciotto? Minorato è: non vedi come zoppica? I miei vicini di qua sotto? Sono andati a Trento? Qua non potevano mangiare! Mi devono ancora restituire un sacco di soldi!
E via dicendo.
Quando la figlia maggiore andò in Lombardia, sembrò dimenticarsi della madre; e questa capiva che Sara le portava rancore per averla convinta a sposare quel riccone senza qualità.
Il figlio maschio in appello ebbe venticinque anni e persino l’avvocato gli disse di rassegnarsi. Marianna, la minore, non si risposò più, diversamente dal marito annullato.
La gente cominciava a mormorare:
– Lo sai? Lo sai? Il marito di Marianna, quello dell’annullamento, si è sposato di nuovo e la moglie aspetta.
– E allora, com’era il fatto? Era lei frigida?
– Boh! Dicono che gira tutto il mondo con una vecchia amica…
– Dio, Dio!
A donna Vita, che si rodeva terribilmente, venne la gastrite, ma era una gran golosa e non seguì alcuna dieta, anzi mangiava di più per consolarsi, per gratificarsi alla faccia degli altri. E buttava via le medicine, dicendo che erano veleno. Alla fine si prese l’ulcera.
Sara scendeva e saliva da Milano. Poi un giorno si stufò, per i sessant’anni della madre le fece una gran festa e… quattro giorni dopo la portò all’ospizio.
– – –
Adesso è sera tardi. Guardo il lume a gas che mi son fatta portare da mia figlia. Poi guardo la boccetta che ho rubato in infermeria: ci sono trenta compresse. Dose normale, tre al giorno.
La vecchia qui accanto dorme profondamente. Accendo il lume, alzo la fiamma al massimo, poi soffio per spegnerla. Non ci riesco e abbasso la fiamma…
Mi sembra di sentire tutto il paese che mormora “Lo sai, lo sai?” parlando di me e dei miei sfortunati figli: quanto li ho amati!
Metto l’acqua nel bicchiere e ingoio tutto il contenuto del flacone, ma temo che siano pillole troppo blande. Dopo dieci minuti alzo la fiamma del lume, poi la spengo con l’acqua. Poco dopo l’odore del gas mi arriva, lo sento benissimo, sembra quasi profumato. E la sonnolenza mi prende.
Sparleranno per un po’, poi piano piano si calmeranno e scorderanno i miei figli e col tempo anche me.
Mi scende un sonno pesante, ma prima di cedere bisbiglio:
“Signore, se puoi, perdonami…”
F i n e
Beh…, è un racconto che recita una realtà del passato per quanto concerne: lo sai, lo sai?
Oggi, quelle tematiche non fanno, per fortuna, un baffo a nessuno. Per quanto concerne la “mamma sessantenne” all’ospizio, devo dire, che in genere a quell’età, una persona è ancora autonoma, e se non lo fosse, potrebbe avere altre alternative più “moderne”.
Aggiungo che dovremmo, nel nostro leggero passaggio di vita, avere più rispetto per gli altri e per noi.
5st.
Sandra
Bellissimo racconto con tutto il clima della storia di provincia e della caratterizzazione della protagonista.
Si legge d’un fiato.
5 stelle.
Ciao
anna
Bellissimo così come scritto, ricorda gli scenari del sud dove ho vissuto io da bambina e adolescente, sembra un quadro dipinto con maestria, l’unica cosa che lascia l’amaro in bocca è la fine tragica della protagonista che sa da un lato può essere comprensibile dall’altro sembra avallare e legittimare una scelta tanto drastica. Comunque molto ma molto bello, complimenti e 5 stelle, bravo.
Bello scritto grazie….
La prima parte del racconto è molto interessante, al centro molto divertente ma poi, alla fine, che triste. Una mamma di 60enne è possibile che deva finire nell’ospizio?
Mi è piaciuto molto, non riuscivo a smettere di leggere… Sei riuscita a scatenare pena e arrabbiatura per quella donna, compassione e rimprovero per la figlia. Argomento che tocca tutta l’Italia… Mi viene in mente un vecchio detto… Una madre cresce 10 figli, 10 figli non riescono ad accudire una madre…
Brava complimenti bel racconto.