Diceva: “il treno giusto passa una volta sola”… aveva osservato troppe volte persone pentite per aver preso quello per la destinazione sbagliata e rimanere incastrati fino al capolinea, alcuni altri scendere in tempo per prenderne un altro per una destinazione se non perfetta migliore… ma pochi prendere quello giusto… pochi arrivare dove volevano. Non poteva opporsi alle loro scelte poteva solo riferire orari e partenze… la scelta stava a loro.
Era una delle voci più brillanti all’epoca, tutti l’ascoltavano con attenzione, era la più attesa nel suo ambiente, la più squillante… annunciava agli ospiti direzioni e destini, si spandeva tra le sue grosse pareti e i binari ferrosi scaldati dal sole.
Il suono delle sue parole si fa malinconico ricordando il rumore di scomode calzature, calze raggrumate alla caviglia, labbra rosse, unghie curate e laccate, gonne al ginocchio, panciotti e papillon sotto baffi ben curati, perle che scintillavano nel tepore di una giornata primaverile nell’attesa di essere ammirate e tolte in una camera d’albergo, blandamente appoggiate sopra ad un comodino, essere riappese al collo dopo un’ora di calde effusioni rubate al tempo, nascoste al mondo dietro a foulard e occhiali da sole.
Nell’ombra delle sue quattro mura si faceva discreta osservatrice di vecchi segreti, conversazioni di amanti che giuravano di aspettarsi, attese d’amore, di gioia, di trepidazione, litigi furibondi di uomini ubriachi che nessuno si ricorderà più… Radiose accoglienze per un parente, un amico o un soldato tornato da lontano, scanditi dal ticchettio di un orologio assieme ad incontri, pensieri disordinati e confusi che s’incrociavano, si seguivano, si dividevano frettolosamente tra lo stridore e lo sferragliare dei treni, sguardi che si incontravano per sfociare in un unico destino, operai diretti al posto di lavoro con le tute consunte di fatica, mani che si sfioravano creando vistosi rossori sui visi, sorrisi compiaciuti da nascondere per imbarazzo, lacrime e fazzoletti sventolati dai finestrini.
La sua Voce arrochita e stanca, rimpiange il vellutato timbro di allora, giacente tra la solitudine e un forte senso d’abbandono volge un ultimo sguardo al suo fatiscente edificio diventato riparo solo per qualche vecchio barbone dormiente tra gli affaticati e immobili binari.
Un ultimo sguardo poco prima di chiudere il sipario su un meraviglioso spettacolo dorato che lei chiamava vita.
Pezzo affascinante, nostalgico, memore di tempi gloriosi e vita vissuta.
Brava.
5st ciao
Greta
Che bel pezzo da leggere tutto d’un fiato..
Grazie..
Ciao Greta! Grazie mille per le tue parole! Questo pezzo mi è venuto in mente guardando una piccolissima e vecchia stazione che mi sembrava un pò una vecchia signora abbandonata! 🙂
Ciao Folletto! Grazie mille, sono molto lusingata!
Passeò presto a leggere le vostre opere che saranno splendide e piene di bei commenti!
A presto… Silvia