Salivo a fatica un sentiero,
raccogliendo pezzi di sole
sparsi tra gli arbusti
in un pendio scosceso.
Si fermò sulla strada secca
una bestia dal passo stanco
e tra le sue nubi bianche
una grigia corna sulla testa.
Fece segno di salire ancora,
laddove avrei visto aprirsi
il cielo, ai piedi di un monte,
nel tramonto e nell’aurora.
Così arrivai, in cima al pendio,
sopra terra rossa bagnata dal sole,
calda, come i tetti bassi e rubini
come se avesse piovuto d’amore.
Come se avesse piovuto di foglie
giù per i monti, le rocce distese,
ma non sul mare là in fondo..
blu cobalto di perle turchese.
Due viuzze insieme tra vecchi tetti
avrebbero portato nel luogo più triste
e solitario dove riposa il cuore di chi,
in quella terra eretta nel cielo, è nato.
Ma io restai lì, a far brillare il mare
negli occhi, ad ogni batter di ciglia,
ad ogni respiro di brezza, così dolce
e commossa nella tua carezza,
Nel tuo amar che mai finisce,
rivivo il tuo ricordo,
ascolto la tua voce, Lubenice.